Un articolo forte, una denuncia coraggiosa quella della scrittrice-insegnante Cecilia Lavatore sul Messaggero, che ha affrontato la questione dell’abuso da parte degli studenti dei social, dell’uso fin da giovanissimi di droghe e del disinteresse nei confronti della scuola.
Ma c’è anche un altro aspetto dell’articolo che dovrebbe far riflettere, il fatto che la Lavatore affermi che gli studenti vengano a chiederle aiuto. Aiuto perché smarriti in un mondo che non riescono, evidentemente, a gestire. Investiti da forze che non sono più controllabili dall’essere umano.
Matrix
Pazzia? Forse bisognerebbe dare uno sguardo al documentario Netflix “The social dilemma” per comprendere di quali forze stiamo parlando, per capire che a gestire le menti delle nuove generazioni e purtroppo anche delle “meno nuove” sono intelligenze artificiali, software che si affinano, auto-apprendono e gestiscono quello che è il modo di fruire i contenuti dei social con il solo scopo di incollare l’utente allo schermo. Questo è il loro lavoro, sono stati programmati per questo e Matrix non è poi così distante. E se chiedete a quei programmatori che hanno messo in moto il meccanismo elaborando il codice originale del software, vi diranno che quell’essere è diventato qualcos’altro, che loro stessi non sanno decifrare.
7 ore al giorno sui social? Gli è pure andata bene
“Ho visto cose che voi umani” … come studenti che dormono con lo smartphone in funzione sotto al cuscino in attesa di una notifica. Di studenti che perdono la cognizione del tempo sulle loro comode sedie da gaming e scoprire ad un tratto che è sorto il sole ed è quasi ora di andare a scuola.
La Lavatore parla anche di altro, di droghe usate da giovanissimi e dell’immersione di queste giovani menti in formazione in immagini e video a volte di violenza estrema, superficialità e crimine. Teatro, musica, libri? Neppure l’ombra.
E la scuola cos’è?
La scrittrice lavora in un professionale, un alberghiero, pare di capire: fare cucina, sala e ricevimento – scrive – sembra talvolta un ripiego per nascondersi in una scuola più facile e aspettare che li assorba un mercato del lavoro generico verso il quale non percepisco nessun entusiasmo ma neanche polemica o critica. In tanti non sanno cosa faranno da grandi, non sono neanche sicuri che diventeranno grandi, gli basta sapere che suoni la prossima campanella per tornare agli schermi.
Zombie factory
Ansia, depressione, stress sono alcuni degli effetti che l’uso eccessivo dei social causano. Alla base, i meccanismi degli ambienti virtuali che portano ad una pressione incalzante per essere sempre “online” e disponibili, la necessità di ricevere costantemente feedback positivi e con la continua esposizione a contenuti negativi o stressanti.
L’ansia sociale, ad esempio, può essere aggravata dal bisogno di confrontarsi continuamente con le vite apparentemente, ma solo apparentemente, perfette degli altri utenti sui social media e dalla necessità di presentarsi sempre al meglio sui propri profili. Profili spesso “gonfiati”, perché apparire fragili, con debolezze, non social-mente accettati può portare a fenomeni insostenibili per menti fragili. Mi spiegate in tutto ciò che fine fa l’autostima di un essere umano?
Quale livello di concentrazione si può chiedere, infine, ed ottenere da uno studente che trascorre 7 ore del suo tempo di veglia sui social? Multitasking, alert-life (vita scandita dalle notifiche, più che dalle campanelle e dalle sveglie) abbattono la capacità di questi studenti di concentrarsi su una sola attività per un periodo di tempo prolungato, rendendo difficile completare compiti a lungo termine come lo studio e domani il lavoro.
Social-solo
Social sì, ma isolato. Chi non ha visto nelle piazze gruppi di giovani con il volto calato sul loro smartphone? Il paradosso dei paradossi, l’era dei social che crea monadi vaganti incapaci di relazioni sane con persone in carne ed ossa. Mi fermo, perché dobbiamo passare alla domanda cruciale …
Dico, scherzate? Essere travolta? Come vi pare? Siate “empatici”, dice la Litizzetto, altrimenti vi sparano con le pistole ad acqua.
Cosa ne pensa OpenAi?
Abbiamo chiesto alla diretta interessata, l’intelligentona artificiale voluta da Musk e adesso finanziata da Microsoft.
Quale contributo può dare la scuola per arginare i problemi causati dall’uso eccessivo dei social media?
Non ci resta che metterci al lavoro