Euro giù, ai minimi da vent’anni. Cambio quasi alla pari con il dollaro

L’euro scivola a un soffio dalla parità sul dollaro, fermandosi a quota 1,029 alla chiusura, il livello più basso dal dicembre 2002, l’anno in cui la moneta unica è entrata nelle nostre tasche, quasi due decenni fa. Il calo è dell’1,72%, ma durante la seduta, la valuta europea è arrivata a toccare un minimo di 1,0238 sul dollaro, in un’altra giornata da dimenticare con le Borse di nuovo in forte caduta in Europa, e il prezzo del gas ancora in rialzo, anche a causa dello sciopero dei lavoratori in Norvegia, che costringe il Paese scandinavo ad avvertire su possibili tagli alle forniture.

A questo punto la parità tra euro e dollaro appare quasi inevitabile davanti al deterioramento delle prospettive economiche. Ma in questo momento la debolezza della moneta comune, che in teoria favorisce l’export verso gli Stati Uniti e i Paesi legati al dollaro, è un’arma a doppio taglio, perché fa aumentare ulteriormente il costo dell’energia che l’Europa importa e il prezzo delle materie prime. I nuovi potenziali rincari sono cattive notizie per l’inflazione, che nell’area euro, in media, a giugno è volata all’8,6%, lo stesso livello degli Usa (in Italia è all’8%).

Due numeri diversi sul mercato dell’energia raccontano perché il rischio di recessione ora spaventa sul serio gli investitori sulle due sponde dell’Atlantico e affonda le Borse. Sulla Borsa Ttf di Amsterdam, dove viene fissato li prezzo del metano europeo, ieri le quotazioni dei future sul gas con consegna ad agosto hanno superato la soglia dei 170 euro a megawattora, ai massimi degli ultimi 4 mesi, per poi chiudere a 163,6 dollari. A New York, invece, il petrolio Wti è sceso sotto i 100 dollari al barile. E gli analisti di City ora prevedono che il greggio, entro l’anno, scenderà fino a 65 dollari per il calo della domanda legata alla recessione data per scontata.

In Europa la nuova fiammata dei prezzi del gas, teme il mercato, aggraverà l’inflazione e peserà su imprese e famiglie, peggiorando i bilanci pubblici e privati e penalizzando consumi e investimenti, con il rischio di aprire le porte a una nuova crisi economica, dopo quella provocata dalla pandemia. Questa situazione di bassa crescita e alta inflazione non fa che complicare ulteriormente il compito della presidente della Bce, Christine Lagarde, alle prese con un consiglio dei governatori già diviso tra chi appoggia le posizioni della Bundesbank, a sostegno di un rialzo più aggressivo dei tassi di interesse per fermare la corsa dei prezzi, e chi invece vorrebbe un aumento graduale, per allontanare non solo il pericolo di recessione, ma anche di un allargamento degli spread. Ieri il differenziale tra il Btp decennale e il Bund tedesco ha chiuso in rialzo a 209 punti, con un rendimento in calo al 3,28% dal 3,35%.

Il presidente della Federal Reserve Jay Powell invece andrà avanti con un aumento sostenuto dei tassi, che potrebbero salire al 3,9% a inizio del 2023, anche a costo di una recessione, che non è il peggiore dei mali, pur di frenare l’inflazione.

Così tutti i listini europei chiudono in negativo, con perdite tra il 2,7% e il 3% (Milano è la Borsa peggiore a -2,99), mentre a Wall Street, il Dow Jones limita le perdite (-0,42%) e il Nasdaq sale dell’1,75%.

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, 2022-07-05 21:47:00, Effetto positivo per l’export, ma cresce il rischio di rincari per energia e materie prime. Gas ai massimi da 4 mesi, greggio sotto quota 100 dollari. Dilemma prezzi-recessione per Lagarde alla Bce,

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