Imprenditori «progettisti di futuro» La carica delle B Corp

di Elisabetta Soglio

In Italia ci sono 140 B Corp e oltre duemila Società Benefit. Da Aboca, Davines, Fratelli Carli, Novamont, Reti alle new entry Illy e Fileni sono aziende con centinaia di dipendenti. Obiettivo

Adriano Olivetti diceva che ogni imprenditore deve chiedersi quale è la direzione verso cui si muove la propria azienda. La domanda oggi ricorre sempre più frequente, incalzata dall’emergenza ambientale, dai bisogni crescenti delle comunità e dalle esigenze dei dipendenti che chiedono (anche) benessere sul posto di lavoro. Il business per se stesso non basta più. Gli imprenditori diventano dunque «progettisti di futuro», definizione cara a Eric Ezechieli e Paolo Di Cesare, co-fondatori di Nativa, Regenerative design compay e società partner della rete internazionale B Lab, organizzazione senza scopo di lucro che ha sedi in Pennsylvania, a New York e ad Amsterdam e che certifica le B Corp. E proprio alle B Corp, le realtà che uniscono lo scopo di lucro a uno o più scopi sociali e che hanno tra gli obiettivi quello di generare un impatto positivo sulla società, sull’ambiente, sulle persone, è dedicato il report delle B Corp italiane che uscirà la settimana prossima. Con dati che parlano chiaro, e arriviamo al punto: nel mondo ci sono 4500 B Corp, in Italia sono oltre 140 ma le Società Benefit (stessi scopi, una certificazione in meno) nel nostro Paese superano quota duemila.

L’Italia, prima in Europa a introdurre le Società Benefit

La tendenza è questa: a livello mondiale nel 2015 erano 2500 le aziende che usavano il B Impact Assessment e oggi sono 10mila. Un approccio al business che ha retto anche nell’anno della pandemia: in Italia durante il 2020 due terzi di B Corp hanno visto crescere il loro fatturato e più di metà ha assunto nuovi dipendenti. Aziende impegnate in tutti i settori: dall’energia alla cosmesi; dall’alimentare alle consulenze e ai servizi. E non si parla soltanto di piccole realtà: Aboca, Davines, Fratelli Carli, Novamont, Reti per citarne alcune di quelle che sono piazzate anche in cima alle classifiche internazionali per impegno rispetto ad ambiente, personale e clienti, o le new entry Illy e Fileni sono aziende con centinaia di dipendenti. «Progettisti del futuro», dicevamo: «Superata l’idea che le aziende nascano esclusivamente per dividere gli utili, la domanda è oggi come posso fare impresa e risolvere problemi senza crearne altri e senza lasciarne in eredità», insiste Di Cesare. Ed Ezechieli incalza: «Ormai sta cambiando in modo evidente l’orientamento degli operatori finanziari, dei fondi di investimento. Non si guarda più alla scelta sul breve termine, ma si valuta la prospettiva più lunga, per capire come una attività economica possa dare un contributo per far sì che consumare non sia sinonimo di distruggere e per generare una prosperità inclusiva e di tutti». Un approccio che l’Italia ha anticipato: primi in Europa, con la legge di stabilità del 2016, ad avere l’introduzione delle società benefit (che per definirsi tali devono cambiare il proprio statuto con atto giuridico), «siamo il Paese che ha storicamente e forse inconsapevolmente nel proprio dna imprenditoriale la vocazione a proporre un’economia di mercato più responsabile», insiste Ezechieli.

La campagna Unlock the Change

Ora l’idea è di consolidare la «Community» delle B Corp che nella nuova campagna Unlock the Change insiste sul fatto che «Cambiare il mondo è un’impresa. Possibile» e punta su tre pilastri: l’educazione (obiettivo è la più grande campagna di educazione sulla sostenibilità mai realizzata in un Paese occidentale, che partirà a marzo) ; l’uguaglianza di genere (e intanto il 46 per cento delle B Corp italiane ha più del 40 per cento dei manager donna); la campagna Net Zero 2030 (per la riduzione delle emissioni). Resta infine un dubbio: che si dichiari un impegno in attività sostenibili solo per migliorare l’immagine e fare pubbliche relazioni? «Il rischio esiste – ammette Paolo Di Cesare – ma oggi abbiamo osservatori e controllori attenti e comunque stiamo sviluppando anticorpi per evidenziare chi è scorretto e racconta cose non vere». Olivetti sarebbe contento: la direzione è segnata.

