di Ilaria Sacchettoni
Oggi la sentenza sul pestaggio e la morte. Imputati i carabinieri che lo aggredirono Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro che rischiano il carcere. Il pg chiede di confermare le condanne in Appello. Giovedì la sentenza sui depistaggi
«Si è trattato di una punizione corporale di straordinaria gravità, caratterizzata da una evidente mancanza di proporzione con l’atteggiamento non collaborativo del Cucchi». Così in Cassazione il pg Tommaso Epidendio in merito al processo bis sul pestaggio di Stefano Cucchi. «Si tratta di soggetti professionalmente preparati che si trovano ad affrontare una reazione prevedibile, e nemmeno delle più eclatanti, durante il fermo di Stefano Cucchi che rifiuta di sottoporsi al fotosegnalamento», sottolinea ancora il Pg.
Arrestato per possesso di hashish (21 grammi) la sera del 15 ottobre 2009, Stefano Cucchi muore all’ospedale Sandro Pertini sei giorni dopo. Il legame fra la sua morte e un violento pestaggio subito mentre era nella custodia dello Stato appare evidente fin dal principio mentre la (sofferta) divulgazione delle foto del suo corpo livido e martoriato all’obitorio annuncia che per rintracciare i colpevoli si dovranno superare ostacoli imprevisti. Malgrado almeno tre testimonianze (quella del carabiniere Pietro Schirone e di due detenuti albanesi che videro Stefano) indichino gli esecutori dell’arresto, ossia i carabinieri della stazione Appia, come sospetti del pestaggio, la prima inchiesta della Procura di Roma vira con decisione verso gli agenti della polizia penitenziaria (Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici) estranei ai fatti.
Morale: un primo processo per omicidio colposo, esteso anche ai medici (Aldo Fierro, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo) dell’ospedale che nulla fecero per interrompere quel piano inclinato al quale era avviato il paziente dopo le percosse, non portò a nulla. Ma intanto la famiglia Cucchi, Ilaria in primis, continuava imperterrita a chiedere giustizia finché nel 2015 la Procura riapre il caso, stavolta assegnandolo a un nuovo pm (Giovanni Musarò) e a un’altra polizia giudiziaria, la Squadra Mobile. Ora l’inchiesta valorizza quelle testimonianze inascoltate e vi aggiunge il racconto del detenuto Luigi Lainà che raccolse le confidenza di Cucchi circa le botte ricevute: «Sono stati i carabinieri, si sono divertiti con me…» e le inoltrò al procuratore capo Giuseppe Pignatone.
Il nuovo processo per omicidio preterintenzionale nei confronti dei carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco (più un quarto militare Roberto Mandolini accusato di falso) giunge a una svolta l’11 ottobre 2018 quando Tedesco, con una chiamata in correità, accusa per la prima volta i suoi colleghi del pestaggio: Cucchi si rifiutò di collaborare sia alle perquisizioni che al fotosegnalamento e perciò, racconta, venne massacrato di pugni e calci da Di Bernardo e D’Alessandro spiega. É un momento topico che si conclude con la simbolica stretta di mano fra il carabiniere Tedesco e Ilaria Cucchi, mentre lei assistita dall’avvocato (e compagno) Fabio Anselmo, finisce per commuoversi. Successivamente la testimonianza in aula del professor Francesco Introna il quale ammette l’esistenza di un nesso fra il pestaggio e la morte di Stefano Cucchi fa il resto e il cosiddetto Cucchi bis si conclude con pesanti condanne nei confronti dei carabinieri. In appello, la conferma dell’impianto accusatorio con 13 anni inflitti a Di Bernardo e D’Alessandro più 4 anni per il falso di Roberto Mandolini e 2anni e mezzo per lo stesso reato a Francesco Tedesco.
Oggi la Cassazione dovrà decidere le pene definitive per i quattro militari. Il pg della Cassazione, Tomaso Epidendio, nella requisitoria scritta e depositata nei giorni scorsi in vista dell’udienza, aveva chiesto di confermare le pene per tutti tranne che per Tedesco che, a suo giudizio, va sottoposto a un nuovo dibattimento. In parallelo si avvia alla conclusione anche il processo ter sui depistaggi avvenuti ad opera dei carabinieri, secondo l’accusa. Il terzo troncone processuale vede imputato, tra gli altri, il generale Alessandro Casarsa ex guida dei corazzieri al Quirinale e comandante del gruppo nel 2009. Giovedì è prevista la sentenza.
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4 aprile 2022 (modifica il 4 aprile 2022 | 14:06)
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, 2022-04-04 12:07:00, Oggi la sentenza sul pestaggio e la morte. Imputati i carabinieri che lo aggredirono Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro che rischiano il carcere. Il pg chiede di confermare le condanne in Appello. Giovedì la sentenza sui depistaggi, Ilaria Sacchettoni