Genova, caso Alice Scagni: due poliziotti e un medico indagati per omissioni d’ufficio

di Giulia Mietta

La decisione dopo la denuncia della famiglia della ragazza (difesa dallo stesso avvocato del caso Cucchi) che fu uccisa il 1 maggio scorso dal fratello Alberto. «Un passo verso la verità». Secondo l’accusa le forze dell’ordine non sarebbero intervenute a difesa della giovane, nonostante le prolungate richieste di tutela

Due poliziotti e un medico della salute mentale sono indagati dalla procura di Genova per omissioni di atti d’ufficio e omissione di denuncia nell’inchiesta collegata a quella per l’omicidio di Alice Scagni, uccisa il 1° maggio scorso dal fratello, Alberto Scagni, davanti a casa della donna. «Signora, non facciamola tragica» era stata una delle risposte date dal centralino della questura ai genitori che, il giorno stesso, avevano chiamato la polizia per chiedere aiuto dopo alcune minacce ricevute dal figlio. «Per noi avere tre indagati equivale a un avanzamento verso la verità ma questa ci provoca ancora più dolore — dice Antonella Zarri, madre di Alice e Alberto — perché ci conforta sul fatto che la tragedia avrebbe potuto essere evitata».

Il dossier della Procura

Il fascicolo per omissione era stato aperto dalla procura di Genova quando i familiari di vittima e omicida, sentiti dalla squadra mobile e dai pm, avevano accusato la polizia e il centro di salute mentale dell’Asl 3 di non aver preso sul serio diversi campanelli d’allarme. «Lo sai stasera dove sono Gianluca e tua figlia? Se non trovo i soldi sul conto tra 5 minuti, lo sai dove cazzo sono?», aveva urlato Alberto Scagni, 42 anni, al padre. Motivo per cui era stato chiamato il numero d’emergenza. La polizia aveva risposto agli Scagni che in quel momento non c’erano volanti disponibili e che se la minaccia non era immediata non potevano inviare nessuno.

Le critiche

Non solo la telefonata al 112 il giorno del delitto ma anche l’incendio appiccato poche ore prima alla porta di casa della nonna. Il giorno successivo all’omicidio avrebbe inoltre dovuto svolgersi una visita medica di Scagni per avviare un percorso di cura presso l’igiene mentale. «Adesso vogliamo essere riconosciuti come parte offesa — continua Antonella Zarri — e poter avere accesso alla carte, finora abbiamo saputo tutto attraverso i giornali, inoltre vogliamo poter fare ascoltare le registrazioni delle telefonate alla polizia e le risposte che ci sono state date». Anche sui tempi i familiari di Alice e Alberto Scagni — assistiti da Fabio Anselmo, già legale della famiglia Cucchi — sono critici: «Sei mesi ragionare su ciò che era lapalissiano già a giugno per noi è comunque molto un periodo di tempo molto lungo».

14 novembre 2022 (modifica il 14 novembre 2022 | 15:28)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-11-14 14:28:00, La decisione dopo la denuncia della famiglia della ragazza (difesa dallo stesso avvocato del caso Cucchi) che fu uccisa il 1 maggio scorso dal fratello Alberto. «Un passo verso la verità». Secondo l’accusa le forze dell’ordine non sarebbero intervenute a difesa della giovane, nonostante le prolungate richieste di tutela, Giulia Mietta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Exit mobile version