Gas, il tetto Ue funziona? Il prezzo scende sotto il livello pre-guerra. La rotta siberiana

forniture

di Fabio Savelli23 dic 2022

Gas, il price cap funziona? Prezzi scendono ai livelli pre-guerra, la rabbia di Mosca Norvegia, un soldato presidia lo stabilimento di Karst

Continua a scendere il prezzo del gas in Europa nella settimana dell’accordo sul price cap europeo. All’hub di riferimento Ttf, il contratto di gennaio si attesta a 82 euro per megawattora. Il prezzo si porta cos verso i livelli del 23 febbraio vigilia dell’invasione della Russia in Ucraina. La decisione dell’Ue fa inevitabilmente inalberare Mosca: dettata non dalla logica economica, ma dall’odio zoologico della Russia, basato sulla tesi maniacale che i russi siano responsabili di tutto, scrive in un messaggio via Telegram il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo ed ex presidente, Dmitry Medvedev.

una misura puramente volontaristica non di mercato, si legge nel messaggio, inoltre, stato adottato con un gran numero di riserve, che possono bloccarne l’applicazione. Pertanto non funzioner in modo serio, aggiunge. La Russia intende dirottare le sue forniture di gas dall’Europa verso altre aree del mondo, bench il mercato europeo resti rilevante, spiega il ministro all’Energia e vicepremier russo, Aleksandr Novak. Novak ha anche quantificato la riduzione della produzione petrolifera annunciata da Vladimir Putin in risposta al price cap europeo di 5-700mila barili giornalieri, e ha quindi detto che la produzione di idrocarburi sar dirottata verso i mercati dell’Asia-Pacifico, dell’Africa e dell’America Latina.

Le prospettive limitate di crescita a lungo termine del consumo di gas in un’Europa che si sta decarbonizzando avevano gi spinto la Russia a considerare luoghi di esportazione alternative all’Ue negli ultimi anni. Il reindirizzo in corso del gas naturale russo verso est potrebbe vedere, sul breve-medio termine, gli acquirenti di gas europei in competizione con la Cina, date le pi recenti infrastrutture dei gasdotti collegano i giacimenti di gas esistenti ai nuovi mercati di esportazione. Le attuali esportazioni di gas dalla Russia alla Cina attraverso il gasdotto Power of Siberia 1 sono alimentate da giacimenti di gas della Siberia orientale e la rotta dell’Estremo Oriente recentemente concordata (via Sakhalin) e anch’essa separata dalla rete europea del gas.

Tuttavia, il progetto di gasdotto Power of Siberia 2 cambier la prospettiva, fornendo a Gazprom la possibilit di alternare le esportazioni tra Europa e Cina e fornendo cos teoricamente alla Russia una significativa leva geopolitica, almeno per quanto riguarda l’Europa. Ma non sar pronto prima del 2026-2027. Nel 2025 si aggiunger anche una grande fornitura supplementare di gas naturale liquido (in particolare la gigantesca espansione del campo nord del Qatar) e allenter il mercato in modo significativo, diminuendo il potere negoziale di Mosca. Per questo Doha, nonostante gli ultimi scandali, diventata sempre pi centrale nello scacchiere internazionale.

la grande guerra delle materie prime. Cominciata ben prima del conflitto in Ucraina probabilmente perch Mosca si stava gi preparando all’invasione dell’Ucraina e ha cominciato a ridurre i flussi dei rubinetti diversi mesi prima. Per chiaro che anche da parte dell’Europa il decoupling, cio il disaccoppiamento dalle forniture russe, non cos immediato. Pensare di poter invece fare a meno del gas russo in un arco di tempo di 6-12 mesi appare velleitario non solo per l’impossibilit da parte dei Paesi europei di dotarsi in breve tempo di una capacit di rigassificazione in grado di compensare i circa 150 miliardi di metri cubi importati nel 2021 da Mosca (in quest’ottica l’unica via percorribile quella di aumentare la capacit dell’attuale impianti di gassificazione ferma oggi al 40-60%). Ma anche per la bassa capacit aggiuntiva di gas naturale liquefatto da parte degli altri fornitori come Usa e Qatar i quali non assisteranno a un reale aumento della capacit produttiva prima del 2025, come confermato da due distinte ricerche di Goldman Sachs e Bloomberg.

Segnala l’Ispi riavvolgendo il nastro dell’accordo a Bruxelles sul tetto al prezzo del gas che alla fine la maggioranza dei Paesi Ue si consolidata attorno alla proposta della presidenza ceca: un tetto a 180 euro a magawattora in caso di superamento della soglia per tre giorni consecutivi. Una soluzione decisamente pi “interventista” rispetto a quella suggerita dalla Commissione il mese scorso, che proponeva un limite di 275 €/MWh in caso di superamento per due settimane consecutive, assieme a uno scarto fra Ttf e GNL asiatico di 58 euro per dieci giorni: condizioni mai verificatesi, neppure nelle peggiori settimane di agosto. Ma il diavolo sta nei dettagli. 134 €/MWh la media dell’ultimo anno in assenza di un tetto, che sarebbe scesa a 128 €/MWh con il cap attuale. Una soluzione di compromesso, inevitabile per convincere i Paesi “prudenti”, timorosi di perdere volumi, anche di fronte alle minacce del Qatar. Tanto che la proposta contiene un’ulteriore concessione, che permette di sospendere il tetto in caso di “calo significativo” delle importazioni trimestrali di GNL o di un aumento del consumo di gas del 15% in un mese. In Europa intanto continuano le diffidenze: se mai ci sar una piattaforma di acquisto comune di gas europea, questa riguarder solo il 5% delle importazioni totali. Cos il 2022 rischia di terminare com’era cominciato: con un’Europa debole, costantemente sotto ricatto, e senza una bacchetta magica in tasca.

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