Il generale Farina: «Kosovo, la priorità ora è evitare gli scontri interetnici: porterebbero a un’escalation»

di Andrea Marinelli

Il generale Farina, ex comandante della missione Nato Kfor: «L’Italia partecipa con 600 uomini, a settembre avrà di nuovo la leadership della missione: il nostro lavoro è ben riconosciuto dalle autorità Nato»

«Queste tensioni erano già emerse nell’autunno scorso, adesso si ripetono in una situazione internazionale molto diversa. C’è il rischio che una scintilla possa provocare delle reazioni a catena», spiega al Corriere il generale Salvatore Farina, fino allo scorso anno capo di Stato maggiore dell’esercito italiano, dal 2013 al 2014 comandante delle forze Nato in Kosovo. «Bisogna evitare che vi siano incidenti e scontri interetnici, anche casuali o provocati da facinorosi, perché potrebbero portare a un’escalation».

Generale, è stata una forzatura di Pristina?
«No, credo che né Pristina né Belgrado vadano lì a provocare. Però alcune misure potrebbero essere modulate meglio. Tant’è che Pristina ha già accettato di rimandare la scadenza e trovare una soluzione più accettabile»

È possibile che dietro alle tensioni ci sia la Russia?
«Non abbiamo prove, però le relazioni tra Belgrado e Mosca sono ottime e anche la Cina ha grande influenza. Questo non vuol dire che ci sia una provocazione palese».

È vero che la situazione ricorda quella ucraina?
«Non possiamo paragonare le due cose, sia come pregresso storico che come situazione attuale. Oggi non ci sono vittime né eccidi. Nel 1999 eravamo davanti a violenze lampanti contro la popolazione civile. La presenza della Nato, dell’Ue con la missione Eulex, dell’Onu a Pristina è lecita anche dal punto di vista del diritto internazionale».

Ora cosa si deve fare?
«Bisogna guardare in prospettiva. Quando lasciai il comando nel 2014 scrissi un rapporto in cui spiegavo che era ora di fare un piano decennale. Sia quella di etnia serba che quella di etnia albanese sono comunità animate da buoni propositi, vogliono vivere in pace e sicurezza, poi ci sono i facinorosi. La diplomazia europea ha aperto la porta a tutti i Paesi dei Balcani occidentali. Per me è ora di accelerare questo processo».

Che compito ha la Kfor?
«La Kosovo Force ha il compito di garantire la sicurezza, è benvenuta dalle autorità di Pristina e dalla comunità serba. Il successo di questa operazione è dato anche dai numeri: nel giugno 1999 il contingente internazionale era di 50.000 uomini, man mano che le condizioni di sicurezza sono migliorate, che le istituzioni kosovare sono state edificate, sono calati. Oggi sono 3.500, e c’è una riserva che può essere schierata su decisione del Consiglio Atlantico se la situazione degenerasse».

L’Italia che ruolo ha?
«Da metà settembre riprenderà il ruolo di leadership che ha avuto a fase alterne all’inizio. Dal 2013 io fui il primo di una serie di comandanti italiani che hanno avuto la responsabilità di guidare tutte le forze della Nato. Oggi partecipa con oltre 600 uomini tra esercito e carabinieri. Il nostro ruolo è ben riconosciuto dalle autorità Nato, sappiamo fare questo lavoro in modo determinato ma imparziale».

C’è un rischio di conflitto?
«Ritengo che, se non ci sono provocatori, non ci sia un rischio imminente, ma dobbiamo agire per prevenire e non dobbiamo soffiare sul fuoco. Non possiamo far ritornare l’orologio indietro di 23 anni, il mondo oggi non se lo può permettere».

1 agosto 2022 (modifica il 1 agosto 2022 | 23:06)

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, 2022-08-01 21:07:00, Il generale Farina, ex comandante della missione Nato Kfor: «L’Italia partecipa con 600 uomini, a settembre avrà di nuovo la leadership della missione: il nostro lavoro è ben riconosciuto dalle autorità Nato», Andrea Marinelli

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