Elezioni il 25 settembre, la corsa al voto è già partita. Ed è subito scontro

di Virginia Piccolillo

Meloni avverte Berlusconi: le regole sulla leadership non in discussione. Conte: Pd arrogante. Guerini: chi ha fatto cadere Draghi non è un alleato

Solo 64 giorni al voto e la tensione è già alta.
Ai blocchi di partenza di una campagna elettorale «fast», alla quale partecipano anche ministri in carica, Silvio Berlusconi brucia tutti in velocità. Ribadisce che la colpa della caduta del governo è di un Draghi «stanco». Promette pensioni da mille euro, un milione di alberi. Lascia filtrare l’intenzione di candidarsi al Senato, forse sperando nella presidenza. E incontra, sempre a Villa Grande, Giorgia Meloni alla quale i sondaggi assegnano un peso da candidato premier. Ruolo che tra gli alleati è però ancora in discussione.

«Lo sceglieranno gli italiani, chi avrà anche un voto in più deciderà il nome del premier», dichiara Matteo Salvini che ieri ha riunito i governatori leghisti e rispolverato la parola d’ordine padana: più autonomia. «Prima pensiamo a vincere e poi al premier», glissa Antonio Tajani, dall’interno di una Forza Italia in fibrillazione per gli addii di fedelissimi (inclusi i ministri Gelmini, Carfagna e Brunetta); Marta Fascina, posta su Instagram una storia, «Roma non premia i traditori». Gelmini rivendica di aver lasciato Fi perché aveva tolto il sostegno «di facciata a Draghi».

Il centrosinistra cerca coesione. Il leader Pd, Enrico Letta, martedì riunirà la direzione. Intanto twitta una foto di Draghi e una scritta: «L’Italia è stata tradita. Il Pd la difende. E tu?». E il ministro della Difesa dem Guerini attacca: «Chi è stato protagonista della caduta del governo Draghi non può essere un interlocutore del Pd. Ci sono protagonisti di queste scelte che hanno nomi e cognomi precisi». Il primo è Giuseppe Conte che con l’M5S ha innescato la caduta. Ma in Sicilia Pd e M5S sono ancora apparentati nella corsa per il nuovo governatore. E oggi sono attese le primarie comuni. Conte mette in guardia: «La macchina è partita e il Movimento vi prenderà parte. Ma leggo dichiarazioni arroganti da parte del Pd. Non accettiamo la politica dei due forni. Quel che vale a Roma vale a Palermo». «Ma quello non è più il M5S: è il partito di Conte che si è isolato, ha distrutto il governo e ha messo in difficoltà il Paese perché i consensi diminuivano», accusa Luigi Di Maio, ministro degli Esteri ex M5S, ora leader di Insieme per il futuro.

Il difficile Sudoku delle alleanze a sinistra prosegue con chi, come il ministro Speranza (Articolo 1) ammette che il M5S abbia «commesso un errore grave in Senato» ma non vuole chiudere perché, dice, «l’avversario resta la destra». Con Matteo Renzi (Iv) che lancia «il polo del buonsenso» contro i populisti che hanno «mandato a casa Draghi». E con Carlo Calenda (Azione): «Non entriamo in cartelli elettorali che vanno dall’estrema sinistra a Di Maio». Ma il tempo stringe. Le liste vanno presentate entro fine agosto: troppo per raccogliere le firme di nuove formazioni, protesta Riccardo Magi di +Europa. A sferzare le forze politiche ci prova il capo dei vescovi italiani Matteo Zuppi: «È l’ora dei doveri e delle responsabilità», rimarca. Ringraziando il presidente Draghi, per aver tentato di «comporre visioni discordanti in un unico interesse», «in questo momento così decisivo e pieno di rischi per l’Italia e l’Europa», il presidente della Cei invita a mettere da parte gli interessi personali per «affrancare la politica da tatticismi ormai, peraltro, incomprensibili e rischiosi per tutti» e garantire risposte «serie e non ideologiche» alla sofferenza delle persone.

22 luglio 2022 (modifica il 22 luglio 2022 | 23:10)

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, 2022-07-22 21:24:00, Meloni avverte Berlusconi: le regole sulla leadership non in discussione. Conte: Pd arrogante. Guerini: chi ha fatto cadere Draghi non è un alleato, Virginia Piccolillo

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