I profili dei tecnici introvabili per le imprese

Chimici, ingegneri, softwaristi: introvabile 1 su 2 tra gli under 29

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci su Il Sole 24 Ore del 22/01/2020

Nei prossimi tre anni serviranno 205mila persone in sei settori top del made in Italy: meccanico, alimentare, ICT, tessile-moda, legno-arredo, chimico. Ma un profilo su tre si conferma “introvabile” per le imprese, e tra gli under 29 il rapporto diventa addirittura 1 a 2, perché spesso i giovani fanno scelte formative non in linea con le richieste del mercato del lavoro. I numeri che Confindustria presenta questa mattina a Roma, nella sede dell’università Luiss, in occasione della XXVIesima edizione di Orientagiovani – la manifestazione nazionale che ogni anno il mondo imprenditoriale dedica al confronto con studenti, insegnanti, genitori, per accorciare le distanze tra manifattura e nuove generazioni – fotografano un quadro preoccupante.

Le stime sono state fatte rielaborando dati Excelsior Unioncamere-Anpal e Istat, considerando sia i fabbisogni per espansione (crescita del settore) che per “replacement” – ricambio generazionale e fuoriuscita, e – purtroppo – sono in crescita rispetto alla proiezione dello scorso anno, nonostante “Quota 100” non abbia avuto il forte tasso di ricambio che si aspettavano i precedenti governi.

A caccia di tecnici

Nel dettaglio, anche questa volta, si conferma il settore meccanico come quello con il maggior fabbisogno occupazionale. Dal 2020 al 2022 infatti serviranno 67mila lavoratori, oltre il 30% sono giovani under29.

Tra i profili più richiesti, i tecnici in campo ingegneristico, anche diplomati, veri e propri “manager di macchina” chiamati a guidare il processo di innovazione delle fabbriche. Poi c’è il settore alimentare-food, dove serviranno 45mila lavoratori. Insieme al tessile-moda, questo è il comparto in cui il fabbisogno di collaboratori è aumentato di più, perché è in forte sviluppo. Quasi 4 su 10 dei lavoratori che servono nel prossimo triennio sono under29, e c’è molta richiesta di competenza delle donne. La figura professionale più ricercata è quella dell’addetto alla lavorazione alimentare. In moltissimi casi le imprese del manifatturiero sono a caccia di “periti”, ma molto spesso famiglie e studenti non lo sanno: ancora adesso oltre il 50% di iscrizioni alle scuole superiori riguardano i licei, e non purtroppo gli istituti tecnici o professionali (dove invece si assume).

Pochi laureati «Stem»

Proseguendo con i dati, troviamo i settori ICT e chimico, anch’essi in forte espansione dove, rispettivamente, si prevede di assumere 40mila e 16mila lavoratori nel triennio. In entrambi i settori c’è una forte domanda di profili con alte competenze tecnico-scientifiche. Sono professionalità che si formano negli Its, all’università, nelle lauree professionalizzanti. Nel chimico, ad esempio, si registra un’alta richiesta di dottori di ricerca. Si va a caccia di analisti chimici e tecnici di laboratorio. Nell’ICT invece le figure più richieste sono quelle dell’analista programmatore e sviluppatore di software e app. A pesare, nelle selezioni andate “a vuoto”, è anche lo scarso “appeal” della discipline «Stem». I laureati «Stem» infatti da noi sono pochissimi: ogni anno si laureano in queste materie solo l’1,4% dei ragazzi tra i 20 e i 29 anni, con una preponderanza schiacciante dei maschi sulle femmine ( 1,2% uomini contro lo 0,2% donne). In Germania si sale al 3,6%, nel Regno Unito al 3,8% (e il Regno Unito, come noto, non è un paese propriamente manifatturiero).

Il nodo (scarse) competenze

Ad essere elevata inoltre è la richiesta del settore tessile-moda, dove nel triennio serviranno 25mila lavoratori. Si tratta di 4mila richieste in più rispetto all’anno scorso, soprattutto per l’impatto dell’export. Il settore tessile, considerando abbigliamento, pelli e calzature, rappresenta il fiore all’occhiello dal Made in Italy. L’industria tessile italiana, del resto, si colloca sulla fascia alta di prodotto si rivolge sia ai tradizionali mercati di sbocco (Europa, Russia, Stati Uniti e Giappone), che ai paesi emergenti. Qui il mismatch è elevato: quasi 1 persona su 2 è introvabile (spesso per carenza di competenze), è richiesta manualità, gusto per il bello, creatività e precisione. La figura più cercata dalle imprese è quella dei modellisti di capi di abbigliamento. Quanto al legno-arredo, infine, c’è bisogno di 12mila lavoratori, mille in più rispetto a 12 mesi prima. Si tratta di un settore “monstre” in crescita costante sia nel mercato interno che nell’export, anche quello di mobili tecnologici, come si è visto in occasione del Salone del Mobile che nel 2019 ha fatto registrare un record di presenze con quasi 400mila visitatori da 181 paesi. Qui le figure più richieste sono due: attrezzisti e tecnici del trattamento del legno.

Pietro Guerra

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