di Stefano Montefiori
Si tratta di volontari che raccolgono i racconti dei malati terminali e ne scrivono un libro. La professione inventata da Valria Milewski: Il libro crea un sentimento di eternit
DAL NOSTRO INVIATO
PARIGI Nei giorni in cui in Francia si torna a riflettere sul fine vita in vista di una riforma legislativa, arriva in primo piano la figura della biografa ospedaliera inventata da Valria Milewski: volontari che raccolgono i racconti dei malati terminali, per scrivere insieme un libro sulla loro vita che sar poi dato alla persona indicata dal paziente. Un modo per attenuare l’angoscia del vuoto e della mancanza di senso, per fare di ogni esistenza vissuta qualcosa che valga la pena di tramandare. Se i grandi uomini della Storia, pensando alla morte, si sono consolati spesso pensando all’immortalit conquistata con la gloria, i biografi ospedalieri offrono a tutti i malati che lo desiderano la possibilit di lasciare una traccia: non c’ vita che non valga la pena di essere tramandata ai famigliari.
Valria Milewski, a capo dell’associazione Passeur de mots et d’histoires, linguista di formazione, ha avuto l’idea nel 2007. Mi piacciono le persone, le storie ordinarie, e mi piace ascoltare e scrivere. Quindi si messa in contatto con l’ospedale di Chartres, e dal 2010 dipendente dell’azienda sanitaria. Scrive circa 20 biografie l’anno, da 10 a 400 pagine, poi rilegate a mano da un artigiano di Chartres, e consegnate alla persona designata dal malato, dopo la sua scomparsa.
In tutta la Francia sono circa 25 i biografi ospedalieri che hanno seguito l’esempio di Valria Milewski, dal nord al sud del Paese. Nel prossimo aprile la cinquantenne francese sar a Parigi al ministero della Sanit, per partecipare a un convegno preparatorio sulla riforma della disciplina della fine vita e proporr che venga istituito un diploma universitario.
Viviamo in una societ dove si racconta sempre meno e dove la trasmissione tra generazioni si indebolisce – ha detto al Parisien -, ma i lutti sono sempre pi lunghi e complicati. La biografia ospedaliera esiste a questo scopo: permette di riparare i viventi, come dice il titolo del bel romanzo di Maylis de Kerangal.
Nell’ospedale di Chartres, Valria Milewski o uno dei biografi che lei ha formato offrono gratuitamente il servizio ai pazienti del reparto emato-oncologico. Vedo malati che si trasformano quando si lanciano in questo progetto – dice il medico Frdric Duriez -. In questo modo restano vivi, continuano a esistere anche al di fuori della cartella medica. Le ultime settimane o gli ultimi mesi di vita acquistano un senso. Lasciare una testimonianza scritta, ricostruendo la propria vita in modo che possa essere d’aiuto a chi resta, magari spiegando azioni che possono avere ferito qualcuno. La biografia ospedaliera pu essere un modo per riparare il passato, per chiedere perdono, per rassicurare i famigliari sul fatto che si parte tranquilli, e per fissare, nero su bianco, quel che stato.
Pu diventare un biografo ospedaliero una persona adulta e non giovanissima, che abbia un’esperienza di accompagnamento di persone alla fine della vita e con competenze di scrittura e di ascolto. Non si tratta di un lavoro psicologico, n di accertamento dei fatti, che non vengono verificati. La visione e i ricordi del paziente sono tutto ci che conta.
Dal punto di vista formale, se l’incontro tra il paziente e il biografo menzionato nel preambolo del libro, la biografia non firmata e il biografo solo un trasmettitore di parole. Una ventina di pagine vengono lasciate alla fine, in modo che il paziente o i suoi famigliari possano proseguire il racconto. La vera morte l’oblio – dice Valria Milewski -. Il libro crea un sentimento di eternit.
26 febbraio 2023 (modifica il 26 febbraio 2023 | 17:23)
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