Forbito, una pulizia elegante su cui è facile scherzare senza fare i furbi

Seguendo i rami di questa infinita eleganza si incontrano tante sorprese e non solo sulle origini. Parola antica e raffinata, forbito si presenta come un raro aggettivo per palati esigenti, non fa parte del nostro vocabolario di base, ma ha tante storie da raccontare.

Da un verbo famoso. Cominciamo dalla sua origine, indissolubilmente legata al verbo forbire: come ci ricorda autorevolmente l’Accademia della Crusca Forbire deriva a sua volta dall’antico germanico *furbjan, letteralmente “pulire, lucidare (detto delle armi)”, da cui si hanno anche il medio alto tedesco frben, il francese fourbir, e il provenzale e il catalano forbir, tutti con il significato di “lustrare, lucidare”. Il nostro forbito il participio passato di questo verbo e considerata la potenza con cui fotografa la caratteristica che descrive si imposto nel suo ruolo di aggettivo.

Una speciale pulizia. Nessun dubbio sul significato che dall’originale lucido, terso, conquista presto un significato figurato per descrivere l’eleganza. Non si ferma ad una semplice definizione di pulizia, certamente non si accontenta della mancanza di macchie. Portandosi dietro il significato originale del verbo da cui deriva (ricordate la pulizia delle armi?) si impone proprio per il significato di nitido, puro, lucido. E quindi nella sua estensione figurata, non solo l’aggettivo per definire una semplice eleganza ma vuole aiutarci raccontare qualcosa (o qualcuno) raffinato, ricercato, accurato, perfino lezioso.

Una estensione da studiare. Grazie ad un approfondimento della linguista Sara Giovine, nel 2019, l’Accademia della Crusca ha indagato questo prezioso participio: Per estensione, forbito pu poi riferirsi non solo a un linguaggio o a uno stile, ma anche a una persona, in particolare per indicare “chi parla o scrive con eleganza e accuratezza formale, in modo ricercato” (per esempio “un oratore forbito”; ma l’aggettivo pu essere impiegato anche con la preposizione in, nella costruzione essere forbito nel parlare / nello scrivere) o “chi ha modi compiti e garbati; persona educata, distinta” (per esempio “un giovane forbito / dai modi forbiti”). Si tratta tuttavia di significati che, per quanto non ancora del tutto usciti dall’uso, vengono oggi impiegati prevalentemente in senso ironico, per indicare chi affetta eccessiva eleganza e ricercatezza nel parlare, nello scrivere, o anche nel comportarsi, o per caratterizzare, altrettanto ironicamente, il linguaggio ricercato usato da tali persone: una simile sfumatura ironica si pu del resto riconoscere nella maggior parte delle attestazioni dell’aggettivo forbito riscontrate nei quotidiani.

Torniamo indietro. Ricordate come uno dei padri del nostro forbire sia stato individuato nel francese fourbir con il significato di lustrare, lucidare. In francese ha generato in modo intrigante il fourbe ladro, ingannatore. Con un capitombolo etimologico arriviamo al nostro furbo. ancora l’Accademia della Crusca a guidarci: furbo probabilmente un gallicismo, il cui etimo la voce gergale francese fourbe “ladro, ingannatore”, a sua volta dal verbo fourbir “nettare (le tasche)”. Insomma il ladro che riesce a svuotarci le tasche senza che ce ne accorgiamo un furbo.

Quell’accezione negativa. Insomma il significato di cavarsi di impaccio con tutti i mezzi, anche quelli meno leciti, legato fin dalle origini a questa parola, cos vicina ad altre come astuto e smaliziato che hanno per una connotazione meno negativa. Ci spiega Paolo D’Achille, sempre per l’Accademia della Crusca: Tra astuto, furbo e scaltro quello pi connotato in senso negativo furbo, che ha prodotto anche un maggior numero di derivati (furbesco, come era definito anticamente il gergo della malavita) e alterati di uso comune: furbone, furbacchione, furbastro, furbino (settentrionale) e il pi recente (di base regionale romana/laziale) furbetto, che stato “lanciato” alcuni anni fa nell’espressione furbetto del quartierino (cfr. Valeria Della Valle, Furbetto (del quartierino), in “Lid’O. Lingua italiana d’oggi”, III, 2006, pp. 149-151) e ha avuto molta fortuna sui giornali, tanto da fungere da modello per altre simili: dai furbetti del cartellino (gli impiegati pubblici che si assentano dal posto di lavoro dopo aver timbrato la scheda che li attesta presenti) ai furbetti del reddito di cittadinanza (che hanno ottenuto il sussidio a cui non avevano diritto) fino ai recentissimi furbetti del bonus Covid.

