I sindacati contro la ministra Azzolina, lei: «È perché sono donna e giovane Andrò in tv per spiegare»

Gli attacchi di Salvini, i malumori nel governo, i dubbi dei presidi

Gianna Fregonara

«Mi attaccano perché sono donna, giovane e dei Cinque stelle, pensano che io non sia preparata, ma ho due lauree e varie specializzazioni. E dunque adesso dico basta: vado io in tv e spiego io come riapriremo le scuole a settembre. Ho sbagliato a non farlo prima ma avevo troppo da fare». Con un’intervista all’Huffington Post e un’altra al Corriere Torino, nel giorno in cui i sindacati la mettono in mora sulla strategia per la ripresa, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina rilancia e annuncia la sua personale fase tre nella comunicazione. Dopo i video su Facebook in cui parlava direttamente agli studenti e ai genitori subito dopo la chiusura delle scuole, esaurita l’epoca degli annunci in tv per tastare il terreno sulla bontà di alcune idee, ora Azzolina vuole rispondere colpo su colpo contro quella che considera una vera e propria campagna di disinformazione sulla scuola e contro di lei personalmente. I sindacati contestano le sue proposte? «Da loro mi aspetto collaborazione. Noi per settembre saremo pronti, ma ognuno deve fare la propria parte. Non si può sempre dire no a tutto, a ogni tentativo di innovazione, serve coraggio», replica a muso duro. Ma su quanti insegnanti in più potrebbero arrivare, non dà risposta.

Salvini non perde giorno senza lanciarle addosso un tweet? « Sono pronta a sfidarlo in tv», annuncia: «Mi attacca con fake news inventate di sana pianta». Il leader della Lega replica immediatamente: «Il confronto dove vuole e quando vuole, anche in radio e con i genitori collegati».

L’opposizione la contesta come ha fatto di nuovo ieri l’ex ministra Mariastella Gelmini dicendo che «a settembre sarà un’odissea per il pressappochismo della Azzolina»? Lei non gliele manda a dire: «Quelli che criticano oggi sono gli stessi che hanno continuamente tagliato fondi: la destra ha tolto 8 miliardi alla scuola e creato le classi pollaio».

E così, mentre gli insegnanti e i genitori si interrogano su cosa succederà davvero nella propria scuola, nella propria classe, senza avere risposte sicure o comunque rassicuranti, la ministra comincia la sua campagna d’estate contro quello che ritiene sia un complotto di nemici che vogliono far saltare il suo piano.

Noi per settembre saremo pronti, ma ognuno deve fare la propria parte Non si può sempre dire no a tutto, serve coraggio

I sindaci non collaborano offrendo aule alle scuole in difficoltà come lei sperava? «Ci sono le elezioni e vogliono lucrare contro di noi». Peccato che sul banco degli accusati di non far nulla ci sia la sua compagna di partito Virginia Raggi. I suoi alleati di governo dicono che è inesperta, che fatica a gestire situazioni complesse e soprattutto che ha adottato in questi mesi le proposte del Cts senza aver insistito per trovare regole più facilmente applicabili al contesto scolastico? «È un attacco al Movimento, ma loro non fanno niente per collaborare», ripete spesso ai suoi. Persino ai presidi che si lamentano sui giornali di tanta confusione a poco più di un mese dalla ripresa delle lezioni arrivano telefonate dal ministero: è il momento di collaborare e di essere leali, non di parlare alla stampa.

Nel mondo della scuola continua per ora a dominare la confusione sul da farsi. Eppure alcune novità nei vari decreti di questi mesi sono state inserite. Come la norma che permette di ridurre il numero di studenti per classe. È comprensibile però che i presidi che non hanno aule né prof a sufficienza non apprezzino la portata dell’innovazione. Così come l’idea dei banchi a rotelle per fare una didattica innovativa: come possono ripensare il modo di insegnare proprio adesso che non sanno ancora quanto tempo riusciranno a tenere in classe i loro studenti e quante ore dovranno organizzare a distanza?

In fondo, anche se non lo ammette, la ministra che è un’ex preside sa che questo rischia di essere un problema grave e infatti finora ha evitato accuratamente di essere precisa: ma non basta dire che la didattica a distanza sarà casomai una scelta dei presidi. Perché essere pronti a tornare in classe a settembre vuol dire aver trovato posto anche a quel milione e duecentomila studenti che per ora non ce l’ha.

Pietro Guerra

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