l’editoriale Mezzogiorno, 14 aprile 2022 – 08:57 di Gianni Spinelli La pandemia che non conosce la parola fine, la guerra, il rincaro delle bollette, la disoccupazione in aumento, la crisi economica. E magari, per evasione, per scacciare qualche cattivo pensiero, nei giorni in cui si ricorda Pier Paolo Pasolini che riteneva il calcio «l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo», un signore perbene va allo stadio, Zaccheria, a Foggia, e… vede qualcosa di assolutamente inaspettato. Quel signore perbene, assieme a tutti gli altri signori perbene, durante la partita Foggia- Catanzaro (2-6) assiste a un episodio che definire violento è poco: sul 5-1 per i calabresi, un “tifoso” del Foggia arriva come una furia sul terreno di gioco e schiaffeggia l’ex rossonero Iemmello. La colpa del centravanti? Aver segnato due gol. Il “tifoso”, non contento, mima una minaccia eloquente, come a dire «ti taglio la gola». Odio, vero odio, pare partito da lontano (al giocatore, negli ultimi giorni in cui era a Foggia, fu incendiata l’auto, episodio mai del tutto chiarito). Lasciando perdere altri particolari (ossia una seconda invasione) e le sentite, anzi opportune scuse del presidente Canonico, la partita-non-partita è il segno di un degrado evidente in tutti gli strati sociali, con la criminalità dilagante, sparatorie, femminicidi, rapine, corruzione e tanto altro ancora. Il corollario del peggio. Si diceva, anche con lunghe dissertazioni in tv di sociologi e di psicologi, che la pandemia ci avrebbe cambiati in meglio. Niente: siamo peggiorati. Perché ci manca il senso vero della vita, perché non conosciamo l’etica e abbiamo perduto i valori, contagiati dai cattivi esempi della politica (litigiosa) e non fatti maturare a sufficienza dalla scuola e dalle famiglie. Ritornando al calcio e al caso-Foggia, stupisce la violenza in un ambiente passato alla storia come casa del bel gioco, per merito della mano di Zdenek Zeman, tecnico predicatore di purezza e di giustizia. Comunque accade, a dispetto dei santi, in un mondo pallonaro afflitto più che mai dal razzismo e da mali estremi, un mondo decisamente non più per poeti, non più per Pasolini e non più per Umberto Saba, un mondo fra l’altro commentato spesso da cronisti urlanti, brutte copie di Gianni Brera e di Gianni Mura. Il paradosso delle violenze ultime sta nel ritorno degli spettatori negli stadi dopo il vuoto e i silenzi imposti dal Covid. Ci si aspettavano feste su feste. Invece, forse ci tocca rimpiangere gli spalti deserti, senza bandiere e senza urla. Tant’è: il calcio, come il tutto dei tempi che viviamo, avrebbe bisogno di una rinascita reale, oggettiva. Un’operazione utopistica, nonostante i pentimenti e le promesse. 14 aprile 2022 | 08:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-14 06:58:00, l’editoriale Mezzogiorno, 14 aprile 2022 – 08:57 di Gianni Spinelli La pandemia che non conosce la parola fine, la guerra, il rincaro delle bollette, la disoccupazione in aumento, la crisi economica. E magari, per evasione, per scacciare qualche cattivo pensiero, nei giorni in cui si ricorda Pier Paolo Pasolini che riteneva il calcio «l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo», un signore perbene va allo stadio, Zaccheria, a Foggia, e… vede qualcosa di assolutamente inaspettato. Quel signore perbene, assieme a tutti gli altri signori perbene, durante la partita Foggia- Catanzaro (2-6) assiste a un episodio che definire violento è poco: sul 5-1 per i calabresi, un “tifoso” del Foggia arriva come una furia sul terreno di gioco e schiaffeggia l’ex rossonero Iemmello. La colpa del centravanti? Aver segnato due gol. Il “tifoso”, non contento, mima una minaccia eloquente, come a dire «ti taglio la gola». Odio, vero odio, pare partito da lontano (al giocatore, negli ultimi giorni in cui era a Foggia, fu incendiata l’auto, episodio mai del tutto chiarito). Lasciando perdere altri particolari (ossia una seconda invasione) e le sentite, anzi opportune scuse del presidente Canonico, la partita-non-partita è il segno di un degrado evidente in tutti gli strati sociali, con la criminalità dilagante, sparatorie, femminicidi, rapine, corruzione e tanto altro ancora. Il corollario del peggio. Si diceva, anche con lunghe dissertazioni in tv di sociologi e di psicologi, che la pandemia ci avrebbe cambiati in meglio. Niente: siamo peggiorati. Perché ci manca il senso vero della vita, perché non conosciamo l’etica e abbiamo perduto i valori, contagiati dai cattivi esempi della politica (litigiosa) e non fatti maturare a sufficienza dalla scuola e dalle famiglie. Ritornando al calcio e al caso-Foggia, stupisce la violenza in un ambiente passato alla storia come casa del bel gioco, per merito della mano di Zdenek Zeman, tecnico predicatore di purezza e di giustizia. Comunque accade, a dispetto dei santi, in un mondo pallonaro afflitto più che mai dal razzismo e da mali estremi, un mondo decisamente non più per poeti, non più per Pasolini e non più per Umberto Saba, un mondo fra l’altro commentato spesso da cronisti urlanti, brutte copie di Gianni Brera e di Gianni Mura. Il paradosso delle violenze ultime sta nel ritorno degli spettatori negli stadi dopo il vuoto e i silenzi imposti dal Covid. Ci si aspettavano feste su feste. Invece, forse ci tocca rimpiangere gli spalti deserti, senza bandiere e senza urla. Tant’è: il calcio, come il tutto dei tempi che viviamo, avrebbe bisogno di una rinascita reale, oggettiva. Un’operazione utopistica, nonostante i pentimenti e le promesse. 14 aprile 2022 | 08:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA ,