di Virginia PiccolilloPer il presidente emerito della Corte Costituzionale «È chiaro che la Russia è l’aggressore», «La Carta vieta la guerra ma a fini di pace consente la limitazione di sovranità attraverso associazioni come la Nato». «Putin e Biden siedano per trattare» Giovanni Maria Flick, da presidente emerito della Corte Costituzionale, siamo legittimati a mandare armi in Ucraina? «Certo. La Costituzione non esclude il principio della legittima difesa che la Carta delle Nazioni Unite, all’articolo 51 estende anche all’autotutela nel rapporto fra Paesi. E, a meno di voler credere che l’Ucraina abbia assoldato comparse, è molto chiaro che la Russia è l’aggressore e l’Ucraina l’ aggredito». Ma la Costituzione non ripudia la guerra? «Sì, ma non esclude la legittima difesa e occorre contemperare la prima e la seconda parte dell’articolo 11. Prima dice che non possiamo utilizzare la guerra come motivo di risoluzione di controversie o come strumento di aggressione alla libertà degli altri popoli. Però poi consente una limitazione della sovranità nazionale attraverso associazioni a fini di pace e giustizia. L’aiuto a chi è aggredito e agisce in autotutela è una consuetudine internazionale consolidata che rispecchia un principio fondamentale di solidarietà. La Nato fa parte di questo tipo di organizzazioni a cui si cede un pezzo di sovranità». Ora si discute sui limiti da porre alla Nato. «Certo che se ne può discutere. Sono consapevole che bisognerà farlo. Ma non in questo momento in cui c’è un paese aggredito al quale è legittimo e doveroso dare la propria solidarietà». Ma c’è chi pensa che, mascherata da difesa di un paese aggredito, ci sia in realtà una guerra per procura. «Ove anche vi fosse da parte di qualcuno un’intenzione di questo tipo, ciò non vale certamente ad impedire l’aiuto all’aggredito. Si può e si deve discutere sugli errori politici compiuti, che sono tanti. Ma in questo caso è l’aggressore stesso a dire che sta compiendo un’operazione speciale di polizia. Tanto è vero che non è neanche stato dichiarato lo stato di guerra. Non capisco in questo momento chi sale in cattedra per giudicare. Io vedo solo un Paese in lotta per la sua libertà e non spetta a me giudicare quali siano le reali intenzioni di chi gli presta aiuto». È Resistenza? «Non mi piace chi distingue la Resistenza dall’aggressione russa rispetto a quella che l’Italia ha combattuto con le forze alleate (USA, Gb, Polonia, Brigata ebraica etc) per liberare il paese dall’occupante nazista. Chi può arrogarsi il diritto di giudicare? L’unico giudice su questi temi potrà essere il tribunale penale internazionale per i crimini contro l’umanità, con tutte le sue difficoltà di funzionamento. Ma verrà dopo. Credo che, grazie alle parole soprattutto dei Presidenti Napolitano e Ciampi, dovremmo aver finalmente capito che la Resistenza è un valore di tutti. Non deve essere usata da una parte contro un’altra; e – aldilà delle differenze di contesto – non si può trattare in modo diverso la resistenza vietnamita che vi è stata a suo tempo dalla resistenza ucraina di oggi». «Non vorrei che si stesse trasformando in un partito per coordinare la vita politica del Paese; ha già un compito importante: ricordare la Resistenza, la Liberazione e la Costituzione che è nata da esse e per chiedere che quella Costituzione venga attuata». Alla commemorazione del 25 aprile a Genova Lei è stato molto applaudito ma anche fischiato. Da chi e perché? «Preferisco le assemblee dibattute ai talk show per fare spettacolo o alle adunate oceaniche in cui tutti applaudono. Ma mi ha colpito la disinvoltura con cui chi fischiava metteva insieme il problema della guerra e l’incredibile mascherata dei no vax da ebrei sulla soglia delle camere a gas». C’è chi vorrebbe scegliere quali armi inviare. «Non mi piace l’idea di scegliere i mezzi non letali, ammesso che nelle armi possano esistere. Anche perché dipende da come si usano le armi per stabilire se sono letali o meno. Il parlamento italiano come quello europeo non hanno dato un’indicazione limitativa al ricorso alle consuetudini internazionali di solidarietà con l’aggredito. Nel momento in cui dai un aiuto non puoi scegliere tu cosa con esso possa fare. L’essenziale è che l’aiuto non si divenga una co-belligeranza». Si teme che questo invio scateni una guerra contro di noi. «Proprio per questo ed a maggior ragione occorre reagire ed aiutare chi è stato aggredito per primo; purtroppo è necessario prima di tutto difendere quest’ultimo». C’è chi pensa che la Costituzione alla luce di questi eventi non sia più attuale. È così? “Non è vero. I principi sono sempre attuali, fra cui il principio fondamentale della solidarietà che è strettamente collegato al principio di pari dignità delle persone come dei popoli. Semmai non è attuata». Il Papa dice di interrompere la spirale delle armi. Da cattolico, cosa ne pensa? «Mi convince moltissimo ma il suo discorso è su un altro piano. Non tiene conto della necessità di respingere, comunque e da subito, l’aggressore. Il Vangelo dice porgi l’altra guancia. Ma dice anche: il tuo parlare sia ‘sì- sì, no- no’, non ‘sì-ma’ o ‘sì-però”. Ma è stata veramente tentata la trattativa? Non bisognerebbe far sedere tutti intorno al tavolo a cominciare da Putin e poi da Biden? «Per sedersi al tavolo bisogna essere in due. Difendere l’aggredito è il modo più semplice per cercare di costringere l’aggressore a trattare anche lui. A meno di costringere l’aggredito (cosa inammissibile) a cedere alla pretesa dell’aggressore. Vorrei ricordare le parole di un altro pontefice che ha aperto la strada a papa Francesco: Giovanni XXIII dell’enciclica Pacem in terris: non c’è pace senza giustizia. Semmai si tratta di invitare l’altro protagonista di fondo, Biden, a sedersi al tavolo con Putin per trattare i loro problemi. Ma ricordando Esopo: superior stabat lupus». 28 aprile 2022 (modifica il 28 aprile 2022 | 22:50) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-28 20:50:00, Per il presidente emerito della Corte Costituzionale «È chiaro che la Russia è l’aggressore», «La Carta vieta la guerra ma a fini di pace consente la limitazione di sovranità attraverso associazioni come la Nato». «Putin e Biden siedano per trattare», Virginia Piccolillo