13 febbraio 2022 (modifica il 13 febbraio 2022 | 08:53)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-02-13 14:21:00, http://s.wordpress.com/mshots/v1/https%3A%2F%2Fwww.corriere.it%2Fbuone-notizie%2F22_febbraio_13%2Fimprenditori-progettisti-futuro-carica-b-corp-4e9fe9e4-8bf1-11ec-a14e-5fea75909720.shtml?w=600&h=450, , , , My unbelievable brother says this plugin is smart!!, I like plug-ins, because they are the helpful., % %item_title%%, In Italia ci sono 140 B Corp e oltre duemila Società Benefit. Da Aboca, Davines, Fratelli Carli, Novamont, Reti alle new entry Illy e Fileni sono aziende con centinaia di dipendenti. Obiettivo , di Elisabetta SoglioIn Italia ci sono 140 B Corp e oltre duemila Società Benefit. Da Aboca, Davines, Fratelli Carli, Novamont, Reti alle new entry Illy e Fileni sono aziende con centinaia di dipendenti. Obiettivo Adriano Olivetti diceva che ogni imprenditore deve chiedersi quale è la direzione verso cui si muove la propria azienda. La domanda…,

di Elisabetta Soglio

In Italia ci sono 140 B Corp e oltre duemila Società Benefit. Da Aboca, Davines, Fratelli Carli, Novamont, Reti alle new entry Illy e Fileni sono aziende con centinaia di dipendenti. Obiettivo

Adriano Olivetti diceva che ogni imprenditore deve chiedersi quale è la direzione verso cui si muove la propria azienda. La domanda oggi ricorre sempre più frequente, incalzata dall’emergenza ambientale, dai bisogni crescenti delle comunità e dalle esigenze dei dipendenti che chiedono (anche) benessere sul posto di lavoro. Il business per se stesso non basta più. Gli imprenditori diventano dunque «progettisti di futuro», definizione cara a Eric Ezechieli e Paolo Di Cesare, co-fondatori di Nativa, Regenerative design compay e società partner della rete internazionale B Lab, organizzazione senza scopo di lucro che ha sedi in Pennsylvania, a New York e ad Amsterdam e che certifica le B Corp. E proprio alle B Corp, le realtà che uniscono lo scopo di lucro a uno o più scopi sociali e che hanno tra gli obiettivi quello di generare un impatto positivo sulla società, sull’ambiente, sulle persone, è dedicato il report delle B Corp italiane che uscirà la settimana prossima. Con dati che parlano chiaro, e arriviamo al punto: nel mondo ci sono 4500 B Corp, in Italia sono oltre 140 ma le Società Benefit (stessi scopi, una certificazione in meno) nel nostro Paese superano quota duemila.

L’Italia, prima in Europa a introdurre le Società Benefit

La tendenza è questa: a livello mondiale nel 2015 erano 2500 le aziende che usavano il B Impact Assessment e oggi sono 10mila. Un approccio al business che ha retto anche nell’anno della pandemia: in Italia durante il 2020 due terzi di B Corp hanno visto crescere il loro fatturato e più di metà ha assunto nuovi dipendenti. Aziende impegnate in tutti i settori: dall’energia alla cosmesi; dall’alimentare alle consulenze e ai servizi. E non si parla soltanto di piccole realtà: Aboca, Davines, Fratelli Carli, Novamont, Reti per citarne alcune di quelle che sono piazzate anche in cima alle classifiche internazionali per impegno rispetto ad ambiente, personale e clienti, o le new entry Illy e Fileni sono aziende con centinaia di dipendenti. «Progettisti del futuro», dicevamo: «Superata l’idea che le aziende nascano esclusivamente per dividere gli utili, la domanda è oggi come posso fare impresa e risolvere problemi senza crearne altri e senza lasciarne in eredità», insiste Di Cesare. Ed Ezechieli incalza: «Ormai sta cambiando in modo evidente l’orientamento degli operatori finanziari, dei fondi di investimento. Non si guarda più alla scelta sul breve termine, ma si valuta la prospettiva più lunga, per capire come una attività economica possa dare un contributo per far sì che consumare non sia sinonimo di distruggere e per generare una prosperità inclusiva e di tutti». Un approccio che l’Italia ha anticipato: primi in Europa, con la legge di stabilità del 2016, ad avere l’introduzione delle società benefit (che per definirsi tali devono cambiare il proprio statuto con atto giuridico), «siamo il Paese che ha storicamente e forse inconsapevolmente nel proprio dna imprenditoriale la vocazione a proporre un’economia di mercato più responsabile», insiste Ezechieli.

La campagna Unlock the Change

Ora l’idea è di consolidare la «Community» delle B Corp che nella nuova campagna Unlock the Change insiste sul fatto che «Cambiare il mondo è un’impresa. Possibile» e punta su tre pilastri: l’educazione (obiettivo è la più grande campagna di educazione sulla sostenibilità mai realizzata in un Paese occidentale, che partirà a marzo) ; l’uguaglianza di genere (e intanto il 46 per cento delle B Corp italiane ha più del 40 per cento dei manager donna); la campagna Net Zero 2030 (per la riduzione delle emissioni). Resta infine un dubbio: che si dichiari un impegno in attività sostenibili solo per migliorare l’immagine e fare pubbliche relazioni? «Il rischio esiste – ammette Paolo Di Cesare – ma oggi abbiamo osservatori e controllori attenti e comunque stiamo sviluppando anticorpi per evidenziare chi è scorretto e racconta cose non vere». Olivetti sarebbe contento: la direzione è segnata.

