Giorgio Lauro: «A scuola mi bocciarono, ma in radio sono un secchione. Ho percorso l’Italia a piedi»

di Elvira Serra

Il conduttore di «Un giorno da pecora»: «Adoro Pupi Avati». Geppi Cucciari? «Con lei intesa perfetta. Ma è ritardataria». Le fidanzate: «Ho avuto tre relazioni di almeno cinque anni. Mai con una politica. Chiara Gamberale mi ha dedicato un libro»

Ultimo piano dietro Campo de’ Fiori, a Roma. Quattro scale senza ascensore, un terrazzo verde con un’elegantissima vite, l’ibiscus, il cactus, la palma, un limone che l’anno scorso ha fruttato dieci bottiglie di limoncello, e, naturalmente, l’alloro, in onore del padrone di casa. Giorgio Lauro, camicia candida, accoglie la cronista a disagio: le domande preferisce farle, soprattutto quelle scomodissime che hanno trasformato il programma radiofonico Un giorno da pecora nella «Quarta Camera» (dopo quella dei Deputati, il Senato e Porta a Porta).

L’ultima volta che è stato alle Seychelles?
«Dieci anni fa».

Non vivono lì suo padre e sua sorella?
«Sì, ma nel frattempo loro sono venuti spesso in Italia. La prima volta ci sono andato a 14 anni, da solo. L’anno della maturità rimasi tre mesi e persi l’iscrizione all’Isef, così virai su Lettere o Lingue, non ricordo: ho seguito solo un corso sul Faust. Ero nella confusione più totale».

L’ultima volta che è stato a Milano?
«A settembre, due volte. Una per votare, l’altra per il Memorial Tullio Lauro, dedicato a mio zio. Aveva portato la squadra di basket femminile di Villasanta in A2. È mancato nel 2000 e lo ricordano ancora: bello, di questi tempi».

È stato una figura importante, per lei.
«Come un padre. Nel mio necrologio scrissi: grazie per tutto quello che mi hai insegnato. Mi dicono che ci somigliamo tantissimo. Abbiamo lavorato insieme ai Giganti del basket, a Lombardia 7. A lui devo la passione per il mestiere».

Un altro mentore: Sergio Ferrentino.
«A Radio Popolare, dov’era una colonna e aveva messo insieme quella che sarebbe diventata la Gialappa’s. Io arrivavo la domenica sera e montavo tre minuti del meglio e del peggio di Tutto il calcio minuto per minuto: mi pagavano 25 mila lire a puntata. Lui mi ha insegnato a fare la radio e l’importanza degli ascoltatori».

Claudio Sabelli Fioretti: il terzo mentore.
«Lavoravamo a Caterpillar, su Radio 2, ed è stato innamoramento. Un giorno mi chiama: “Pensavo di andare a piedi a Roma”. Replico: “Vengo anch’io”. Partiamo da Lavarone, in Trentino, per arrivare 33 giorni dopo a Vetralla. Da quel viaggio è nato il libro A piedi. Ho mille ricordi. Indossavamo le magliette con scritto 5 all’ora, ogni tanto si aggiungevano sconosciuti».

Oggi quanti passi fa al giorno?
«Almeno diecimila. E se sono indietro, li finisco a casa, da una stanza all’altra. C’è un’app che ti dà dei soldi se li fai tutti».

Da quanto non sente Sabelli Fioretti?
«Da un po’. Le grandi passioni è difficile viverle a lungo. A un certo punto si è stufato del programma, io invece sono un tipo ossessivo».

Ricorda la vostra prima puntata insieme?
«Una delle prime era dopo la strage di Viareggio e fu complicato trovare il registro giusto».

Lo avete cambiato anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina.
«Lì è il solito grande dibattito: continui o ti fermi? Quando scoppiò la pandemia, per due giorni non siamo andati in onda. Dopo arrivò l’input di Fabrizio Salini di fare un programma che intrattenesse gli italiani a casa».

