Elezioni, ora la scelta dei candidati è un rebus per il centrodestra

di Marco Cremonesi

Divisi i seggi si tratta di capire chi far correre e dove, proteste dei centristi. Berlusconi insiste: indicherò il premier, chi ha lasciato sparirà come Alfano

«È sempre stato un casotto… ma quest’anno è peggio». Son quasi trent’anni che Roberto Calderoli si siede ai tavoli delle trattative elettorali. Eppure, anche a uno rotto ad ogni negoziato come lui, viene il mal di testa.

C’è da trovare la quadra sui 221 collegi uninominali, quelli in cui corre un solo candidato per ogni coalizione. Ma se la spartizione è sempre stata complicata, oggi che i collegi sono nuovi di zecca (e smisurati) a causa del taglio dei parlamentari, tutte le certezze vengono meno. Nel 2018 il centrodestra aveva assegnato ai collegi sei colori, con il rosso ovviamente a rappresentare i territori perduti. Ma con i nuovi confini? Tra gli sherpa dei partiti, c’è chi cita un esempio concreto, l’umbra Terni che è sempre stata un buon collegio per il centrodestra. Ora che si è ingrandito fino a includere alcune solide roccaforti della sinistra, di che colore è diventato?

La trattativa tra i leader di mercoledì scorso ha portato al primo risultato, la suddivisione dei posti tra i partiti, quanti a ciascuno. Su un paio di foglietti scritti a penna blu (forse quella di Ignazio La Russa), intitolati «Decisioni vertice» hanno messo le loro firme Giorgia Meloni, Tajani per Silvio Berlusconi e Giorgetti per Matteo Salvini: a Fratelli d’Italia andranno 98 candidati, alla Lega 70, a Forza Italia 42 (che dovrebbero includere alcuni posti per l’Udc), 11 ai centristi.

Ma appunto, il rebus a cui si stanno dedicando tutti i partiti con i loro uomini più rodati è l’assegnare i pesi ai collegi. Ignazio La Russa e Francesco Lollobrigida per Fratelli d’Italia, Calderoli e Giancarlo Giorgetti per la Lega, Gregorio Fontana, Roberto Rosso, Roberto Occhiuto e Alessandro Sorte per Forza Italia. Ieri, negli uffici di FdI in via della Scrofa per la Lega c’era Luigi Augussori. A inizio della settimana prossima dovranno dare il loro responso (i nuovi colori) ai rispettivi leader , che potrebbero incontrarsi forse già martedì per avviare — non è detto a concludere — il lavoro più impervio: assegnare dei nomi a quei collegi multicolori. Carne e sangue per i partiti, la polpa e la sostanza della loro futura presenza nelle Aule. Con una certezza: tutti — con l’eccezione di Fratelli d’Italia — perderanno non pochi degli uscenti. E dunque è lì che i toni si alzeranno, lì che qualcuno si alzerà teatralmente dal tavolo. Anche se Berlusconi sembra molto più che ottimista: «Conto di arrivare al 20%: sarà Forza Italia a indicare il premier perché io scendo di nuovo in campo. I fuoriusciti? Hanno i tradito i loro elettori, spariranno».

I più insoddisfatti, al momento, sono gli uomini dell’Udc, che potrebbero vedersi riservare alcuni collegi tra quelli assegnati a Forza Italia, così come accadde nel 2018. Uno degli uomini di Lorenzo Cesa sbotta: «Quel che fa rabbia è che noi siamo qui da vent’anni, siamo presenti su tutto il territorio nazionale, poi arrivano i “centrini” e a loro si assegnano 11 collegi come se fossero dovuti». I «centrini» sarebbero i rappresentanti di Noi con l’Italia di Maurizio Lupi, di Italia al centro di Giovanni Toti e di Coraggio Italia di Luigi Brugnaro.

Eppure, anche se i prossimi giorni saranno certamente uno «stress test», nel centrodestra il clima è eccellente. Chi più gode è Ignazio La Russa: «La soddisfazione più grande non è stata quanti collegi abbiamo avuto noi o altri, ma la delusione nello sguardo del centrosinistra che scommetteva sulle nostre risse». Proprio come Calderoli:«È stato un successo enorme l’aver chiuso su premiership, collegi all’estero e ripartizione dei collegi. Ho rivisto una coalizione. A sinistra, qualcuno avrà dovuto prendere il Maalox».

28 luglio 2022 (modifica il 29 luglio 2022 | 00:03)

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