Education at a Glance: perché in Italia non conviene fare listituto tecnico

di Gianna Fregonara e Orsola Riva

Solo la met termina il percorso in tempo, lo stipendio aumenta soltanto del 4 per cento rispetto ai non diplomati. Valditara: Italia spaccata in due. Porter a Caivano venti nuovi docenti

Da anni le piccole e medie imprese lamentano la mancanza di periti industriali ma anche di artigiani e operatori agricoli tagliati su misura del mercato del lavoro. La concorrenza dei licei – che da quasi quindici anni esistono anche nella versione con informatica o economia al posto del latino – sempre pi forte: ormai vengono scelti da quasi sei studenti su dieci. E’ cos che il rilancio degli istituti tecnici e professionali – un tempo autentico vivaio per talenti del made in Italy – diventata una battaglia anche culturale del governo. Eppure basta uscire dai confini nazionali e confrontarsi con gli altri Paesi per ottenere una lettura quasi rovesciata di questi dati. L’Italia continua ad avere molti pi iscritti ai percorsi tecnici e professionali degli altri Paesi: il 40 per cento dei 15-19enni contro una media Ocse del 23 per cento. A dirlo l’ultima edizione del rapporto annuale dell’Ocse sui sistemi educativi di XX Paesi intitolato Education at a Glance 2023, presentato il 12 settembre al ministero dell’Istruzione e del Merito. L’Italia – ha detto il ministro Giuseppe Valditara commentando i dati sulla dispersione scolastica nel nostro Paese che quasi doppia rispetto alla media Ocse – rimane spaccata in due. Un fatto, questo, moralmente inaccettabile, tanto che abbiamo varato Agenda Sud che coinvolge 2 mila scuole in particolare primarie, con una sperimentazione su 10 punti. Il ministro ha anche annunciato che il 18 ottobre sar a Caivano ad annunciare la presenza di una ventina di nuovi docenti insieme ad altre iniziative.

Il tasso di successo negli studi

Analizzando il percorso tecnico e professionale pi nel dettaglio si scoprono alcuni dati allarmanti. Intanto quelli che arrivano alla Maturit senza intoppi (cio senza aver collezionato neanche una bocciatura) sono poco pi della met: 55 per cento contro il 79 per cento dei liceali . Se si considerano anche quelli che ci arrivano con uno o due anni di ritardo, in tutto riescono a tagliare il traguardo il 70 per cento dei ragazzi che scelgono questo tipo di scuole contro il 90 per cento dei liceali. Gli altri mollano prima, mentre ormai- osservano gli esperti dell’Ocse nella nota dedicata al nostro Paese – un diploma di scuola superiore il livello minimo di istruzione richiesto per partecipare con successo al mercato del lavoro. Peccato che in Italia la percentuale di giovani (under 35) senza un pezzo di carta in tasca sia quasi doppia che negli altri Paesi: 22 per cento contro il 14 per cento della media Ocse. E che i laureati siano poco pi della met che negli altri Paesi (il 14 per cento degli under 65 contro il 22 per cento della media Ocse).

Sbocchi lavorativi: luci (poche) e tante ombre

Non solo si perdono pi facilmente per strada, ma rispetto ai loro colleghi di altre nazionalit fanno anche molta pi fatica a trovare un impiego dopo gli studi. La percentuale di diplomati tecnici che lavora entro due anni dalla maturit la pi bassa dell’intero gruppo di Paesi dell’Ocse: 55 per cento. E quel che peggio ancora alla soglia dei trent’anni pi di uno su quattro non fa nulla: sono i cosiddetti Neet, i giovani che non lavorano e non studiano che in Italia raggiungono quota 26,2 per cento contro una media Ocse del 17,1 per cento. Anche chi lavora, tra i giovani della fascia di et tra i 25 e i 34 anni, guadagna soltanto il 4 per cento in pi di chi non ha il diploma: meno che in qualunque altro Paese al mondo. Va meglio ai liceali che pure hanno scelto un percorso di studi pensato non per andare a lavorare ma per fare l’universit: il vantaggio relativo rispetto a chi non ha il diploma doppio: 8 per cento. Le cose migliorano sensibilmente per chi nel mondo del lavoro da pi tempo, visto che i 45-54enni con un diploma tecnico in tasca hanno uno stipendio che quasi una volta e mezza quello dei non diplomati, mentre in media negli altri Paesi Ocse la differenza del 23 per cento.

Il costo dell’educazione

Tra gli altri dati di sintesi di questa edizione incentrata sulla formazione tecnico-professionale si conferma il generale e cronico sottofinanziamento dell’istruzione in Italia: spendiamo per tutto il comparto il 4,2 per cento del Pil contro il 5,1 della media Ocse. L’unico tratto di scuola in linea con gli altri Paesi sono le elementari dove c’ il tempo pieno; alle medie e alle superiori (dove ormai siamo rimasti quasi gli unici a concentrare le lezioni solo al mattino) spendiamo un quarto in meno di francesi e tedeschi. E all’universit va pure peggio. A tenere bassa la spesa per l’istruzione sono gli stipendi degli insegnanti, che guadagnano sensibilmente di meno dei loro colleghi di altri Paesi: circa 44 mila dollari (pari a 32.000 euro) all’anno per un docente delle superiori con un’anzianit di 15 anni contro una media Ocse di 53 mila dollari. Quel che peggio che un laureato che sceglie di andare a insegnare guadagna in media il 30 per cento in meno di chi sceglie un’altra professione. Senza la leva economica – osservano gli esperti Ocse – c’ poco da sorprendersi della fuga di docenti dalla scuola alla quale stiamo assistendo ormai da anni.

12 settembre 2023 (modifica il 12 settembre 2023 | 11:51)

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, L’articolo originale è stato pubblicato da, https://www.corriere.it/scuola/rientro-a-scuola/notizie/education-at-glance-2023-perche-italia-non-conviene-fare-l-istituto-tecnico-540499a4-50b0-11ee-a355-a30027630bcd.shtml, , https://rss.app/feeds/0kOk1fn8PPcBHYnU.xml, Gianna Fregonara e Orsola Riva,

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