di Valerio Cappelli
L’agente buono e il cattivo in «The Gray Man»: film che diventerà saga. Dal 22 luglio disponibile sulla piattaforma di streaming Netflix
È il film di una spia che spia una spia. Nella a Bangkokscena iniziale, , Ryan Gosling, agente che lavora nella zona grigia e fa il lavoro sporco, è intrappolato in una piazza dove volano corpi umani, auto, ponti, grattacieli. Esplosioni di lanciarazzi, scontri che nemmeno nei videogiochi (i fratelli registi Anthony e Joe Russo vengono da «Avengers»), combattimenti al cardiopalma «esagerati» distesi su tre quarti del film che metterebbero a dura prova il mercenario più esperto, iper realismo e iper violenza con uso di armi che Putin invidierebbe assai. Una scena action a Praga dura mezz’ora, un compendio di effetti speciali… «Sono stati dieci giorni di spazi e esplosioni, avevamo una montagna di attrezzature, è stato caos puro», dicono i registi.
The Gray Man è il film più costoso di Netflix, 200 milioni di dollari. Una troupe di mille persone. È disponibile dal 22 luglio e in cinema selezionati da ieri. Diventerà un franchise , una saga: «Abbiamo tante storie da raccontare su questo personaggio», dicono i Russo. L’incontro affollato avviene su Zoom con undici tra attori e comprimari che parlano e scherzano tra loro, e al protagonista, Ryan Gosling, che già di suo è poco loquace, toccano appena due domande a cui risponde così: «Ho fatto molto training, arti marziali, corsa; ti prepari in modo diverso tra parti ironiche e d’azione, dipende dai registi, loro sono cool». Aveva detto: «Quell’agente già mi manca, sarebbe bello tornare nei suoi panni. È il film che avrei amato da giovane, spingendomi a diventare attore». Concepito a tavolino, è stato girato tra Stati Uniti, Francia, Thailandia, Austria, Azerbaigian… E Netflix ha abbonati in 190 Paesi.
La trama è breve: Gosling deve recuperare un medaglione con dentro una pennetta Usb con dati sensibili su armi di un Paese straniero. C’è il lavoro sporco della Cia con i suoi «uomini grigi», agenti sotto copertura, si strizza l’occhiolino a James Bond. Dopo il passo leggero di La La Land e in attesa di vederlo in versione bambola come Ken accanto alla Barbie di Margot Robbie, Gosling è un James Bond 2.0. Eguale all’originale come capacità d’azione, per i rimandi del suo soprannome (Sierra Six, la cifra richiama 007), per un po’ d’ironia. Ed è un agente, ma non di Sua Maestà: della Cia.
È un ex galeotto, sicario a pagamento assoldato dal supervisore dell’agenzia in pensione Billy Bob Thornton (si presenta all’incontro con le braccia scoperte tutte tatuate) che ha una nipotina malata di cui avrà cura Ryan. «Sono un eroe analogico in un mondo digitale». L’antagonista è il collega rivale Chris Evans (Captain America), il villain psicopatico a cui altri assassini in adorazione sembrano bisbigliare «Oh Captain, mio Captain». Evans, mentendo, accusa di tradimento Gosling (che ha la colpa di scoprire i giochi sporchi della Cia), affiancato da Regé-Jean Page, il bel duca di colore in «Bridgerton».
Si scatena una caccia all’uomo a cui partecipano i più feroci assassini di mezzo mondo. Ryan, in questa partita a scacchi tra la spia buona (lui) e la spia cattiva (Evans), può contare solo su se stesso e sulla collega Ana de Armas, benché il cognome non deponga a suo favore: «Non sono una Bond Girl ma è giusto che le donne abbiano ruoli nei film d’azione». Il buono e il cattivo: manca il brutto. Per i registi «è un film attuale, Gray è il prodotto di un periodo politico complesso che si ribella contro il sistema». Cosa manca di 007 (dunque di Sean Connery)? Il Vodka Martini «agitato, non mescolato», l’eleganza sofisticata, il tocco glamour.
13 luglio 2022 (modifica il 13 luglio 2022 | 21:41)
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, 2022-07-13 19:41:00, L’agente buono e il cattivo in «The Gray Man»: film che diventerà saga, Valerio Cappeli