La corsa del ministro Calderoli per arrivare entro l’anno all’attuazione dell’Autonomia Differenziata con l’ordine del giorno approvato in Senato il 25 luglio, è stata frenata dalla raffica di emendamenti presentati, in tutto 557, che hanno fatto slittare la discussione in Commissione Affari Costituzionali. Il DDL prevede che i LEP (Livelli essenziali di prestazione, diritti da garantire ad ogni cittadino/a a prescindere dal luogo di residenza) siano definiti in base ai costi dei fabbisogni standard, con la conseguenza che essi andrebbero a cristallizzare i divari già esistenti tra le Regioni. Il dossier consegnato al Senato ha calcolato che, se venisse devoluta l’istruzione, servirebbero 4 miliardi per garantire il tempo pieno o le palestre in tutte le scuole. Tali servizi essenziali non sono garantiti in ampie aree del Paese: in Sicilia, ad esempio, solo il 10% dei bambini/e ha assicurato il tempo pieno contro il 50% dell’Emilia- Romagna. Il direttore Svimez, Luca Bianchi, ha precisato che «se l’autonomia differenziata fosse stata concessa nel 2017 a Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, si sarebbe generato nel successivo triennio un surplus a favore delle 3 regioni tra 6 e 9 miliardi sottratte al finanziamento dei servizi nelle altre regioni». Inoltre, altri servizi essenziali sarebbero a rischio come la sanità o la perequazione infrastrutturale, ossia garantire a tutti/e i/le cittadini/e una parità nella dotazione di strade e ferrovie. Su questo progetto sono emerse forti critiche dalla Banca d’Italia, dalla Corte dei Conti, dalla Conferenza episcopale, da Confindustria, dall’ufficio studi Bilancio del Senato. Sui LEP, un’altra questione riguarda lo strumento con cui debbano essere adottati. Nel DDL Calderoli il Parlamento sarebbe aggirato e i LEP sarebbero approvati con Dpcm, non impugnabile alla Corte Costituzionale.
Intanto in commissione Affari Costituzionali è arrivato il parere favorevole di un emendamento di FdI (e firmato anche da Azione) con la proposta di adottare i LEP con un doppio parere sia delle commissioni parlamentari che della Conferenza unificata. Il Carroccio, con la nomina di Alberto Stefani, si è aggiudicato la presidenza della Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale. Il CLEP (Comitato per i Livelli essenziale di prestazione) dovrà valutare i servizi da fornire a tutti i cittadini in cambio delle tasse. Il comitato dei “saggi”, presieduto da Sabino Cassese, ha subito un duro colpo con le dimissioni dell’ex presidente della Camera Luciano Violante, dell’ex capogruppo PD alla Camera Angela Finocchiaro, dell’ex presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno, del giurista Franco Gaetano Scocca, di Giuliano Amato e Franco Bassanini. Le ragioni delle dimissioni riguardano le preoccupazioni che l’autonomia differenziata allarghi le distanze tra le regioni del Nord e quelle del Sud. Il CLEP sostiene che le materie che non hanno bisogno della definizione dei LEP potrebbero essere oggetto immediatamente della trattativa Stato – Regione, mentre le materie LEP hanno bisogno della loro determinazione con i relativi costi standard. Le materie che non necessitano della definizione dei LEP sarebbero 10: 1) relazioni internazionali e con l’UE; 2) Commercio con l’estero; 3) Previdenza complementare e integrativa; 4) professioni; 5) Coordinamento finanza pubblica; 6) Casse rurali, casse di risparmio e aziende di credito a carattere regionali; 7) enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale; 8) Protezione civile; 9) Sicurezza sul lavoro; 10) Tutela della salute. Le prime intese arriverebbero nel 2024. Così, l’autonomia differenziata porterebbe alla frantumazione del sistema sanitario e di quello scolastico, minando alla radice il diritto all’istruzione e la libertà di insegnamento, e subordinando la Scuola alle scelte politiche ed economiche. Le materie che riguardano la scuola, oggi di competenza esclusiva dello Stato, passerebbero alle regioni, con il trasferimento delle risorse umane e finanziarie. Anche i percorsi PCTO, di istruzione degli adulti e l’istruzione tecnica superiore sarebbero decisi a livello territoriale, con progetti sempre più legati alle esigenze produttive locali, così come gli indicatori per la valutazione degli studenti. Anche le procedure concorsuali avrebbero ruolo regionale e più difficili diventerebbero i trasferimenti interregionali. Della contrattazione nazionale resterebbe una residuale funzione di cornice, introducendo una versione regionale delle “gabbie salariali”, con i salari di alcune aree del Nord che crescerebbero, o resterebbero stabili, e quelli del Centro-Sud che diminuirebbero.
Lo scorso 19 luglio, nel seminario “Autonomia differenziata-Lep: quale futuro?” svoltosi a Roma in Campidoglio, i COBAS hanno ribadito le motivazioni per cui va portata avanti la lotta iniziata nel febbraio del 2019, rimarcando con forza la contrarietà all’Autonomia differenziata. L’impegno dei COBAS e dei Comitati territoriali è essenziale, perché, una volta ratificate dal Parlamento, le intese governo-regione hanno durata decennale e non sono reversibili, se non per recesso da parte delle regioni. Di fronte a questo, c’é l’esigenza di un’opposizione ferma e di una lotta politica e sociale nel Palazzo e nelle piazze in difesa dell’universalità dei diritti, della coesione e solidarietà sociale. Noi COBAS ci siamo sempre stati e lì ci troverete ancora.
Carmen D’Anzi Esecutivo nazionale COBAS Scuola
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