Il mistero delle scorte di grano della Cina: sono superiori a quelle di tutto il resto del mondo. Ma perché?

Le riserve di grano custodite nei silos cinesi superano i 140 milioni di tonnellate: molto più di quanto ne manchi sul mercato a causa dell’invasione russa in Ucraina. Ma perché Xi Jinping è arrivato così preparato a questo choc? Come userà il «tesoro» su cui è seduto?

C’è un Paese al mondo che pur essendo un grande importatore di grano non subisce la crisi attuale, anzi può trarne vantaggio. È la Cina: ha accumulato per ragioni «misteriose» più scorte di grano di tutto il resto del mondo messo assieme.

Cominciò a farlo molto prima che Vladimir Putin lanciasse l’ultima aggressione militare sul suolo ucraino.

L’enigma delle riserve alimentari di Pechino potrebbe essere sciolto con qualche colpo di scena, se solo Xi Jinping lo volesse.

Per adesso possiamo solo interrogarci su una situazione anomala, le sue possibili spiegazioni, gli sviluppi che avrà. Il dato è ufficiale e una delle fonti più attendibili in questo settore è lo U.S. Foreign Agricultural Service.

Le riserve di grano custodite nei silos cinesi superano i 140 megaton (milioni di tonnellate).

Di per sé questa è un ottima notizia.

È rassicurante se si confronta quel dato con la quantità di grano che manca sui mercati mondiali per via dell’invasione russa in Ucraina: al massimo 50 o 60 megaton. Però l’immensa mole delle riserve cinesi lascia sconcertati quando la si confronta con le scorte di grano disponibili nel resto del mondo.

La coalizione occidentale composta da Stati Uniti, Europa, Canada e Australia si avvicina a stento a 40 megaton di grano in riserva. L’Asia meridionale che include l’India ne ha meno di noi (ma è pur vero che l’India è diventata una grande produttrice/esportatrice di grano). L’area che include Medio Oriente e Nordafrica ha riserve per circa la metà dell’Occidente.

Se si addizionano tutte queste scorte, la conclusione è positiva e al tempo stesso sconcertante: il mondo con 280 megaton di grano ne ha abbastanza da poter affrontare il ricatto di Putin che sequestra le esportazioni ucraine.

Come nel caso dell’energia fossile, non siamo veramente di fronte a una penuria e certi aumenti di prezzi sono eccessivi rispetto agli squilibri reali tra offerta e domanda. Però per mandare i mercati in fibrillazione bastano degli sconvolgimenti parziali in alcuni flussi di rifornimento tradizionali.

Inoltre le riserve di grano sono gestite da ogni nazione secondo criteri specifici, non sono a disposizione di tutti per far fronte alle emergenze locali.

Resta il «mistero cinese». Sommando tutte le riserve di grano del resto del mondo, si rimane un po’ al di sotto rispetto agli oltre 140 megaton di cui dispone la Cina. La sua stazza demografica non basta a spiegare questa sproporzione. Pur con 1,4 miliardi di abitanti, la Repubblica Popolare è ben lungi dal rappresentare metà della popolazione mondiale (siamo circa otto miliardi).

La sovrabbondanza delle sue scorte è il risultato di una politica deliberata, di un’accumulazione cominciata con largo anticipo rispetto all’inizio della guerra in Ucraina.

Xi Jinping «sapeva» con tanto anticipo cosa avrebbe fatto Putin, e ne previde le conseguenze sul mercato mondiale del cibo? Certo, la prima tappa dell’aggressione russa risale al 2014 quindi questa spiegazione non è del tutto campata in aria. Va inserita però in un contesto più ampio.

La leadership comunista cinese è ossessionata dal problema dell’autosufficienza alimentare, che tra le altre cose spinge la sua espansione in Africa e America latina. I dirigenti di Pechino possono anche aver previsto anzitempo un rimbalzo della domanda mondiale post-Covid. La nomenclatura comunista teme l’inflazione, non dimentica che il carovita fu una delle cause dell’esplosione di proteste sociali che portarono alla tragedia di Piazza Tienanmen nel 1989.

Di sicuro come «trader» e speculatori i governanti cinesi hanno avuto un fiuto notevole: se oggi cominciassero a vendere sui mercati le loro scorte in eccesso, realizzerebbero dei profitti fenomenali. Lo faranno? Quando lo faranno? Come?

Le riserve di grano, a differenza di quelle di petrolio, non possono essere custodite all’infinito

: sono deperibili. In una gestione attiva di questo immenso patrimonio alimentare sul quale «sta seduto» Xi Jinping, si possono fare molte illazioni e simulazioni.

La vendita graduale sui mercati oltre a realizzare profitti a vantaggio delle casse statali cinesi avrebbe un effetto di calmiere sui prezzi mondiali; però sarebbe un danno inflitto a Putin che si vedrebbe privato del ricatto alimentare.

Si può immaginare una grande diplomazia umanitaria, in cui Pechino offrirà aiuti in cereali ai paesi più colpiti dalla crisi attuale, in aree del Nordafrica e del Medio Oriente? Prima o poi scopriremo quali strategie e quali calcoli adotterà Xi Jinping per usare la sua potenza nella crisi alimentare. Resterà il mistero del perché sia arrivato così preparato in questo frangente.

9 giugno 2022 (modifica il 9 giugno 2022 | 17:06)

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, 2022-06-09 20:24:00, Le riserve di grano custodite nei silos cinesi superano i 140 milioni di tonnellate: molto più di quanto ne manchi sul mercato a causa dell’invasione russa in Ucraina. Ma perché Xi Jinping è arrivato così preparato a questo choc? Come userà il «tesoro» su cui è seduto?, Federico Rampini

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