Filippo La Mantia chiude il ristorante al Mercato Centrale: Non ho abbastanza cuochi

Non lo so, mi prendo una pausa perch cos non si pu andare avanti: non una questione di conti, il mio ristorante pieno dal 31 marzo del 2022, quando l’ho aperto negli spazi del Mercato Centrale di Milano. Ma non trovo cuochi: fermo l’attivit perch non sono in grado, numericamente parlando, di gestire la mia clientela con lo standard che desidero. Filippo La Mantia, cuoco palermitano a Milano dal 2014, 63 anni quest’anno, a dir poco sconsolato. Dal 1 marzo chiuder, non si sa per quanto: Al momento ho due cuochi in cucina oltre a me, uno dei quali un mio ex dipendente a cui sono molto riconoscente perch venuto a darmi una mano in una fase di transizione da un progetto a un altro. Ma dal 1 marzo rimarr con un solo cuoco oltre a me, e cos non posso andare avanti. Non so quanto star chiuso e non so cosa far dopo: devo cercare me stesso, o cambio modo di lavorare o cambio lavoro… Forse sono un nostalgico, ho in mente un’altra idea di come si fa questo mestiere, e giustamente non devo pretendere che sia uguale per gli altri. Insomma, mi devo riallineare con questi tempi, devo capire dove stiamo andando. Tutti parlano di un’evoluzione della ristorazione, ma secondo me stiamo assistendo a un’involuzione… questo settore sta vivendo una crisi allucinante: c’ una fame di personale cronica, racconta lo chef.

22 colloqui, nessuno si presentato

Per fortuna che sono uno che non si perde d’animo e ho ancora energie, e soprattutto ho una grande passione per il mio lavoro — aggiunge — ma negli ultimi 20 giorni ho fatto 22 colloqui e alla prova non si presentato nessuno. Il 30 per cento mi dice che vuole lavorare solo la mattina, il 20 per cento mi dice che vuole lavorare part time, il restante 50 non interessato… Io di solito faccio un contratto di prova, pagato, che varia dai 2 ai 5 giorni: i candidati non sono venuti. Non so davvero pi cosa fare, nemmeno come comportarmi con le persone, perch non puoi nemmeno permetterti di fare un rimprovero se qualcuno sbaglia qualcosa: danno le dimissioni e se ne vanno altrove. Non so, davvero: magari mi faccio un corner da solo qui al mercato, mi metto a fare i panini con la caponata e via… Non voglio pi stressare nessuno: forse stresso chi mi sta intorno con la mia ansia da prestazione. E pensare che il mio ristorante non mai stato neanche troppo impegnativo come format: non ho mai avuto stelle, non faccio piatti che prevedono 15 passaggi… il mio lavoro far star bene le persone, creare un ambiente di benessere in cui si rilassino, fare una buona cucina e un buon servizio. Ma in questo momento storico non si riesce. Chi lavora con me oggi fa un turno 11-15 e uno la sera che finisce alle 22.40. Per niente, cambiato l’approccio al lavoro. Con questo non dico che i ragazzi siano sfaticati: io la vedo mia figlia, a 15 anni ha una percezione della vita diversa dalla mia, “rallentata”, si prende pi tempo per le cose. Non come quelli della mia generazione, ossessionati dal fare, dall’essere veloci, dal produrre… e forse hanno ragione i ragazzi e noi non abbiamo capito niente. Fatto sta che arrivo a sera esaurito perch passo il tempo a cercare personale, gestisco solo rogne… fare l’imprenditore oggi, in qualsiasi campo, un disastro. Sono stato un pazzo a mollare il mio contratto nel 2014. Io lo dico: se potessi, tornerei dipendente. Se arrivasse qualcuno che compra il mio brand e mi mette a busta paga, lo farei subito. Spero solo che questo momento di dispiacere mi faccia venire nuove idee, di solito cos. Devo riprogettare il mio lavoro.

(©) RIPRODUZIONE RISERVATA

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