Elena Santarelli e la malattia del figlio Giacomo: Il tumore potrebbe tornare, lui sa tutto

di Vera Martinella

La showgirl ha deciso di sostenere Fondazione Veronesi: La ricerca speranza per chi malato e chi lo sar. Grazie a mio marito e al sostegno psicologico ne siamo usciti. Giacomo, che ora ha 13 anni, sa la verit

In occasione della Giornata mondiale sul cancro infantile, che si celebra in tutto il mondo il 15 febbraio di ogni anno, Elena Santarelli torna a parlare della malattia di suo figlio Giacomo, al quale all’et di 8 anni (nel 2017) stato diagnosticato un tumore cerebrale. E lo fa non solo come mamma che ha vissuto una delle esperienze pi difficili da immaginare, ma anche in virt del nuovo ruolo che ha assunto da poco come ambasciatrice della Fondazione Umberto Veronesi, da anni impegnata con il progetto Gold for kids a sostenere concretamente la ricerca in oncologia pediatrica partendo da quel bisogno ancora insoddisfatto di fornire una cura su misura di bambini e adolescenti.

Partiamo da qui allora. Perch hai deciso di sostenere Fondazione Veronesi?
Perch rappresenta l’eccellenza della ricerca scientifica in Italia e ha massima credibilit. Promuove la scienza, sostiene il lavoro dei migliori ricercatori e questo significa offrire speranza a chi gi malato e a chi lo sar. Se posso, con la mia esperienza, contribuire a promuovere le loro attivit, a sensibilizzare le persone a donare quello che possono, tanto o poco che sia, lo faccio volentieri. In particolare a favore della ricerca sui tumori infantili: c’ ancora tanto da fare per dare pi possibilit di guarire a bimbi e adolescenti che si ammalano di cancro. Sono ancora pochi i farmaci studiati e testati per curare i bimbi e ragazzi, e ancor meno quelli per le recidive.

Ogni anno nel mondo oltre 250mila bambini e adolescenti ricevono una diagnosi di cancro: sono circa 60 i sottotipi diversi di tumori che colpiscono i pi giovani. In Italia si registrano pi o meno 1.400 diagnosi annue nella fascia di et 0-14 anni e 800 in quella adolescenziale, tra i 15 e i 19 anni. Le neoplasie infantili pi frequenti sono leucemie (37,6% dei casi), tumori cerebrali (15,1%), linfomi (13,4%), neuroblastomi (8,9%), sarcomi dei tessuti molli (6,2%), nefroblastomi e tumori ossei (4,8%). La ricerca ha fatto passi da gigante nella cura di queste patologie e oggi in pi del 70% dei casi, ma per alcune forme di leucemia si supera il 90%, la malattia viene sconfitta — ricorda Paolo Veronesi, presidente di Fondazione —. Eppure, nonostante il progresso, ci siamo accorti che i bambini e in particolare gli adolescenti non sempre ricevono cure adeguate alla loro et.

Per questo nato, nel 2014, il progetto Gold for kids con diversi obiettivi, tra i quali finanziare la ricerca scientifica nel campo dell’oncologia pediatrica; coprire i costi di gestione e avviamento dei protocolli di cura per i tumori infantili, che forniscono le linee guida operative per prendere in carico e curare ciascun paziente, secondo gli standard pi elevati e innovativi, garantendo cos le migliori possibilit di guarigione (i protocolli da aprire vengono individuati dall’Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica); portare avanti la campagna di prevenzione #fattivedere, rivolta agli studenti delle scuole superiori, per sensibilizzarli alla prevenzione. Quest’anno, in particolare, Fondazione Veronesi si impegnata su un altro fronte per sostenere una sperimentazione che fa capo all’ospedale pediatrico Bambino Ges di Roma (la piattaforma di ricerca PALM), che mira mettere a punto una nuova cura per i bambini con una leucemia mieloide acuta che resiste alle terapie standard, che hanno una ricaduta e per i quali, a oggi, mancano soluzioni efficaci. Da luned 13 a domenica 19 febbraio possibile sostenere Fondazione Umberto Veronesi per finanziare PALM con un sms da telefono cellulare o una chiamata da rete fissa al 45598.

