Guerra in Ucraina, i populisti spiazzati da Draghi ma non placati

di Massimo FrancoConte continua a punzecchiare Draghi sulla questione delle armi in Ucraina mettendo in tensione il rapporto con Letta Dopo le parole dette a Washington durante e dopo i colloqui col presidente Usa Joe Biden, dovrebbe essere difficile per M5S e Lega continuare ad attaccare Mario Draghi. La caricatura strumentale di un premier pronto solo ad assecondare le richieste della Nato e di aiuti militari da parte dell’Ucraina, senza porsi il problema della pace, ha ricevuto una netta smentita. Semmai, emerge con chiarezza che solo il capo di un governo affidabile per il suo atlantismo poteva parlare agli Stati Uniti rivendicando il ruolo dell’Europa nella ricerca di un dialogo. Quando il 19 maggio si presenterà al Parlamento per riferire sull’aggressione militare della Russia all’Ucraina, Draghi si troverà in una posizione di maggiore forza: in Europa e in Italia. Ma il populismo, per quanto spiazzato, non appare placato. Gli attacchi velenosi del leader grillino Giuseppe Conte mostrano un’ostilità marcata, per motivi forse non solo politici. Ancora ieri, Conte ha assicurato di non volere una crisi di governo, continuando però a polemizzare. Il declino nei sondaggi, e non solo, sembra spingere M5S e Lega su posizioni estremiste. È un atteggiamento che complica di riflesso i rapporti tra il segretario del Pd, Enrico Letta, filo-Ue e leale con la Nato, e il capo grillino. La loro volontà di non spezzare il dialogo nasce da un interesse comune, soprattutto elettorale. Sia Cinque Stelle, sia Pd sono a corto di alleanze. E il Movimento sa di essersi ridotto a un terzo rispetto al 2018, e non solo nei sondaggi. Ma sa anche di offrire al partito di Letta voti che in alcune zone del Sud, grate per il reddito di cittadinanza, potrebbero rivelarsi preziosi. È la ragione principale per la quale si tiene in vita un asse considerato rischioso, oltre che controverso. L’altra è che un pezzo del Pd continua a rimpiangere l’esecutivo col M5S guidato da Conte tra il 2019 e il febbraio del 2021, quando è nato il governo di unità nazionale di Draghi. È un’ostilità che incrocia quella di grillini e Lega, scaricandosi su Palazzo Chigi. E finisce per sottolineare le ambiguità sul conflitto provocato da Vladimir Putin, inserendo un cuneo tra Letta e Conte. L’invasione dell’Ucraina ha accentuato le tensioni; e risucchiato settori della coalizione di governo verso un antiamericanismo che non si registrava da tempo. Il premier è stato scelto come simbolo di una lealtà atlantica e di una fermezza da mettere sotto accusa con l’intero Occidente. Draghi, reduce da colloqui americani non facili, ha spiegato che «non bisogna cercare un ruolo ma la pace»; e messo in guardia sia Washington che gli alleati europei sui pericoli di una tregua imposta e non concordata con l’Ucraina. È la cornice nella quale inserire un possibile dopoguerra: sempre che in Italia tutto non venga ridotto a pretesto polemico. 11 maggio 2022 (modifica il 11 maggio 2022 | 21:17) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-11 19:18:00, Conte continua a punzecchiare Draghi sulla questione delle armi in Ucraina mettendo in tensione il rapporto con Letta, Massimo Franco

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