13 febbraio 2022 (modifica il 13 febbraio 2022 | 08:53)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, di Elisabetta SoglioIn Italia ci sono 140 B Corp e oltre duemila Società Benefit. Da Aboca, Davines, Fratelli Carli, Novamont, Reti alle new entry Illy e Fileni sono aziende con centinaia di dipendenti. Obiettivo Adriano Olivetti diceva che ogni imprenditore deve chiedersi quale è la direzione verso cui si muove la propria azienda. La domanda oggi ricorre sempre più frequente, incalzata dall’emergenza ambientale, dai bisogni crescenti delle comunità e dalle esigenze dei dipendenti che chiedono (anche) benessere sul posto di lavoro. Il business per se stesso non basta più. Gli imprenditori diventano dunque «progettisti di futuro», definizione cara a Eric Ezechieli e Paolo Di Cesare, co-fondatori di Nativa, Regenerative design compay e società partner della rete internazionale B Lab, organizzazione senza scopo di lucro che ha sedi in Pennsylvania, a New York e ad Amsterdam e che certifica le B Corp. E proprio alle B Corp, le realtà che uniscono lo scopo di lucro a uno o più scopi sociali e che hanno tra gli obiettivi quello di generare un impatto positivo sulla società, sull’ambiente, sulle persone, è dedicato il report delle B Corp italiane che uscirà la settimana prossima. Con dati che parlano chiaro, e arriviamo al punto: nel mondo ci sono 4500 B Corp, in Italia sono oltre 140 ma le Società Benefit (stessi scopi, una certificazione in meno) nel nostro Paese superano quota duemila. L’Italia, prima in Europa a introdurre le Società BenefitLa tendenza è questa: a livello mondiale nel 2015 erano 2500 le aziende che usavano il B Impact Assessment e oggi sono 10mila. Un approccio al business che ha retto anche nell’anno della pandemia: in Italia durante il 2020 due terzi di B Corp hanno visto crescere il loro fatturato e più di metà ha assunto nuovi dipendenti. Aziende impegnate in tutti i settori: dall’energia alla cosmesi; dall’alimentare alle consulenze e ai servizi. E non si parla soltanto di piccole realtà: Aboca, Davines, Fratelli Carli, Novamont, Reti per citarne alcune di quelle che sono piazzate anche in cima alle classifiche internazionali per impegno rispetto ad ambiente, personale e clienti, o le new entry Illy e Fileni sono aziende con centinaia di dipendenti. «Progettisti del futuro», dicevamo: «Superata l’idea che le aziende nascano esclusivamente per dividere gli utili, la domanda è oggi come posso fare impresa e risolvere problemi senza crearne altri e senza lasciarne in eredità», insiste Di Cesare. Ed Ezechieli incalza: «Ormai sta cambiando in modo evidente l’orientamento degli operatori finanziari, dei fondi di investimento. Non si guarda più alla scelta sul breve termine, ma si valuta la prospettiva più lunga, per capire come una attività economica possa dare un contributo per far sì che consumare non sia sinonimo di distruggere e per generare una prosperità inclusiva e di tutti». Un approccio che l’Italia ha anticipato: primi in Europa, con la legge di stabilità del 2016, ad avere l’introduzione delle società benefit (che per definirsi tali devono cambiare il proprio statuto con atto giuridico), «siamo il Paese che ha storicamente e forse inconsapevolmente nel proprio dna imprenditoriale la vocazione a proporre un’economia di mercato più responsabile», insiste Ezechieli. La campagna Unlock the Change Ora l’idea è di consolidare la «Community» delle B Corp che nella nuova campagna Unlock the Change insiste sul fatto che «Cambiare il mondo è un’impresa. Possibile» e punta su tre pilastri: l’educazione (obiettivo è la più grande campagna di educazione sulla sostenibilità mai realizzata in un Paese occidentale, che partirà a marzo) ; l’uguaglianza di genere (e intanto il 46 per cento delle B Corp italiane ha più del 40 per cento dei manager donna); la campagna Net Zero 2030 (per la riduzione delle emissioni). Resta infine un dubbio: che si dichiari un impegno in attività sostenibili solo per migliorare l’immagine e fare pubbliche relazioni? «Il rischio esiste – ammette Paolo Di Cesare – ma oggi abbiamo osservatori e controllori attenti e comunque stiamo sviluppando anticorpi per evidenziare chi è scorretto e racconta cose non vere». Olivetti sarebbe contento: la direzione è segnata. 13 febbraio 2022 (modifica il 13 febbraio 2022 | 08:53) © RIPRODUZIONE RISERVATA, Photo Credit: , , www.corriere.it, %%item_url %%, Corriere, Corriere, Corriere, Leggi di più, , https://images2.corriereobjects.it/methode_image/socialshare/2022/02/12/24b1a216-8bf2-11ec-a14e-5fea75909720.jpg, Corriere.it – Homepage, Corriere.it – Notizie e approfondimenti di cronaca, politica, economia e sport con foto, immagini e video di Corriere TV. Meteo, salute, guide viaggi, Musica e giochi online , https://www.corriere.it/rss/images/logo_corriere.gif, http://xml2.corriereobjects.it/rss/homepage.xml, Elisabetta Soglio

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