Un pregio e un difetto di Sabelli Fioretti.
«Il pregio è che non si prende sul serio: è un bambino di 70 anni che ha voglia di fare cose divertenti per il gusto di farle. Il difetto è che si annoia, ha sempre bisogno di cose nuove».

E Geppi Cucciari?
«Quando mi proposero il suo nome, dopo Claudio, dissi subito che era perfetta. Ha la velocità di Chiambretti, un talento sconfinato, mi ci trovo benissimo. Le cose migliori sono quelle che improvvisiamo. Il suo difetto: è ritardataria. E poi non le interessa troppo la politica».

Sua mamma l’ascolta?
«Sì, e mi manda i pollicioni: 1-2-3 a seconda di quanto le è piaciuto. Io andavo malissimo a scuola, giocavo a basket (nelle giovanili della Olimpia Milano, ndr) e lei non veniva mai a vedermi. Invece nel lavoro sono diventato un secchione, pare sia orgogliosa».

Da voi i politici fanno le cose più assurde: Monica Cirinnà il bagno nel Maalox.
«Avevo preso una piscinetta da Decathlon e decine di confezioni di Maalox. Ora la renziana Raffaella Paita ci ha promesso che se dovesse andare al governo con la Meloni si tinge i capelli di verde».

Con la nuova premier ha condotto cinque puntate di «Un giorno da pecora».
«A gennaio 2015, Claudio era malato. La settimana dopo condussi con Matteo Salvini, Andrea Romano, Stefania Pezzopane. Giorgia Meloni ha velocità, è sveglia. Le ho detto che quando smette di fare quel lavoro inutile della politica può venire a condurre».

Verrà adesso, da presidente del Consiglio?
«Come ospite lo ha promesso. Ma sarebbe perfetta anche come conduttrice, è talmente brava che lo farebbe meglio di quanto possa riuscire a fare la premier. Quando nel suo libro ha raccontato di sentirsi fuori posto, insicura, per via dell’assenza del padre, le scrissi che mi ci ero ritrovato. Mi rispose che è per quello che andavamo d’accordo».

È tornato a votare dopo anni di astensione.
«Senza dire per chi, sentivo di doverlo fare. I politici sembrano bambini. Non è che ogni volta che hai un’idea diversa fondi un partito nuovo!».

È colpa vostra se il governo Draghi è caduto?
«Senza volerlo. Domenico De Masi ci raccontò che Draghi parlava male di Conte con Grillo».

A Draghi avete «bruciato» anche il Quirinale.
«La moglie aveva detto al suo barista che era preoccupata perché dovevano andare al Quirinale e non avrebbero potuto più fare le vacanze. Se lui ci odia, ne ha tutto il diritto».

Meglio un altro scudetto al Milan o D’Alema e Boschi insieme in trasmissione?
«A Maria Elena Boschi l’ho ripetuto anche al Premio Biagio Agnes: sarebbe perfetta! Chi ha un’immagine seria, da noi ne esce benissimo. Schifani ha cantato Vasco Rossi, per dire. Però sulla fede non si scherza: Milan sempre».

Perché D’Alema non vuole venire?
«Quelli che non vengono ci considerano una trasmissione di basso livello, poco seria. Ma spesso dipende dai portavoce, dagli uffici stampa. Chi viene, poi impazzisce: Minniti ci ha raccontato le barzellette, Padoan le liti con i vicini».

Calenda prima era un habitué.
«Forse si è offeso perché nella sigla avevamo messo il suo audio in cui diceva che non si sarebbe mai candidato a sindaco di Roma».

Se ha il raffreddore chiama Crisanti, Bassetti o Pregliasco?
«Piuttosto che chiedere un favore muoio».

Farete anche questo Natale una hit con loro?
«Il mio sogno è un tormentone estivo con i politici, che registrano il loro pezzo dal mare».

