In Francia riaprono le scuole con il divieto di abaya per le studentesse musulmane e la sperimentazione delluniforme in alcuni istituti

Riaprono le scuole in Francia con la polemica del divieto di “abaya” per le studentesse di fede musulmana e l’avvio di una sperimentazione di uniformi che vedrà intanto alcuni istituti coinvolti.

“Le modalità dell’esperimento saranno annunciate in autunno”, ha detto stamattina il ministro dell’Educazione nazionale, Gabriel Attal, come riporta l’Ansa.

Non siamo sicuri che sia una soluzione miracolo – ha detto Attal intervistato dalla radio RTL – ma merita di essere sperimentata“.

Sono decisamente favorevole perché penso che faccia avanzare il dibattito – ha spiegato – il modo migliore di farsi un’idea è provare le cose negli istituti“.

L’idea, nello specifico, è quella di sperimentare l’uniforme “in alcuni istituti diversi, elementari, medie e licei, con una vera metodologia di valutazione. Alla fine si vedrà se sarà stato utile per le allieve“.

L’uniforme scolastica raccoglie l’ok della destra francese, come il leader dei Républicains, Eric Ciotti: “consentirebbe di fronteggiare le diseguaglianze e le molestie”.

Interesse anche dall’estrema destra, in particolare da parte di due sindaci che si sono fatti avanti per praticare il test: quello di Perpignano, Louis Aliot (Rassemblement National), o quello di Béziers, Robert Ménard.

Il ministro Attal ha anche confermato il divieto della “abaya”: “non possiamo tergiversare con la laicità a scuola – ha detto – una allieva che si presenti con una abaya a scuola non potrà entrare in classe“.

Il ministero francese ha contato per il momento “513 istituti scolastici” come “potenzialmente” coinvolti da questo delicato tema.

Anche in Italia il tema dell’abaya a scuola ha raccolto alcuni commenti.

Su tutti quello del filosofo Massimo Cacciari, che parla di “una malattia antica, tipica dell’Europa centrale”, che mette in evidenza un approccio “meno scientifico e di più antistorico” nei confronti dell’integrazione.

Per l’ex sindaco di Venezia, la vera integrazione non dovrebbe significare “tu devi diventare uguale a me”, ma dovrebbe piuttosto porsi come un riconoscimento reciproco di culture e tradizioni diverse.

Per molti, la Francia, patria della Rivoluzione e dei valori repubblicani, dovrebbe rappresentare un baluardo di laicità. Tuttavia, l’autentica laicità, come sottolinea Cacciari, “implica l’accettazione delle usanze, delle tradizioni e della cultura altrui”. Se una società non è in grado di accogliere e rispettare le diversità culturali, religiose e tradizionali, può davvero definirsi laica? Oppure sta semplicemente sostenendo una forma di supremazia culturale?

Il dibattito è arrivato su Il Riformista: da un lato il direttore del giornale web Alessio De Giorgi che si dice favorevole secondo il quale “la scuola è e deve continuare ad essere una sorta di campo neutro di gioco, in cui si lasciano a casa i fondamentalismi, gli integralismi e per l’appunto le polarizzazioni”.

Sullo stesso giornale è ospitato il parere di Filippo Campiotti di Italia Viva che punta i riflettori sulla laicità: “Deve significare che ognuno sia libero di credere e di esprimersi come ritiene, che ognuno possa essere ciò che è, fino in fondo”.

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