Ormai la scuola è finita in tutte le regioni d’Italia: è quindi tempo di bilanci da fine anno scolastico e, soprattutto, di valutazioni e pagelle. A riflettere su questo è stato lo scrittore e insegnante Alessandro D’Avenia su un articolo su Il Corriere della Sera pubblicato oggi, 12 giugno.
L’autore ha cercato di spiegare che, a suo avviso, non bisogna fermarsi solo ai voti e ai giudizi dei ragazzi alla fine dell’anno. Ecco le sue parole: “Cerco di portare a termine spiegazioni e verifiche entro metà maggio, per poter dedicare l’ultima parte dell’anno scolastico all’esplorazione della vocazione. Esistere (ex- e -stare: essere saldi fuori) significa ‘uscire con coraggio’, e corrisponde alla tappa vitale in cui si trovano i ragazzi. Come supportare un’energia ridotta spesso a ‘ribellione’ adolescenziale, quando è invece la sana crescita di un essere autonomo che vuole essere sempre più vivo?”.
“Vedo ragazzi che non ‘escono’, cioè non iniziano a esistere, ripiegati su abitudini e oggetti che li ‘addomesticano’, proprio perché offrono ‘illusioni’ di uscita, cioè di esistenza, quando sono in realtà ‘dipendenze’. E invece di allenarsi a esistere, uscire, andare incontro al mondo, sedotti dal suo quotidiano miracolo, per paura, si ripiegano, accartocciano, deprimono. Le due chiavi per un’educazione a ‘esistere’, eroticamente ed eroicamente, e quindi a ‘resistere’, sono il respiro e il desiderio”.
“A che serve raccontare la vocazione se non si aiuta a trovarla?”
“Negli anni ho provato a costruire un percorso di esercizi e letture per aiutare i ragazzi a trovare e allenare respiro e desiderio. Per me è parte integrante del programma: a che serve raccontare la vocazione di uomini e donne del passato, se poi non aiuta quelli del presente a trovare la loro? Vorrei una pagella fatta non solo da una colonna di numeri, ma da una consegna di speranza, anche per chi ha insufficienze e quindi non riceve i voti”.
“Un ragazzo deve ‘uscire’ da scuola non solo sapendo quanto vale da 1 a 10 la sua preparazione in italiano, matematica e inglese, ma anche come respira (che cosa lo ispira e come ispira altri) e come desidera (in che modo riceve e dà vita al mondo). In pagella vorrei un giudizio su ‘quanto sei fuori’, che poi significa ‘quanto sei dentro’. Ma esiste ancora ‘un dentro’ (respiro e desiderio) nelle nostre parole di educatori?’”, ha concluso.
Cosa c’è oltre i risultati?
Più volte abbiamo trattato la questione dei voti a scuola: qualche settimana fa la scrittrice Silvia Avallone su 7Corriere ha riflettuto sulla questione della performance. “Non siamo i nostri risultati: i nostri voti a scuola, i nostri stipendi, le nostre promozioni – ha iniziato la sua riflessione la scrittrice. Capisco che viviamo in una società ossessionata dai numeri: di follower, di medie scolastiche, di cifre sul conto corrente. Ma nessuno di noi è riducibile a un numero. Anche perché i numeri cambiano. I picchi vengono superati, le ascese si convertono inevitabilmente in declini. Si sbaglia, si cade. E se questo non accadesse saremmo morti, o finti”.
E ha continuato: “Quindi vale la pena abbandonare la fissità dei numeri e proporre a noi stessi, soprattutto ai più giovani, strumenti diversi per costruire la propria identità. Se devo cominciare con uno, il mio preferito, non ho dubbi: le passioni. (…) Nel grande dibattito sul togliere o no i voti, io sto con chi vorrebbe sperimentarne la sostituzione con altro. Di più: vorrei reimpostare l’intera cultura della realizzazione personale sul pensionamento dei numeri e sul ripristino delle passioni. Non credo di facilitare la strada a nessuno: le passioni richiedono dedizione, impegno, sacrificio, responsabilità, costanza. Però ti offrono anche un motivo valido per affrontare la fatica, per metterti alla prova. Perché non lo fai per sentirti dire “bravo” da qualcun altro. Lo fai perché dedicartici ti rende vivo e attivo, ti spalanca un futuro in cui credere. Stare qui è prezioso, vale la pena non sprecare il tempo di una vita. Ecco il valore: vivere. Altro che voti.”
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