Fedez: «Così ho scoperto il mio tumore. Ne parlo perché altri si possano sentire meno soli»

Per decenni è stato «il brutto male». Paura, imbarazzo, persino vergogna erano talmente grandi davanti alla diagnosi di un tumore che le persone neppure pronunciavano il nome. E men che meno si trovavano volti noti al grande pubblico disposti a raccontare la loro malattia. Oggi le cose sono finalmente cambiate e Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, è il simbolo di una rivoluzione culturale positiva: giovane, famoso, bello e felice, non ha nascosto la malattia quando gli è stata diagnosticata lo scorso marzo e l’ha chiamata col suo nome, condividendo le varie fasi del suo percorso di cura sui social. Come l’artista stesso ha ricordato durante l’evento conclusivo del «Tempo della Salute» al quale ha partecipato insieme al chirurgo che l’ha operato, Massimo Falconi, direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia del pancreas e dei trapianti all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

Comunicare a tutti il tumore

«Ho deciso di parlare sui social della mia malattia in parte perché sentivo la necessità di condividere quello che mi stava accadendo, in parte anche per aiutare chi sta vivendo o dovrà vivere la mia stessa esperienza — ha raccontato il cantante —. Quando ho avuto la diagnosi ho cercato su internet e ho trovato poche informazioni. Il tumore neuroendocrino del pancreas è molto raro ed era quello di Steve Jobs, notizia non rassicurante. Non avevo altri riferimenti. E poi c’è Gianluca Vialli, con il quale sono riuscito a parlare il giorno dopo e mi ha aiutato, mi ha dato sollievo. Ero consapevole che avrei ricevuto anche critiche, come quelle, puntualmente arrivate, sul mio affrontare esami e cure da “privilegiato”, ma volevo aiutare gli altri. Mi hanno persino chiamato “narcisista patologico”. Ma ho ottenuto anche tanto affetto e sono tuttora convinto e contento della mia scelta».

La paura e l’aiuto

Nel corso dell’incontro Federico ha ricordato la grande angoscia iniziale: come per tutti, la diagnosi di cancro è stato uno shock accompagnato da paura e ansia. «Per me il cancro non era tabù, purtroppo abbiamo avuto diversi casi in famiglia e ho perso alcuni parenti. Nei primi terribili giorni, e per tutto il periodo successivo, l’aiuto più grande è arrivato dalla mia famiglia e dagli amici. L’appoggio che può arrivare se parli è uno dei motivi per cui non bisogna nascondersi. La vicinanza di chi ti vuol bene è un grande aiuto per non scoraggiarsi».

La malattia

Sono circa tremila ogni anno in Italia le nuove diagnosi di tumori neuroendocrini (anche noti come NETs, dall’inglese neuro-endocrine tumors), patologie rare che possono colpire organi differenti quali pancreas (come nel caso di Fedez), intestino, polmoni, tiroide, timo o ghiandole surrenali. «Esistono decine di sottotipi di NETs, molto diversi fra loro — ha spiegato Falconi —. Si possono suddividere in “ben differenziati”, che crescono in genere lentamente e sono meno aggressivi (ma comunque potenzialmente maligni, possono dare metastasi anche dopo molti anni) e “scarsamente differenziati”, che si sviluppano più velocemente e hanno maggiori probabilità di essere metastatici fin dall’inizio». Sono tumori quasi sempre «silenziosi», perché solo in due casi su dieci danno sintomi specifici e spesso vengono individuati in modo accidentale nel corso di accertamenti condotti per altre cause e, purtroppo, tardivamente.

Il tumore scoperto «per caso»

Federico, però, è stato almeno in questo fortunato: la sua diagnosi è stata precoce («L’ho scoperto per caso tramite un esame di controllo, sono ipocondriaco e faccio dei check up, tra i quali una Tac ai polmoni per un pregresso problema respiratorio che ha evidenziato qualcosa che non andava. Da lì è partito l’iter di controlli: questo è stato il mio vero grande privilegio» ha detto Fedez), non c’erano metastasi e l’esame istologico ha poi evidenziato che la neoplasia non aveva intaccato i linfonodi. Quindi non ha dovuto fare chemioterapia, è bastato l’intervento chirurgico, «ma l’operazione è stata importante — come lui stesso ha ricordato — con l’asportazione di duodeno, cistifellea, testa del pancreas e un pezzo di intestino. Devo assumere farmaci ogni giorno, stare attento all’alimentazione, ho spesso problemi di digestione e fitte allo stomaco, che spero passino col tempo. Ma sto bene, riesco a fare le stesse cose di prima, la mia vita non è cambiata poi molto».

Ospedali specializzati

«Pur avendo eliminato diversi organi e viscere, viene ricostruita la continuità fra i vari tubi dell’apparato digerente e si può vivere bene, come Federico dimostra — ha sottolineato Falconi, che è anche presidente di AISP (Associazione italiana per lo studio del pancreas) e di ITANET (Associazione italiana per i tumori neuroendocrini) —. È uno degli interventi più complessi, per farsi curare servono Centri e chirurghi di grande esperienza. Siamo di fronte a patologie molto diverse fra loro, che richiedono un approccio personalizzato e una gestione integrata da parte di vari specialisti. Se la patologia è localizzata, la chirurgia può portare a guarigione alte percentuali di pazienti. Quando invece ci sono già metastasi, oppure in caso di recidive che si presentano nel tempo, oggi abbiamo comunque a disposizione diversi tipi di farmaci. Non bisogna più parlare di tumori incurabili. Anche quando la guarigione non è, purtroppo, un obiettivo raggiungibile possiamo offrire comunque ai pazienti, nella maggior parte dei casi, cure che in molti casi allungano la sopravvivenza e migliorano la qualità della loro vita».

Una corretta informazione può salvare la vita

Fedez e Falconi hanno sottolineato l’importanza cruciale di essere correttamente informati. «Meglio parlare dieci minuti in più con il medico che cercare su Google , come ho fatto io per una notte intera, autoflagellandomi — ha concluso Federico —. Su internet si può trovare di tutto, molto meglio confrontarsi con il propio team di specialisti». È in quel contesto che Umberto Veronesi, uno dei più grandi oncologi italiani e pioniere di tante battaglie a favore dei malati oncologici, ha deciso nel 2003 di impegnarsi ad abbattere il tabù. Sdoganare la parola «cancro» era il primo passo fondamentale, non solo per sostenere psicologicamente i pazienti e i loro familiari in un momento durissimo, ma anche per migliorare le cure. Così è nato Sportello Cancro, sezione del Corriere della Sera realizzata in collaborazione con Fondazione Umberto Veronesi dedicata all’oncologia. Perché una corretta informazione può salvare la vita. Imparare a prevenire e a riconoscere i sintomi di un possibile disturbo può consentire una diagnosi precoce che fa la differenza per la possibilità di guarire. E poi conoscere la malattia di cui si soffre, quali sono le migliori strategie di cura disponibili e i Centri con maggiore esperienza (specie per le patologie rare) è un passo fondamentale, soprattutto se si deve affrontare una patologia complessa e pericolosa come il cancro.

13 novembre 2022 (modifica il 13 novembre 2022 | 20:38)

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, 2022-11-13 19:39:00, Fedez ha parlato al «Tempo della Salute», l’evento di «Corriere Salute», del suo tumore al pancreas, raccontando come ha scoperto la malattia, come vive ora e dove ha trovato sostegno psicologico. Massimo Falconi, esperto di chirurgia pancreatica, ha sottolineato l’importanza di informarsi e farsi curare in Centri con esperienza, Vera Martinella

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