Benedette digressioni. Essere ruzzolati dall’eleganza del forbito all’immoralit del furbo, ci consente una benedetta digressione, ricordando il primo capitolo del Codice della vita italiana, la raccolta di aforismi di Giuseppe Prezzolini, pubblicato nel 1921 da La Voce.
1. I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi.
2. Non c’ una definizione di fesso. Per: se uno paga il biglietto intero in ferrovia, non entra gratis a teatro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente nella magistratura, nella Pubblica Istruzione ecc.; non massone o gesuita; dichiara all’agente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci, ecc. questi un fesso.
3. I furbi non usano mai parole chiare. I fessi qualche volta.
4. Non bisogna confondere il furbo con l’intelligente. L’intelligente spesso un fesso anche lui.
5. Il furbo sempre in un posto che si meritato non per le sue capacit, ma per la sua abilit a fingere di averle.
6. Colui che sa un fesso. Colui che riesce senza sapere un furbo.
7. Segni distintivi del furbo: pelliccia, automobile, teatro, restaurant, donne.
8. I fessi hanno dei principi. I furbi soltanto dei fini.
9. Dovere: quella parola che si trova nelle orazioni solenni dei furbi quando vogliono che i fessi marcino per loro.
10. L’Italia va avanti perch ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi che non fanno nulla, spendono e se la godono.
11. Il fesso, in generale, stupido. Se non fosse stupido avrebbe cacciato via i furbi da parecchio tempo.
12. Il fesso, in generale, incolto per stupidaggine. Se non fosse stupido, capirebbe il valore della cultura per cacciare i furbi.
13. Ci sono fessi intelligenti e colti, che vorrebbero mandar via i furbi. Ma non possono: 1) perch sono fessi; 2) perch gli altri fessi sono stupidi e incolti, e non li capiscono.
14. Per andare avanti ci sono due sistemi. Uno buono, ma l’altro migliore. Il primo leccare i furbi. Ma riesce meglio il secondo che consiste nel far loro paura: 1) perch non c’ furbo che non abbia qualche marachella da nascondere; 2) perch non c’ furbo che non preferisca il quieto vivere alla lotta, e la associazione con altri briganti alla guerra contro questi.
15. Il fesso si interessa al problema della produzione della ricchezza. Il furbo soprattutto a quello della distribuzione.
16. L’Italiano ha un tale culto per la furbizia, che arriva persino all’ammirazione di chi se ne serve a suo danno. Il furbo in alto in Italia non soltanto per la propria furbizia, ma per la reverenza che l’italiano in generale ha della furbizia stessa, alla quale principalmente fa appello per la riscossa e per la vendetta. Nella famiglia, nella scuola, nelle carriere, l’esempio e la dottrina corrente – che non si trova nei libri – insegnano i sistemi della furbizia. La vittima si lamenta della furbizia che l’ha colpita, ma in cuor suo si ripromette di imparare la lezione per un’altra occasione. La diffidenza degli umili che si riscontra in quasi tutta l’Italia, appunto l’effetto di un secolare dominio dei furbi, contro i quali la corbelleria dei pi si andata corazzando di una corteccia di silenzio e di ottuso sospetto, non sufficiente, per, a porli al riparo delle sempre nuove scaltrezze di quelli.

Conclusione. Se leggendolo, vi capitato di pensare che Giuseppe Prezzolini un secolo fa parlasse con precisione e linguaggio forbito proprio di noi e di una infinit di persone che conosciamo, mettetevi comodi: esattamente cos.

28 novembre 2023 (modifica il 28 novembre 2023 | 19:11)

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