Se in Parlamento si azzuffano fra favorevoli e contrari, fra chi giudica l’educazione sessuale una indecenza e chi vorrebbe invece implementarla senza restrizione alcuna, dalle parti della ricerca si viene a sapere che i giovani sono affamati di informazioni sulla sessualità e ne vorrebbero sapere di più già prima dei 14 anni d’età.
Ma non sapendo dove cogliere informazioni (rapporti non protetti, malattie veneree, fertilità ecc. ), i giovani studenti delle scuole medie e superiori si rivolgono all’unico strumento che tacendo dice tutto, che con discrezione assoluta svela mondi arcani senza meravigliarsi né giudicare, vale a dire internet.
Secondo i dati emersi dalla ricerca promossa dalla Società Italia di Riproduzione Umana (SIRU), tramite la quale si è rilanciato il progetto SIRU di Formazione nelle scuole, per 1 studente su 2 Internet è la principale fonte di informazione sessuale, mentre per il 12% sono gli amici.
Mentre alla medesima percentuale di ragazzi e ragazze, il 48,8%, appare giusto che debba essere la scuola ad occuparsi della loro educazione sessuale, dimostrando così che i ragazzi, nonostante appaiono disinibiti, oggi sanno ben poco della loro sessualità e di quanto questa possa poi riflettersi sulla loro salute riproduttiva futura.
Da qui, dicono gli esperti della Società Italia di Riproduzione Umana (SIRU), l’impegno, attraverso un progetto didattico di peer education, “ad affrontare la formazione e l’informazione sulla salute riproduttiva negli adolescenti, al fine di prevenire stili ed abitudini di vita correlabili all’insorgenza di patologie dell’apparato riproduttivo in età adolescenziale che poi, in età adulta, possono condurre a condizioni di ipofertilità o sterilità, compromettendo il progetto genitoriale di una coppia”.
“Il progetto della SIRU -secondo quanto si legge su Agi, intende contribuire anche ad affrontare il tema della denatalità che, in Italia, è oramai un problema strutturale che sta provocando una pericolosa riduzione della popolazione. Una maggiore e precoce consapevolezza sui fattori di rischio per la fertilità, che iniziano ad accumularsi fin da piccoli, può contribuire a ridurre significativamente l’infertilità futura e, di conseguenza, contrastare il drammatico calo delle nascite”.
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