L’anniversario
di Massimiliano Jattoni Dall’Asèn28 ott 2022
E’ la sera del 27 ottobre 1962. Mancano tre minuti alle 19. Un bimotore Paris II, decollato alle 16:57 da Catania e diretto a Milano Linate, sta sorvolando le campagne del Pavese, non lontano da Melegnano. Dalla torre di controllo seguono la manovra a pochi minuti dall’atterraggio, quando il velivolo scompare dal radar. L’allarme è immediato, ma nei campi vicino al paesino di Bascapè, in provincia di Pavia, i soccorritori trovano solo i rottami dell’aereo. E i resti, sparsi un po’ ovunque, dei tre uomini che si trovavano a bordo: Enrico Mattei, presidente dell’Eni, il pilota Imerio Bertuzzi e il giornalista americano William McHale, della testata Time–Life, incaricato di scrivere un articolo su di lui. Nel giro di 24 ore la notizia fa il giro del mondo. Inizia così uno dei tanti misteri irrisolti d’Italia.
Le origini
A 60 anni esatti dalla morte, il «caso Mattei» è un cold case. Il velivolo precipitò a causa di un malore del pilota? O fu un attentato? Certo è che il biplano Paris II aveva già subito un sabotaggio in passato e Mattei era un uomo molto discusso, che aveva diviso con la sua spregiudicatezza l’opnione pubblica. Nato ad Acqualagna il 29 aprile 1906 in una famiglia di modesta estrazione, Enrico Mattei inizia a lavorare come operaio in una conceria a Roma, ma è cosa di breve durata: nel giro di breve ne diventa direttore. Quando si trasferisce a Milano si reinventa rappresentante di commercio per l’azienda di vernici Max Meyer, ma soli trent’anni avvia una sua attività, l’Industria chimica lombarda. Ma ad animare Mattei non sono solo ambizione e un incredibile fiuto: il figlio del brigadiere Antonio vuole meritarsi quello che ha e in quegli anni torna a studiare per diplomarsi come ragioniere. Ma i venti di guerra spirano sull’Italia e sui sogni del giovane Mattei. Il conflitto è una parentesi che lo vede comandante del Corpo volontari per la libertà come partigiano “bianco”, per la sua estrazione cattolica. Dopo la liberazione di Milano, sfila in testa al corteo del 6 maggio 1945 a fianco di Luigi Longo, Ferruccio Parri e Raffaele Cadorna. Tre giorni dopo viene nominato commissario liquidatore della Snam e dell’Agip, l’azienda statale per il petrolio fondata da Mussolini nel 1926.
Il petrolio
Invece di seguire le istruzioni del nuovo Governo repubblicano, intravedendo i possibili sviluppi, Mattei decide di non chiudere «il carrozzone statale» e riprende le trivellazioni abbandonate durante il conflitto. Ed è un successo: a Caviaga, in Val Padana, trova il metano, mentre nel 1949, con un vero e proprio colpo di scena, da un pozzo a Cortemaggiore zampilla improvvisamente l’oro nero. «L’Italia ha il petrolio. Ne ha tanto da bastare a se stessa — è l’annuncio entusiasta sul Corriere della Sera dell’epoca — e forse potrà entrare in concorrenza con le altre Potenze produttrici». Ma la gestione disinvolta delle risorse dello Stato da parte dell’imprenditore e neoeletto nelle fila della Democrazia Cristiana accende un forte dibattito in Parlamento. Nulla che comunque lo fermi. Mentre costruisce l’architettura della sua creatura, spaziando dalle pompe di benzina, ai gasdotti, ai moderni Motel Agip, Mattei non ha tempo di andare per il sottile. Nella costruzione del polo petrolchimico di Ravenna si vanterà lui stesso d’aver violato più di 8mila leggi e ordinanze. E così all’accusa di dare quattrini ai partiti in cambio di favori e di finanziare anche i fascisti del Movimento sociale italiano, Mattei risponde senza nascondersi: «Io uso i partiti come un taxi. Salgo, pago la corsa e scendo».
Gli appoggi (trasversali) della politica
Grazie alla Dc, ma anche a una maggioranza politica trasversale a tutto il Parlamento, Mattei si affaccia sul palcoscenico internazionale: acquista petrolio dall’Urss, stipula un accordo con lo scià di Persia offrendogli il 75% degli utili, cerca petrolio in Libia, Egitto, Giordania, pestando i piedi al cartello anglo-americano delle Sette Sorelle. Mentre in Tunisia, Marocco e Algeria, Mattei arriva a intromettersi negli affari interni attirandosi molte antipatie, e nell’agosto del 1961 gli arriva una lettera minatoria dall’O.A.S., l’associazione terroristica dell’estrema destra francese, contraria all’indipendenza algerina.
L’ostilità francese
Ma Mattei non cerca volutamente nemici. «In qualche momento della presidenza Mattei — racconta il suo successore all’Eni, Eugenio Cefis a Dario Di Vico, in un’intervista pubblicata sul Corriere il 6 dicembre 2002 — forse poteva anche prevalere la logica di “molti nemici, molto onore” e con il senno di poi si può sicuramente dire che c’era della mitologia». «Francamente non penso che qualcuno si potesse illudere che ammazzando Mattei si potesse distruggere l’Eni. Nessuno lo poteva pensare… Se devo ragionare in termini di fantapolitica, allora più che a un sabotaggio americano penserei a un attentato di ostilità francese. Avevano ancora il dente avvelenato per i nostri rapporti con l’Algeria».
La versione di Vincenzo Calia
Corrono gli anni e le ipotesi sulla morte di Enrico Mattei si accumulano. Si accusa l’Oas, l’organizzazione di estrema destra francese, l’intelligence francese, la Cia, la mafia. Le prime inchieste, dell’aeronautica militare e della magistratura chiudono le indagini come disastro accidentale. Nel 1994 un magistrato di Pavia, Vincenzo Calia, decide di riaprire le indagini colpito dalle rivelazioni del boss Tommaso Buscetta che aveva collegato l’incidente di Bascapè e la morte del giornalista Mauro De Mauro che indagava sull’incidente dell’imprenditore per conto del regista Francesco Rosi, alle prese con il film «Il caso Mattei». «Il magistrato Calia — scrive Dario Di Vico sul Corriere della Sera del 7 marzo 2003 — ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta ma ha vigorosamente argomentato come, a suo giudizio, Mattei sia stato vittima di un attentato i cui mandanti vanno cercati in Italia…».
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, 2022-10-28 14:36:00, Uomo controverso, spregiudicato e brillante, il ragioniere di Acqualagna osò sfidare i giganti del petrolio. Dopo sessant’anni, la dinamica dell’incidente aereo in cui perse la vita non è ancora stata chiarita , Massimiliano Jattoni Dall’Asèn