I 5 Stelle divisi al Senato, Conte mette nel mirino l’ala più «governista»

di Emanuele BuzziSi annunciano espulsioni per chi voterà no al Dl Ucraina Bracci di ferro, espulsioni e fibrillazioni. Il Movimento prova a tirare le fila dopo lo scontro con il governo sull’aumento delle spese militari. Giuseppe Conte va a Palazzo Madama per incontrare i senatori. Cerca compattezza, ma il gruppo è diviso. Il leader «corregge» Palazzo Chigi e rivendica il fatto che sotto la sua guida la spesa per gli armamenti è passata «in 3 anni dall’1 al 1,4% del Pil», con Draghi invece «si chiede di passare subito al 2% in meno di due anni». Poi punta l’indice contro i dissidenti, soprattutto contro chi si è esposto a favore dell’incremento. Così, ragiona Conte, si mette in difficoltà il Movimento. L’ala contiana segue le orme del leader nella protesta. Nel mirino finiscono soprattutto tre esponenti della commissione Difesa — Giuseppe Auddino, Antonella Campagna e Daniela Donno — non presenti, ma collegati da remoto. «Ho solo detto che occorreva puntare sulla gradualità delle spese militari», dice Campagna secondo quanto raccolto dall’Adnkronos. Secondo ambienti vicini al presidente stellato, il gruppo è «tutto con il leader». I contiani, poi, festeggiano per le parole del ministro Guerini su una dilazione al 2028. «Grazie a noi il Paese risparmierà decine di miliardi», dice un big stellato. Ma al netto delle dichiarazioni, i senatori sono ancora spaccati . L’ala «dissidente» parla di «toni inaccettabili» da parte dei falchi contiani, sostiene che il leader con la sua manovra ha «perso in credibilità e affidabilità non solo in Italia, ma anche in ambito internazionale». E arriva a parlare con stima di Giorgia Meloni, «che si è dimostrata responsabile non mettendo ai voti l’odg sulle armi». «Conte — rimarca un parlamentare — dovrebbe capire che se Draghi può arrivare al 2% è perché c’è chi lo ha portato all’1,4% e come lui stesso ha sottolineato in molti Paesi Nato non c’è stato un aumento». La discussione, intanto, si sposta sul voto di fiducia sul Dl Ucraina . I senatori tirano un sospiro di sollievo: la spaccatura del gruppo è evitata. «Se fosse stata data indicazione di non votare la fiducia, ci sarebbero stati effetti seri», ammette una fonte. Di sicuro, un no in Aula ci sarà: quello di Vito Petrocelli. Il senatore in assemblea scherza: «Vorrei smentire i giornali che dicono che sono filo russo, io in realtà sono filo cinese, le due cose sono incompatibili». Tuttavia i vertici hanno fatto sapere che «non saranno tollerate linee personali in dissenso con il gruppo». Quindi, sarà espulso. Petrocelli, però, potrebbe non essere solo. Secondo rumors di palazzo altri due senatori potrebbero dire un no. Tre espulsioni, le prime dell’era contiana, suonano come un segnale al gruppo. «Chi viene sanzionato potrebbe impugnare il provvedimento sia nel merito sia con riferimento all’illegittimità dell’insediamento del nuovo collegio dei probiviri in quanto fondata su modifiche statutarie a loro volta illegittime», dice il legale Lorenzo Borrè. E aggiunge: «È come avvenuto di recente con il Tribunale di Palermo che ha annullato per motivi analoghi le sanzioni disciplinari irrogate a Riccardo Nuti». In serata, circolano voci di una possibile telefonata tra il leader M5S ed Enrico Letta. «Se ribadisco la collocazione nel campo progressista del M5S? — dice Conte al Tg1 — Far parte di questo campo significa tutelare gli interessi delle famiglie e delle imprese in difficoltà. Punto». 30 marzo 2022 (modifica il 30 marzo 2022 | 22:53) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-03-30 21:13:00, Si annunciano espulsioni per chi voterà no al Dl Ucraina, Emanuele Buzzi

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