Giacomo Ratto, il portiere giramondo è alle Maldive dopo Mongolia, Zimbabwe e Nicaragua

di Pierfrancesco Catucci

Originario di Varese, dopo qualche anno tra le serie minori italiane, ha cominciato un vero e proprio «pellegrinaggio sportivo» in giro per il globo: «Ora mi godo il mare»

Ha una pagina Wikipedia (in inglese, in italiano no), la sezione «trasferimenti» della pagina di transfermarkt a lui dedicata è un lenzuolo colorato di nomi strani e bandiere di tutto il mondo e nel profilo del Nilandhoo, l’ultima squadra che l’ha tesserato, c’è solo un nome tra i giocatori: Giacomo Ratto da Varese, anni 36, ruolo portiere, proveniente dall’Eydhafushi, un club vicino di… atollo.

Siamo alle Maldive, il paradiso terrestre che ha da poche settimane rinnovato il contratto a Checco Moriero (ex ala di Roma, Inter e Napoli e allenatore del Lecce) come commissario tecnico della Nazionale e che ha ospitato altri calciatori italiani (tra cui il vicentino Giacomo Favero). E Ratto non è in vacanza, nonostante le foto sui social mostrino una pelle particolarmente abbronzata: «Mi godo il mare nel tempo libero» racconta in un’intervista al Giorno. Lui, il portiere giramondo tifoso del Torino («come mio nonno») e del Deportivo La Coruna, è arrivato alle Maldive un mese fa dopo anni di «pellegrinaggio sportivo» tra Malta, Panama, Nicaragua, Fiji, Svizzera, Zimbabwe, Mongolia, Grecia e Islanda. Poche settimane con la maglia dall’Eydhafushi e il trasferimento al Nilandhoo con cui parteciperà alla FA Maldives Orth , Central & South League, il torneo in tre fasi che qualifica alla Premier League, il massimo campionato dell’arcipelago dell’Oceano indiano.

«Nilandhoo era in Premier nel 2020 e si era salvato — spiega il portiere — ma mi hanno spiegato che la Federazione ha retrocesso le due squadre degli atolli in automatico, spiegando che dalla stagione successiva avrebbero dovuto qualificarsi con questo nuovo format. C’è molta politica nel calcio qui». È il prezzo da pagare per poter smaltire le fatiche dell’allenamento in un mare da favola: «Non si gioca in spiaggia, ma quasi. E, finito l’allenamento, mi sposto di dieci metri e posso tuffarmi con tramonti incredibili come sfondo».

Ma come si arriva a giocare alle Maldive? «Come ci finiscono ogni anno calciatori spagnoli, brasiliani, africani. Tramite un agente che lavora sul mercato asiatico ho scelto di firmare con Club Eydhafushi. Dopo aver vinto il gruppo A, l’allenatore della mia attuale squadra ha chiamato il mio ex tecnico per sapere se fosse possibile un transfer. Siccome il terzo turno si giocherà nel 2023 e il mercato era aperto, si è trovato un accordo tra club e poi con me. Il livello del campionato? Ci sono giocatori con un talento naturale incredibile ma indisciplinati tatticamente. Varia da squadra a squadra…». E non parla di soldi: «Mi pagano per giocare, ma sono affari miei».

Sicuramente, però, ha ritrovato il caldo, dopo le temperature artiche della Mongolia, nella capitale Ulan Bator (primo italiano a giocare in quel campionato). «Città carina, abbastanza moderna — aveva raccontato qualche anno fa — e poi a me piace la storia, quindi voglio visitare anche i musei. Solo che ho fatto il primo allenamento e mi sono ammalato: bronchite». Divideva l’appartamento con due russi e un marocchino e ci aveva messo un po’ ad ambientarsi: «C’è da stare attenti qua». Anche perché le temperature scendevano fino a -25°C, tanto da costringerlo a chiedere di anticipare gli allenamenti di qualche ora: «A livello professionistico siamo distanti anni luce da altre realtà — raccontava — il campionato mongolo è simile a quello delle Fiji, forse leggermente meglio. Lì c’era un allenatore incompetente e presuntuoso che ci faceva allenare soltanto con la partita».

E per un soffio non ha giocato la Champions League asiatica: «Ho avuto sfiga. Ero andato alle Fiji, ma il club aveva sbagliato a chiedere il transfer per cui non è arrivato in tempo e non potevo giocare. Una parentesi buttata via». Poi anche il Nicaragua: «Ci sono arrivato con l’agente che mi aveva portato anche un’offerta dal Costa Rica. A Panama avevo contattato l’allenatore dei portieri. Cerco sempre di bussare a più porte possibili, qualcuna prima o poi si apre». E, da un giorno all’altro ti ritrovi dal Centroamerica all’Africa: «È il continente più bello di tutti. Perché ti cambia a livello umano, è difficile da spiegare: tutti sorridono, anche se non hanno niente. È un’esperienza unica. Io poi cerco di portarmi dietro un pizzico di tutte le culture calcistiche e di vita quotidiana che incontro… Ogni posto vive e interpreta il calcio in maniera diversa. E poi mi porto le magliette delle squadre dove ho giocato, è un ricordo che mi piace avere con me».

27 ottobre 2022 (modifica il 27 ottobre 2022 | 12:07)

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, 2022-10-27 10:07:00, Originario di Varese, dopo qualche anno tra le serie minori italiane, ha cominciato un vero e proprio «pellegrinaggio sportivo» in giro per il globo: «Ora mi godo il mare», Pierfrancesco Catucci

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