I Cobas e gli studenti: insieme per fermare lo sfruttamento nei percorsi scuola-lavoro

Non è passato un mese dalla morte di Lorenzo Parelli, lo studente friulano scomparso a gennaio per un incidente occorsogli mentre svolgeva uno stage in fabbrica, e lo strazio si ripete. Un altro studente, sedicenne, Giuseppe Lenoci di Monte Urano (Fermo), paga con la vita la scellerata scelta politica di allontanare gli studenti dalle aule per renderli manovalanza gratuita al servizio di imprese pubbliche e, soprattutto, private. Giuseppe, che stava svolgendo un tirocinio in Alternanza Scuola Lavoro in una ditta di termoidraulica, stava tornando a casa quando il furgone aziendale su cui viaggiava ha avuto un incidente e lui è morto sul colpo.
La sua morte non è solo un tragico evento perché, come ci hanno ricordato gli studenti scesi – e manganellati – nelle piazze, l’alternanza scuola lavoro è il volto palese di una scuola che ha perso il suo ruolo di formare e istruire per diventare cinghia di trasmissione di un sistema che “non solo sfrutta, ma prepara allo sfruttamento ed educa a sfruttare”.
Gli incidenti si sono verificati in centri regionali di formazione professionale, ma sarebbero potuti capitare in qualsiasi scuola secondaria, da quando la controriforma renziana ha imposto l’obbligatorietà dei percorsi scuola-lavoro. D’altronde, il ministro dell’Istruzione è l’entusiasta Bianchi, che ha addirittura pensato di estendere questa attività nelle scuole primarie, introducendovi un tutor con la funzione di avviare bambini e bambine “al mondo del lavoro”, con un’operazione perversa di descolarizzazione di massa.
L’attività lavorativa obbligatoria introdotta dalla malascuola di Renzi ha il fine malcelato di insegnare alle giovani generazioni le basi fondamentali (ideologiche e pratiche) del mondo del lavoro nell’epoca del neoliberismo trionfante: precarietà, dequalificazione, sfruttamento e, compreso nel pacchetto, la mancanza di sicurezza.
Sia nella formazione regionale sia nella scuola pubblica, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, questa pratica ha messo a disposizione delle aziende sui territori centinaia di migliaia di giovanissimi/e che, con la giustificazione di imparare il mestiere, introiettano la concezione dominante per cui è una fortuna trovare un impiego anche se i diritti (salariali, contrattuali, di orario e organizzazione) devono essere sacrificati.
L’ASL (Alternanza scuola lavoro), ora pudicamente ridenominata PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento), insieme agli stage gratuiti e al sotto inquadramento degli apprendisti, costituisce la nuova frontiera del mercato del lavoro, in cui lo scambio non è più tra forza lavoro e salario, ma tra lavoro e formazione, reale o presunta che sia. Spesso si tratta di lavoro gratuito tout court.
Si tratta di una scuola che mostra un volto classista e che diventa funzionale ad un disegno di selezione/esclusione sociale. In questo disegno non è più prevista l’istruzione di massa e l’università è un privilegio per pochi. Per tutti gli altri, la formazione è mirata allo svolgimento di un lavoro e il suo ruolo si riduce a quello di fornire le dovute competenze.
Noi crediamo invece che la scuola sia e debba essere altro. Non luogo di precoce addestramento al lavoro ma luogo di formazione dello spirito critico. E che studiare non sia un privilegio, ma un diritto. Anni di politiche liberiste hanno demolito questo diritto. È ora di tornare a rivendicarlo.
Esattamente come noi, il movimento studentesco, che sta rialzando la testa dopo due anni di reclusione psicologica, denuncia l’ASL/PCTO come una malapratica da abolire, per riportare nelle aule (da ampliare, ristrutturare e rendere accoglienti) studenti e studentesse: non si migliora la scuola allontanando dall’istruzione, ma rendendo migliore la scuola eliminando le classi-pollaio, aumentando gli organici e attrezzando laboratori e aule di strumenti adeguati e ammodernati.
I lavoratori e le lavoratrici dei COBAS della scuola il 28 gennaio hanno scioperato, scendendo in piazza in tutta Italia a fianco degli studenti e delle studentesse.
Il 18 febbraio aderiremo alla giornata di mobilitazione nazionale indetta dalle organizzazioni studentesche.
Come COBAS chiediamo:
1) la sospensione immediata di tutti i percorsi di scuola lavoro nell’anno in corso;
2) l’abolizione del PCTO/ASL nelle scuole e l’abolizione del sistema integrato regionale formazione-istruzione;
3) l’apertura della scuola all’esterno come parte integrante di un processo educativo e non come fornitura di mano d’opera schiavistica alle imprese;
3) la fine immediata dello sfruttamento di lavoro non retribuito sotto forma di stage gratuito e la formazione specifica al lavoro a carico delle aziende dopo la fine dei percorsi di studio;
4) la sostituzione dell’addestramento al lavoro con la riflessione critica e la formazione approfondita sui diritti e sulla sicurezza sul lavoro;
5) il superamento della controriforma Gelmini di tecnici e professionali con il ripristino delle ore laboratoriali e l’ammodernamento dei laboratori con la strumentazione necessaria;
6) l’eliminazione delle classi-pollaio, l’aumento degli organici (docenti e ATA).
Esecutivo Nazionale COBAS Scuola
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Pietro Guerra

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