Elena, cosa ricordi dei giorni in cui tu e tuo marito, l’ex calciatore Bernardo Corradi, avete scoperto la malattia di vostro figlio?
Praticamente tutto, un passaggio indelebile. Nella nostra famiglia e nella mia vita c’ un prima e un dopo il 30 novembre 2017, la data in cui abbiamo ricevuto la diagnosi di tumore cerebrale di nostro figlio, che allora aveva 8 anni, mentre Greta, sua sorella, era nata da meno di un anno. Giacomo era un bambino come gli altri, sano e sereno, a un certo punto ha iniziato a soffrire di forti mal di testa e vomito a getto, entrambi frequenti. Sentivo che c’era qualcosa che non andava, ma non capivo cosa.

Che cosa avete fatto allora?
Arrivare alla diagnosi la prima difficolt. Tutti i genitori cercano di non essere troppo apprensivi, io non mi sono mai preoccupata molto per piccoli traumi tipici dei bambini, per la febbre alta o minimi sintomi. Bisogna essere cauti, senza allarmarsi troppo, ma non bisogna perdere tempo.

Lo dicono anche i medici: meglio non trascurare i sintomi che perdurano e parlare con un pediatra che pu prescrivere eventuali accertamenti. Che successo quando siete arrivati alla diagnosi?
La diagnosi ti paralizza, inevitabile. sempre uno shock. Qualsiasi mamma si spaventa anche solo all’idea di dover far operare il figlio di appendicite. Cosa pu essere sentire la parola cancro? Terrore, ansia e pure rabbia. Sono reazioni inevitabili, ci passiamo tutti, che vanno per smaltite. E l’aiuto psicologico pu aiutare tanto. A noi servito moltissimo: hai bisogno di un sostegno che ti guidi ad attraversare quella fase della vita in cui sprofondi tuo malgrado e a trovare un nuovo modo per tornare a una vita “normale”, che porta serenit in tutta la famiglia anche mentre si attraversa la tempesta.

La normalit una meta da raggiungere per tanti malati di cancro, adulti e bambini, e per i loro familiari. Un traguardo importantissimo che i sani faticano a comprendere…
Il bambino deve poter vivere il pi normalmente possibile, fondamentale. Deve sopportare dolore, terapie, solitudine. una valanga di sofferenza, sommata alla paura, per lui, per i genitori, per i fratelli. Ogni volta che possibile fare qualcosa di “normale” ossigeno, vita, una dose di energia per poi riprendere cure, controlli, esami, ospedale. Che sia una merenda al bar, una gita fuori porta, un pomeriggio a far qualcosa che gli piace. Va bene tutto. E lo stesso vale per i genitori. Chi critica una madre o un padre perch si sono presi qualche ora di “svago” o relax (che poi la testa non la stacchi mai…) non ha neppure idea di quel che dice. Servono i momenti felici mentre attraversi l’inferno.

Ogni famiglia e ogni bambino malato una storia a s. Voi come siete sopravvissuti, anche come coppia?
Con l’aiuto della nostra psicologa abbiamo imparato a gestire l’ansia, a vivere giorno per giorno, altrimenti diventi matto. Io l’ho chiesto solo alla fine dell’iter di cure, sbagliando: credevo di poter reggere tutto, invece alla fine sono crollata. Tuo figlio ha un tumore. Vivr? Morir? Nessuno pu risponderti, le percentuali non possono essere la risposta: ogni caso a s. E vivi cos per anni, in compagnia della paura: l’intervento chirurgico, chemioterapia, radioterapia. Noi abbiamo fatto tutto, un percorso lungo. C’ una lotta quotidiana contro l’incertezza. A volte i bimbi stanno bene, o sembra, e poi peggiorano all’improvviso. Anche quando va bene, come nel caso di Giacomo, parte poi il periodo dei controlli. Prima di poter usare la parola “guarito” servono anni. Ci ha salvato il pensiero di portare avanti la famiglia in un nuovo capitolo della nostra storia. Indesiderato, ma da scrivere, un giorno dopo l’altro, senza pensare troppo al futuro che se no impazzisci.  

