Famiglie e docenti in protesta per adeguamento salariale. A rischio servizio ed assunzioni Succede in Regno Unito

Il sistema scolastico nel Regno Unito vive una crisi strutturale che rischia di avere gravi ripercussioni sull’eventuale ricambio generazionale di un corpo docente sempre più longevo. Numerose scuole, per via dell’assenza di finanziamenti diretti dedicati al rinnovo delle strutture ed il relativo mantenimento dell’erogazione dei servizi, rischiano la chiusura in tutto il paese limitando e non contravvenendo al diritto allo studio da garantire, favorendo il propagarsi dei fenomeni dispersivi. I docenti richiedono un adeguamento salariale sulla base del reale potere d’acquisto e dell’iperinflazione che ha causato una contrazione sensibile dei consumi: lo stipendio non basta più, le condizioni del welfare e le garanzie offerte ai docenti non sono più adeguate e, soprattutto, attrattive per le nuove generazioni. Il ricambio professionale rischia così di risultare sfavorevole ad un’esatta e puntuale ricollocazione dello sforzo del futuro corpo docenti per carenza – oramai cronica – di personale e sviluppo del settore. Ciò a scapito della salute del servizio nel suo complesso: la chiusura di alcune sedi e la limitazione delle attività extra-curriculari – in aggiunta ai danni già stimati da COVID-19 e relative chiusure – sta via via compromettendo il diritto allo studio; la popolazione studentesca reagisce con dispersione e preparazione inadeguata.

La crisi vista da un piccolo istituto della Cornovaglia

Un villaggio della Cornovaglia sta cercando di raccogliere 40.000 sterline per pagare un altro insegnante nella sua scuola. La raccolta fondi ha avuto luogo per la Lerryn Church of England Primary School, che ha 22 alunni. Arriva dopo che il St Barnabas Multi-Academy Trust (MAT) ha dichiarato ai genitori che stava riducendo le aule a un sistema a un insegnante e una classe come parte di una ristrutturazione. Il MAT, che gestisce la scuola, ha affermato di non avere “alcuna intenzione” di chiudere la scuola, anche se le preoccupazioni sono vive nella popolazione, data la distanza con altri plessi scolastici di qualità e natura assimilabile. A seguito di un incontro tra membri del trust, genitori e residenti il 20 giugno, la gente del posto ha deciso di cercare di raccogliere 40.000 sterline per assumere un secondo insegnante. Mercoledì si terrà un incontro di follow-up presso il Lerryn Memorial Hall per fornire aggiornamenti alla comunità. Il MAT ha affermato che il suo nuovo piano di ristrutturazione consentirebbe un risparmio di £ 309.000 rispetto agli attuali budget complessivi. “Sebbene questi risparmi si riferiscano solo al 3,1% dei nostri budget annuali totali, comprendiamo e simpatizziamo con le preoccupazioni delle persone in questo momento difficile”, ha affermato Sean Powers, CEO del trust. La problematica in oggetto è inoltre acuita dalla privatizzazione galoppante del settore, che rischia di ridurre, a favore di discutibili profitti, la qualità della didattica erogata.

L’Italia tra gli ultimi posti in Europa per fondi all’istruzione

Come denunciano i report emessi a livello europeo, il paese si conferma agli ultimi posti per spesa in materia d’istruzione a livello europeo (nel 2017 arrivò addirittura ultimo). Occorre però precisare che l’indicatore in oggetto non fa riferimento all’ammontare della spesa complessiva, bensì all’adeguamento di quest’ultima con il PIL nazionale. In pratica, se la crescita economica è prosperosa e segue i margini di miglioramento benaugurati il PIL aumenterebbe, ma se la spesa su scuola ed istruzione resta analoga, ciò produrrebbe un disadeguamento, pertanto una discesa tragica in classifica. In Italia, nonostante la relativa – e faticosa crescita economica – il livello della spesa pubblica in rapporto al PIL è rimasta la stessa di un decennio fa, tagli esclusi. In riferimento alla dinamica in oggetto occorre considerare l’inflazione, che rende i fondi e la relativa spendibilità nel tempo sempre più limitata e scarsa: nel 2017 l’Italia ha sborsato 66 miliardi nel settore, importo addirittura pari agli interessi sul debito pubblico (intorno al 3,8 % nel 2017). Prima dell’annualità in oggetto il MIUR non è riuscito a sborsare delle quote pari o meglio superiori all’interesse sul debito relative all’istruzione.

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