Avete creato dei mostri. Uno è Gasparri.
«Gasparri è un poeta».

Ha presentato una proposta di legge per riconoscere la capacità giuridica del nascituro.
«È la terza volta che ci prova! Lui ci tiene tanto all’Ode al campionato che fa da noi ogni lunedì. Ce la mandava anche ad agosto, quando il programma non era ancora ripartito».

Perché il Divino Otelma non c’è più?
«Durante il lockdown lo avevamo sospeso, perché non avevamo più gli ospiti in studio, ma 5 o 6 da remoto. Era anche un po’ indelicato chiedere un vaticinio in quel momento. Poi lui non ha più voluto. Sarà offeso, come Calenda».

L’ospite che l’ha emozionata di più?
«Pupi Avati. Ho una cotta per lui. Quando Geppi ha dovuto prendersi una pausa per il tour teatrale volevo convincerlo a condurre con me».

Orgoglioso dei tre voti presi al Quirinale?
«È il segno massimo del degrado nel nostro Paese. Non ho la certezza di chi mi abbia votato: il numero di chi si è fatto avanti è superiore a quello dei voti che ho preso».

Cosa ci fa nei ringraziamenti di Chiara Gamberale in «Avrò cura di te»?
«Siamo amici, è una persona che stimo molto. E comunque le è sfuggito che mi ha anche dedicato un libro: Quattro etti d’amore, grazie».

Mai una fidanzata. Di cui si sappia.
«Ho avuto tre relazioni di almeno cinque anni. Non sono uno cui piace parlare del suo privato, non è che lo nascondo».

Esce con le politiche?
«Una me lo ha chiesto. Ma si può immaginare quanta voglia avessi di farmi vedere in giro».

Come si reagisce quando un ospite chiede in diretta a chi interessa se cade un ponte?
«Con Oliviero Toscani reagimmo abbastanza bene e in fretta, sia io sia Geppi. Il punto è che l’intervistatore non può essere responsabile di quello che dice l’intervistato. Quando fai un programma come il nostro sei sull’ottovolante».

A Berlusconi, nel 2013, tentò di mettere le manette. Oggi cosa gli farebbe trovare?
«Quella volta mi consigliò un posto per il trapianto dei capelli: come può vedere, non gli ho dato retta. Oggi gli farei trovare un biglietto di sola andata per una meta lontana: “Scappa, non lo diciamo a nessuno!”».

L’ultima volta che ha pianto?
«Piango sempre, anche se a una serie tv due si lasciano! Ho pianto tanto quando Tamberi alle Olimpiadi ha vinto la medaglia e si è guardato con Jacobs. E poi per lo scudetto del Milan».

Come comincia la giornata?
«Sveglia alle 7-7.10, alle 7.30 leggo i quotidiani. Nell’ordine: la Gazzetta dello Sport, il Fatto, il Corriere della Sera, il Giornale, Libero e Repubblica. Poi mi confronto con la nostra autrice Rachele Brancatisano, colonna del programma».

Il talk politico più bello?
«Quello di Lilli Gruber. Poi Formigli. Li guardo tutti: senza My Sky sarei perso. Gliel’ho detto, sono secchione. Sono stato bocciato un anno allo scientifico, ho lacune enormi. Almeno sull’attualità voglio essere preparato».

Perché non va mai ospite da nessuno?
«Non andrei nemmeno al mio programma in radio, se mi invitassero. Figuriamoci in tivù…».

2 novembre 2022 (modifica il 2 novembre 2022 | 07:40)

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, 2022-11-02 07:16:00, Il conduttore di «Un giorno da pecora»: «Adoro Pupi Avati». Geppi Cucciari? «Con lei intesa perfetta. Ma è ritardataria». Le fidanzate: «Ho avuto tre relazioni di almeno cinque anni. Mai con una politica. Chiara Gamberale mi ha dedicato un libro», Elvira Serra

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