Dopo un anno e mezzo di terapie, a maggio 2019 avete raggiunto un grande traguardo: la fine delle terapie. iniziato un nuovo capitolo, migliore?
Decisamente s. Quando inizia il follow up un bel pezzo di strada fatta, i controlli pian piano vengono diluiti, pi il tempo passa e pi respiri. Anche se io, dopo tutta la tensione, sono crollata poi nel follow up. Ma ho, abbiamo, avute tante fortune. Intanto quella di non avere problemi economici, che una cosa non da poco. L’ospedale ti insegna tantissimo, abbiamo conosciuto e vissuto mesi accanto a mamme (a volte sole) e pap che al carico dei nostri stessi dolore e paura aggiungevano pure le difficolt economiche, il peso di viaggi e spostamenti tortuosi, tutti i problemi quotidiani del lavoro e di una casa da mandare avanti… Mia madre si trasferita a casa ad aiutarci, altro grande sostegno. E poi credo ritengo fosse una fortuna l’et di Giacomo: a 8 anni pi facile gestire un bimbo malato, ha meno “richieste” e bisogni rispetto al 13enne che oggi, riesci anche a dargli spiegazioni meno complesse. Altro vantaggio l’et di Greta, che aveva solo un anno, stato pi semplice perch non si accorgeva di nulla.

A che punto siete oggi? Come vivete?
Bene, a rischio di sembrare “banale” o di venire attaccata, lo dir: dopo il tumore tutto un po’ pi bello. Sia chiaro, nessuno se lo augura e ne avremmo fatto a meno, ma visto che ci capitato… abbiamo redistribuito le priorit, compreso quali sono i problemi veri. Per il resto ce la si prende meno. Godi pi a pieno il tempo. Ma viviamo con tanta serenit, Bernardo in questo bravissimo, pi pratico, mi dice: “Anche attraversando la strada pu succedere un dramma, se entri nel tunnel dell’ansia non vivi pi. Oggi siamo qua, viviamo e cerchiamo di farlo bene”.

Siete tornati alla normalit?
S, il pi possibile. Siamo felici. Poi se mi chiedi se vado a letto la sera come prima del 30 novembre 2017 ti rispondo di no. Ho un grosso pensiero in pi a quelli di tante altre mamme alle prese con figli 13enni e non sono pi la stessa Elena. La vigilia di Natale o il 31 dicembre sera, festeggio, ma penso anche a chi in reparto di oncologia con il suo bambino. Ma abbiamo avuto un grande insegnamento e, tra le varie lezioni, c’ pure quella di essere grati e godere a pieno ogni giorno.

E Giacomo come vive? Cosa sa?
La verit. Credo sia molto importante che sappia esattamente come stanno le cose. Con i giusti modi gli abbiamo spiegato tutto: sa che cosa ha avuto e sa anche che il tumore pu tornare, per questo facciamo i controlli. A volte capita. Anche in questo caso l’aiuto della psicologa stato prezioso, ci ha guidato in un “porto sicuro”. un ragazzino felice, sereno, non arrabbiato con la vita. un simpaticone, ha la battuta facile. Gli insegniamo a pensare con una testa vincente, senza ansie n autocommiserazioni: ha avuto un incidente di percorso bello tosto, lo abbiamo superato e andiamo avanti.

14 febbraio 2023 (modifica il 16 febbraio 2023 | 00:37)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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