Flc e Cgil Sicilia: no alla regionalizzazione della scuola. Proposta di legge di iniziativa popolare per fermarla

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A Siracusa, dove il popolo della Flc e della Cgil si è riunito in assemblea, alto è risuonato ancora una volta il “no” a qualsiasi ipotesi di regionalizzazione della scuola e dell’istruzione; ma è stata pure avviata una raccolta di firme al fine di presentare una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare.

Denuncia infatti il segretario della Flc-Cgil di Siracusa, Gianni La Rosa: “Noi crediamo che questo sistema porterà ancora di più ad aumentare il divario tra le regioni più ricche e quelle che hanno meno risorse ed in questo modo non si riuscirà a garantire il diritto allo studio a tutti i nostri studenti in maniera omogenea. Non ha senso parlare di concorsi regionali, di reclutamento diverso da regione a regione, di gabbie salariali o anche di programmi didattici differenti, l’istruzione deve essere unica a livello nazionale”.

Spiega a sua volta la segretaria della Flc Cgil nazionale, Graziamaria Pistorino: “Sono 50.000 le firme necessarie  per portare la legge in Parlamento perché venga discussa. La scadenza della raccolta è il 9 maggio 2023. Con la regionalizzazione sarebbe negato il pari esercizio dei diritti su tutto il territorio nazionale, a partire dal diritto allo studio. Le scuole si differenzierebbero sulla base delle disponibilità economiche delle diverse Regioni, il divario Sud-Nord non potrebbe che aumentare, la diffusione uniforme di scuole dell’infanzia e tempo pieno sarebbe definitivamente negata, il curricolo di istituti tecnici e professionali potrebbe essere modificato in base agli investimenti e agli interessi delle imprese del territorio, il valore legale del titolo di studio sarebbe in contraddizione con la realtà di una scuola eterogenea nei programmi, negli strumenti e nelle risorse”.

Chiosa anche il segretario della Flc-Cgil Sicilia, Adriano Rizza: “L’autonomia differenziata è un viaggio di andata senza ritorno. Bisogna fermare la folle corsa di questo treno la cui destinazione è nota a molte persone, ma non a tutti. È per questo che la Cgil sta trattando questo tema in diverse iniziative che coinvolgono iscritti e comuni cittadini. Trasformare l’Italia in 20 piccoli stati non è la risposta per migliorare settori come la sanità e l’istruzione, già fortemente penalizzati dalle scelte scellerate di questo governo e da quelli che lo hanno preceduto. Sicuramente il primo effetto sarà quello di peggiorare le condizioni già drammatiche di tutto il Mezzogiorno, in primis la Sicilia”.

E Roberto Alosi aggiunge: “L’autonomia differenziata sovverte il rapporto di sussidiarietà fra Stato e Regioni e trasferisce 23 materie afferenti alla gestione economica e alla tutela dei diritti fondamentali alle singole regioni. Fra questi ultimi il diritto all’istruzione, come quello alla salute, passerebbero, ad invarianza di bilancio, nelle mani esclusive delle regioni, rafforzando ulteriormente le regioni già più ricche e lasciando a bocca asciutta quelle più in difficoltà. E a queste condizioni il Sud, già lacerato da enormi disuguaglianze rispetto al resto del Paese, non reggerebbe”.

Le conclusioni dell’assemblea sono affidate a Gianni Battaglia, del Coordinamento per la democrazia costituzionale: “Dobbiamo fermare l’autonomia differenziata regionale  che rappresenta una minaccia all’unità del nostro Paese. Per questo siamo impegnati in tutti i territori per raccogliere le firme al fine di difendere e attuare i principi costituzionale che hanno dato vita alla nostra Repubblica”.

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