Il generale Serino: «I russi combattono come 30 anni fa: senza tecnologia non si vince»

Parla il capo di Stato Maggiore dell’Esercito: aerei ed elicotteri non resistono al moderno campo di battaglia. Oggi quel modello non paga più Generale Pietro Serino, lei è capo di Stato Maggiore dell’Esercito, comanda oltre 90 mila uomini e donne, è un grande esperto di pianificazione militare, conosce la guerra per mestiere e per averla studiata a lungo nel corso della sua formazione: cosa pensa dello scontro cui stiamo assistendo da due mesi nel cuore dell’Europa? D elle analisi che sono state fatte in queste settimane cosa si sente di condividere? «Io nasco come ufficiale deputato alle telecomunicazioni, e periodicamente nella mia vita ho dovuto aggiornare le mie conoscenze sulle nuove tecnologie. Ogni guerra, sin da quelle che facevano gli antichi romani, si basa sull’efficacia delle comunicazioni e della tecnologia. Quella della Russia contro l’Ucraina non fa differenza, e i russi potrebbero non averlo compreso sino in fondo». Che intende dire? «Ho un’immagine: oggi i cacciabombardieri di una volta sono stati sostituiti dai droni, la radio è stata sostituita dal satellite, scopriamo quali sono i nuovi compagni di viaggio di un esercito moderno. Credo che si sia sottovalutato il fatto che le formazioni corazzate hanno bisogno di strumenti di tecnologia diversa dal passato, e anche per questo oggi ci si può trovare in grandissima difficoltà». Al Cremlino avevano programmato una guerra lampo e non è stato così. «Ritengo che una delle considerazioni più rilevanti riguardi proprio i nuovi ambiti cyber e spaziale, che forse non sono risolutivi, ma certamente hanno un ruolo determinante: se non sono capaci di sfruttare gli accessi alla tecnologia cyber e al dominio dello spazio, gli eserciti moderni possono entrare in grande difficoltà». Alla lunga questo gap dei russi può fare la differenza? «Mi sembra di osservare che in questo momento l’utilizzo dei sistemi satellitari e l’impiego dei droni non sia equilibrato da parte dei due contendenti, si proteggono le forze corazzate con aerei ed elicotteri che oggi non sono in grado di sopravvivere al moderno campo di battaglia, dominato anche da missili spalleggiabili, sia controaerei che controcarri. La copertura aerea oggi è troppo rischiosa e dunque non è efficace, e si assiste ancora ad un uso di formazioni d’attacco in modalità classica, quella che conoscevamo negli anni ’90, per intenderci mi riferisco alla guerra del Golfo: oggi quel modello non paga più». Questo significa che tutte le analisi sulla consistenza numerica dell’esercito russo hanno un valore relativo? «Si è discusso per settimane circa la consistenza delle forze, delle decine di migliaia di soldati schierati, ma si sa poco dell’entità numerica e della natura degli avversari sul campo. Certo, il terreno va presidiato, le risorse umane restano fondamentali sia per difendere un terreno, sia per conquistarlo e mantenerlo, ma le truppe senza la padronanza dei mezzi tecnologici alla fine soccombono, è una regola classica, sin dai tempi delle guerre dei romani». L’esercito italiano compie domani 161 anni. Lei sta dirigendo una transizione molto vasta dei mezzi armati a vostra disposizione. Il nostro esercito è moderno abbastanza? «Negli ultimi venti anni è stato anche un fiore all’occhiello del nostro Paese, sia dentro che fuori i confini nazionali, guadagnandosi anche la fiducia di tutti i nostri alleati e delle popolazioni con cui siamo venuti in contatto. Adesso che ci troviamo a fronteggiare missioni diverse, dobbiamo rinnovare il parco delle forze corazzate. Ci stiamo lavorando, investendo non solo su nuovi carri ed elicotteri, ma soprattutto sul munizionamento, un sistema di artiglieria con grande precisione sino a 70 chilometri. Nel campo elicotteristico ci stiamo lasciando alle spalle un parco che risaliva agli anni ’80. Le risorse ci sono e mi auguro che il Parlamento, questo come il prossimo, continui a condividere le indicazioni del ministro Guerini che crede nella necessità, per gli interessi strategici nazionali, di un ammodernamento necessario quanto efficace della forza armata, che a me piace definire Esercito 4.0». Cosa pensa del progetto di un esercito europeo, che dalla guerra in Ucraina ha avuto un’accelerazione? «Credo che i concetti chiave siano integrazione, interoperabilità e rapporto sinergico fra forze militari e industrie europee. La nostra prima missione è la difesa della Nazione e dei suoi interessi, la seconda è quella della difesa degli interessi euro-atlantici. Un caposaldo fondamentale è che le due dimensioni, Nato ed europea, continuino a coesistere, ma con una capacità militare che si basa sulla non duplicazione degli apparati militari, con un unico set di forze che può operare sotto entrambe le organizzazioni: questo è un concetto irrinunciabile». Torniamo alla guerra in corso. «La dimensione cibernetica è oggi così pervasiva che affidare le operazioni alle singole forze armate diventa controproducente, anche con il classico coordinamento. Occorre un approccio interforze, con un accentramento molto forte verso un comando unico di tutte le operazioni, e credo che nel mondo occidentale si abbia molta più coscienza di questo». 3 maggio 2022 (modifica il 3 maggio 2022 | 08:22) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-03 08:25:00, Parla il capo di Stato Maggiore dell’Esercito: aerei ed elicotteri non resistono al moderno campo di battaglia. Oggi quel modello non paga più, Marco Galluzzo

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