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Stop a ChatGPT finché non rispetterà la disciplina privacy. Il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto, con effetto immediato, la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAI, la società statunitense che ha sviluppato e gestisce la piattaforma ChatGPT. Nel provvedimento, il Garante per la privacy rileva la mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI, ma soprattutto l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali, allo scopo di “addestrare” gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma.
Nel giro di soli tre mesi, dal lancio di GPT-3 di OpenAI, i modelli di software conversativi (o conversazionali, come alcuni dicono), hanno avuto uno sviluppo iperbolico, suscitando l’interesse e la competizione tra le maggiori aziende hi-tech, da Microsoft a Google. Tanto da generare un vero e proprio dibattito all’interno della scuola. Perché se è vero che l’uso strumentale dei chatbot da parte degli studenti (per copiare, per esempio) è altamente dis-educativo e va evitato, è meglio che a scuola se ne insegni l’uso corretto e consapevole, dato che la diffusione di tali strumenti è irreversibile, e in un futuro ormai prossimo molte attività saranno svolte da applicazioni dell’intelligenza artificiale.
Peccato che proprio ChatGPT, il più noto tra i software di intelligenza artificiale relazionale in grado di simulare ed elaborare le conversazioni umane, lo scorso 20 marzo abbia però subito una perdita di dati (data breach) riguardanti le conversazioni degli utenti e le informazioni relative al pagamento degli abbonati al servizio a pagamento.
Come peraltro testimoniato dalle verifiche effettuate, le informazioni fornite da ChatGPT non sempre corrispondono al dato reale, determinando quindi un trattamento di dati personali inesatto. Da ultimo, nonostante – secondo i termini pubblicati da OpenAI – il servizio sia rivolto ai maggiori di 13 anni, l’Autorità evidenzia come l’assenza di qualsivoglia filtro per la verifica dell’età degli utenti esponga i minori a risposte assolutamente inidonee rispetto al loro grado di sviluppo e autoconsapevolezza.
OpenAI, che non ha una sede nell’Unione ma ha designato un rappresentante nello Spazio economico europeo, deve comunicare entro 20 giorni le misure intraprese in attuazione di quanto richiesto dal Garante, pena una sanzione fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato globale annuo.
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