Il Dirigente scolastico non è più un docente e il 40% del suo tempo è dedicato alle faccende burocratiche. E non solo in Italia

In Italia, vuoi per nostalgia, vuoi per altro, rimane il fatto che si è ancora fermi a livello immaginifico alla figura del vecchio preside, ma in realtà, la scuola di oggi, una scuola sempre più burocratica e complessa, non ha più spazio per la figura del preside, non a caso c’è il ruolo del Dirigente Scolastico, che necessiterebbe però di una selezione diversa rispetto al passato per essere al passo con i tempi della scuola moderna. L’Italia potrebbe essere un modello per l’Europa. Una riflessione è più che necessaria.

La selezione attuale

Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sono definite le modalità di svolgimento delle procedure concorsuali, la durata del corso e le forme di valutazione dei candidati ammessi al corso.

Il corso – concorso si articola nelle seguenti fasi:

  • eventuale prova pre-selettiva
  • concorso di ammissione al corso di formazione dirigenziale
  • corso di formazione dirigenziale e tirocinio.

Il requisito cardine per poter partecipare alla selezione di Dirigente Scolastico è l’essere stati docenti, cosa che con la scuola di oggi andrebbe probabilmente ripensata.

Il Dirigente Scolastico non è più un docente

Il ruolo della funzione dirigenziale presuppone delle specifiche capacità, quali quelle di programmare ed organizzare il lavoro, impartire istruzioni e direttive. Un lavoro prevalentemente di natura gestionale e burocratica. La selezione avviene ordinariamente con dei concorsi che prevedono delle prove.

Il Consiglio di Stato con una recente sentenza N. 07689/2023 ha affermato che l’utilizzo di un metodo di selezione per test (“i quiz”) risulta, notoriamente ed ampiamente in uso nella maggior parte dei paesi europei e anglosassoni, maggiormente sviluppati economicamente ed accumunati, attorno ai capisaldi dell’Habeas Corpus act del 1679 e della Déclaration des droits de l’homme et du citoyen del 1789, da consolidati percorsi democratici di riconoscimento della libertà e responsabilità della persona e del connesso principio della valorizzazione del merito individuale, anche nell’ambito di rapporti lavorativi, in relazione alla diffusamente ritenuta idoneità dei test, non solo ad accertare in modo oggettivo e trasparente le reali competenze e capacità possedute ma anche, mediante quesiti logici, di comprensione, situazionali e attitudinali, a verificare le specifiche esperienze ed attitudini capaci di assicurare la selezione dei più capaci e meritevoli (così come richiesto dalla Costituzione italiana) in relazione allo specifico tipo di apporto lavorativo e professionale richiesto dall’amministrazione selezionatrice, a vantaggio dell’imparzialità della scelta e dell’interesse pubblico generale dell’intera comunità.

Ma oltre alla selezione per test la questione preliminare da valutare è se l’esperienza pregressa di docente debba essere ancora oggi una condizione preliminare, oppure sarebbe opportuno aprire la selezione a chi laureato in certe discipline, ad esempio giuridico economiche, a prescindere dalla pregressa attività d’insegnamento, per poi essere formato, con un percorso di tirocinio?

La situazione in Europa

Un documento molto interessante a cura dell’INDIRE, osserva che (Lettonia, Paesi Bassi, Svezia, Norvegia e Islanda – quest’ultima solo per l’istruzione secondaria superiore) non indicano ufficialmente nessun requisito per diventare capo di istituto, eccetto la qualifica per insegnare. In Svezia, tutti coloro che hanno acquisito competenze nel settore educativo risultanti da formazione o da esperienza pratica possono essere promossi capi di istituto ed è raccomandato loro di seguire una formazione specifica dopo la loro entrata in servizio. In alcuni paesi, a questa esigenza minima si aggiungono una o più condizioni ulteriori. In Belgio (Comunità francese e tedesca), Repubblica ceca, Estonia, Spagna, Francia (per il livello secondario inferiore e superiore), Italia, Polonia, Slovenia, i candidati a capo di istituto devono aver esercitato il mestiere di insegnante e aver seguito una formazione specifica. In Slovenia, l’esperienza professionale richiesta comprende anche il possesso di una qualifica di consulente o di mentore. Nel Regno Unito, tutti i nuovi capi di istituto devono obbligatoriamente aver conseguito la National Professional Qualification for Headship (Qualifica professionale nazionale per la funzione di capo di istituto). A Cipro, in Portogallo, Finlandia e Turchia, i capi di istituto devono avere sia un’esperienza di insegnamento che un’esperienza amministrativa. In dodici paesi, i futuri capi di istituto devono aver seguito una formazione specifica per la funzione di capo di istituto, il più delle volte, prima della loro entrata in servizio. In Repubblica ceca, la formazione avviene, tuttavia, dopo la nomina.

La maggioranza del tempo del DS è dedicata ad attività burocratiche

Il documento dell’INDIRE  scaricabile dal sito dell’unità italiana di eurydice  osserva che nella maggioranza dei paesi, i capi di istituto dell’istruzione primaria dedicano la maggioranza del loro tempo, ossia in media più del 40%, ai compiti di gestione e di amministrazione come la gestione del personale, il reclutamento e il budget. In Belgio (Comunità francese), Danimarca, Italia,
Svezia e Norvegia, la proporzione è più significativa con il 50% del tempo dedicato alle attività di gestione e di amministrazione. I capi di istituto della maggioranza dei paesi dedicano un’altra parte importante del loro tempo di lavoro, ossia più del 20% in media, alla comunicazione con i genitori e con gli alunni, che include la parte relativa alle relazioni con i genitori e la comunità così come le interazioni individuali con gli alunni. In terza posizione, figurano le attività professionali legate allo sviluppo del curriculum e della didattica per la scuola. I capi di istituto dedicano in media solo il 13% del loro tempo all’insegnamento: il Belgio (Comunità fiamminga), l’Italia e la Svezia risultano tra i paesi che vi dedicano il tempo minore. In due paesi, invece, la Germania e la Francia, la situazione è invertita e i capi di istituto dedicano la maggioranza del loro tempo alle attività di insegnamento.

Conclusioni

L’Italia potrebbe diventare un modello per l’Europa, ripensando il modello di selezione del Dirigente Scolastico.  Con ciò non si vuole certamente mettere in discussione l’operato del DS di oggi, ma si tratta di dover modernizzare la selezione.  L’Attività del DS  di oggi vede come  non più necessaria l’esperienza pregressa di docenza, fondamentale è certamente una preparazione di carattere tecnico giuridico ed economica. Una selezione che dovrebbe partire da un concorso pubblico aperto indistintamente a chi laureato in discipline giuridico economiche, senza più il requisito dell’insegnamento, con un successivo tirocinio di formazione di almeno due anni, prima di acquisire definitivamente il ruolo. Questa potrebbe essere una proposta su cui ragionare.

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