Feltrinelli, il miliardario super rosso con il fiuto per i libri. Che finì mistero italiano

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Con Zivago e Il Gattopardo, l’editore creò il bestseller in Italia. La morte nel 1972 sotto il traliccio, pronto a farlo saltare, lo etichettò per sempre. Troppo ricco e troppo comunista, era attirato dalla rivoluzione. Fece viaggi a Cuba e in Bolivia, entrando in contatto con la guerriglia internazionale. Fino ad entrare in clandestinità. .

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Il dottor Zivago e Il Gattopardo, inventando il best seller all’italiana: da quando aveva fondato la casa editrice nel 1955 Giangiacomo Feltrinelli andava a segno potendo contare sulla fortuna di famiglia e su un indubbio fiuto per i libri. Copriva uno spazio culturale inedito, tramutando in best seller un romanzo samizdat sovietico come quello di Pasternak – pubblicato nonostante le pressioni del Pci che per l’affronto aveva subito ritirato la tessera del partito a quel miliardario anomalo attirato dalla rivoluzione –, e facendo diventare caso editoriale di successo la storia del principe di Salina di Tomasi di Lampedusa, rifiutata clamorosamente da Mondadori ed Einaudi, con parere negativo di Elio Vittorini. Ma la sua vita di editore di talento è stata messa quasi tra parentesi quando, la sera del 14 marzo 1972, Giangiacomo Feltrinelli fu trovato morto in un campo a Segrate, il corpo mutilato da un’esplosione, mentre stava cercando di far saltare un traliccio dell’alta tensione.

Dopo i viaggi a Cuba e in Bolivia e i contatti con la guerriglia internazionale, Feltrinelli era entrato in clandestinità: era certo che ormai anche in Italia non ci fosse spazio per mediazioni, solo per la resistenza preventiva a un imminente colpo di Stato, e coltivava rapporti a largo raggio con estremisti italiani e internazionali. Quell’episodio gettò una luce diversa sulla sua vita precedente e cristallizzò per sempre Feltrinelli fra i grandi misteri irrisolti della storia italiana (fatalità o complotto politico?), per quanto le teorie e i depistaggi intorno alla sua misteriosa e tragica morte siano stati tanti e contraddittori. Il miliardario (quasi) bello, tormentato dai suoi privilegi e dalla sua ricchezza (orfano di Carlo, imprenditore e banchiere) aveva vissuto un’infanzia solitaria districandosi fra nuovi intrecci familiari sostanzialmente anaffettivi, la madre Giannalisa Gianzana aveva sposato il brillante giornalista Luigi Barzini Jr. Con lui Giangiacomo non aveva un gran rapporto, come ricorda Andrea Barzini nel memoir Il fratello minore: «Le rare volte che questo figliastro veniva a casa, i due parlavano fitto e cupamente». E Giangiacomo, pendolando fra ville di famiglia, a Gargnano e all’Argentario, preferiva intrattenersi con la servitù, di cui esplorava i problemi, scegliendo di familiarizzare col proletariato piuttosto che con il suo milieu d’origine. «Nell’Italia del secondo dopoguerra, stupì e scandalizzò: troppo ricco, troppo comunista, troppo internazionale. Ciò l’ha reso indecifrabile» ha detto il figlio Carlo a Liberation, quando nel 2001 uscì in Francia il suo libro sul padre, Senior Service (dalla marca di sigarette preferita). Inge Schöntal, la moglie solidale, che ha poi tenuto saldamente la barra della casa editrice, in un’intervista per Inge Film (Simonetta Fiori e Luca Scarzella) si disse perplessa: «Non credo a nessuna versione ufficiale, c’è qualcosa di molto diverso». Ma sia Inge, sia l’ultima delle 4 mogli, Sibilla Melega, alla fine lo consideravano perduto, imprigionato nei suoi fantasmi e nei suoi ideali. Paolo Mieli, commentando sul Corriere il recente saggio di Aldo Grandi (Chiarelettere), ha concluso: «Un giovane adulto di 46 anni che molti amici, in quel delicato frangente della sua vita, lasciarono solo».

17 marzo 2022 (modifica il 17 marzo 2022 | 08:44)

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, 2022-03-17 07:47:00, Con Zivago e Il Gattopardo, l’editore creò il bestseller in Italia. La morte nel 1972 sotto il traliccio, pronto a farlo saltare, lo etichettò per sempre. Troppo ricco e troppo comunista, era attirato dalla rivoluzione. Fece viaggi a Cuba e in Bolivia, entrando in contatto con la guerriglia internazionale. Fino ad entrare in clandestinità. .,

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Pietro Guerra

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