Lo scontro con la Francia  l’abbiamo cercato  e lo perderemo

GIOVEDÌ 17 NOVEMBRE 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
ricordiamoci dei francesi, quando comprano aziende italiane e spesso lo fanno per due soldi oppure quando scimmiottano solidarietà agli italiani per poi maltrattare un’intera nazione come fosse un’appendice alla Francia e tratto d’unione con l’Africa. Africa un continente che parla francese, che usa moneta francese e che è nell’area di influenza francese. E roba loro e a loro non una ma tutte le navi migranti andrebbero indirizzate.
Donato Losa, Milano

Ho frequentato per anni amici e clienti francesi, ho viaggiato centinaia di volte in tutta la Francia per vacanze e lavoro, sempre ho trovato gentilezza, considerazione e stima non solo per me, ma anche per gli italiani a volte anche sovrastimati per la loro storia, civiltà, inventiva artistica e per l’abilità negli affari. Sempre invece ho avvertito una certa ostilità esistente nell’ambiente politico. Un caso evidente è nell’interpretazione della Storia quando al contrario di tutto il mondo in Francia si dice civiltà galloromana e non semplicemente romana.
Giovanni Decio

Cari lettori,
Quando c’è di mezzo la Francia molti di voi scrivono volentieri, spesso in chiave anti-francese. In effetti lo scontro con Macron è alla lunga un bel guaio per la Meloni sul piano politico, ma sul breve può essere un vantaggio propagandistico. Gli italiani sono convinti di essere disprezzati dai francesi. La penso però come il signor Decio: i francesi amano l’Italia e sono affascinati dagli italiani. Diverso è il giudizio sulla nostra politica. L’Italia fascista attaccò la Francia con i tedeschi già a Parigi: una «pugnalata alle spalle» che in particolare i gollisti non ci hanno mai perdonato. La Francia è stata governata per quasi mezzo secolo dalla destra antifascista, espressione che da noi è considerata quasi un ossimoro. È abbastanza normale che qualsiasi giustificazione del fascismo suoni stonata sull’altro versante delle Alpi. Quando poi vince le elezioni italiane un partito che ha lo stesso identico simbolo di Marine Le Pen, contro cui Emmanuel Macron ha combattuto e vinto due durissime campagne presidenziali (senza contare legislative e amministrative), è chiaro che qualche problemino si crea. Se poi il governo francese, tra cento spocchie — «vigileremo sul rispetto dei diritti umani» — e mille pregiudizi, fa un gesto di buona volontà accogliendo una nave, e un’ora dopo si legge i tweet di tracotante esultanza del vicepremier, allora si può serenamente concludere che lo scontro ce lo siamo andati a cercare. E purtroppo non lo vinceremo, perché ci piaccia o no la Francia è un Paese che sotto ogni profilo — Pil, abitanti, nucleare militare e civile, peso e costo del debito pubblico, seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, financo numero di turisti — conta più di noi. Poi c’è la Germania, che conta ancora di più, e ha interessi ancora più divergenti dai nostri. Non occorre un genio della politica per capire che con la Francia sarebbe meglio andare d’accordo. Senza scomodare a ogni occasione rivalità e legami, Napoleone e Platini, Gambetta e Zola, Belmondo e Pierre Cardin, che si chiamava in realtà Piero Cardìn ed era di Sant’Andrea di Barbarana, Treviso.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«La mia amica ebrea salvata da Bartali e dal vescovo di Assisi»

Il 15 novembre mattina a Gerusalemme ci ha lasciati Mirjam Viterbi Ben Horin (nella foto sopra) un’anziana ma vivace signora di religione ebraica con cui ho vissuto una lunga, intensa amicizia. Era vedova di Nathan Ben Horin, un diplomatico che aveva decisivamente collaborato presso l’ambasciata di Israele a Roma per l’instaurarsi delle relazioni ufficiali tra la sua patria e il Vaticano. Era nata a Padova, dove il padre era un insegnante universitario, una delle personalità più influenti della comunità ebraica nella città veneta. Quest’ultimo a seguito delle leggi razziali aveva perduto la cattedra universitaria. La sinagoga di Padova fu bruciata. Mirjam, la sorella, papà e mamma, trovarono rifugio presso il vescovo di Assisi Giuseppe Placido Nicolini. Attraverso don Aldo Brunacci molti ebrei furono nascosti nella città francescana. Mirjam e i suoi familiari ricevettero identità e documenti nuovi prodotti dalla stamperia clandestina di Assisi, meta di tanti pericolosi viaggi che Bartali, come staffetta, faceva partendo e ritornando a Firenze. Oggi ad Assisi per iniziativa del vescovo Domenico Sorrentino, un museo diocesano raccoglie una documentazione importante di quegli eventi. Mirjam era profondamente interessata all’unità fra cristiani ed ebrei, soprattutto al legame tra Primo e Secondo Patto, fra la sua vita e la mia. Di questo abbiamo parlato in decine e decine di lunghissime telefonate. Su questi temi Mirjam ha composto alcune poesie: mi chiedeva un commento e, alcune volte, gliel’ho mandato per iscritto. Con poche persone nella mia vita ho vissuto una tale intensità e profondità di comunicazione come con Mirjam.
vescovo Massimo Camisasca

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-11-16 23:33:00,

GIOVEDÌ 17 NOVEMBRE 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
ricordiamoci dei francesi, quando comprano aziende italiane e spesso lo fanno per due soldi oppure quando scimmiottano solidarietà agli italiani per poi maltrattare un’intera nazione come fosse un’appendice alla Francia e tratto d’unione con l’Africa. Africa un continente che parla francese, che usa moneta francese e che è nell’area di influenza francese. E roba loro e a loro non una ma tutte le navi migranti andrebbero indirizzate.
Donato Losa, Milano

Ho frequentato per anni amici e clienti francesi, ho viaggiato centinaia di volte in tutta la Francia per vacanze e lavoro, sempre ho trovato gentilezza, considerazione e stima non solo per me, ma anche per gli italiani a volte anche sovrastimati per la loro storia, civiltà, inventiva artistica e per l’abilità negli affari. Sempre invece ho avvertito una certa ostilità esistente nell’ambiente politico. Un caso evidente è nell’interpretazione della Storia quando al contrario di tutto il mondo in Francia si dice civiltà galloromana e non semplicemente romana.
Giovanni Decio

Cari lettori,
Quando c’è di mezzo la Francia molti di voi scrivono volentieri, spesso in chiave anti-francese. In effetti lo scontro con Macron è alla lunga un bel guaio per la Meloni sul piano politico, ma sul breve può essere un vantaggio propagandistico. Gli italiani sono convinti di essere disprezzati dai francesi. La penso però come il signor Decio: i francesi amano l’Italia e sono affascinati dagli italiani. Diverso è il giudizio sulla nostra politica. L’Italia fascista attaccò la Francia con i tedeschi già a Parigi: una «pugnalata alle spalle» che in particolare i gollisti non ci hanno mai perdonato. La Francia è stata governata per quasi mezzo secolo dalla destra antifascista, espressione che da noi è considerata quasi un ossimoro. È abbastanza normale che qualsiasi giustificazione del fascismo suoni stonata sull’altro versante delle Alpi. Quando poi vince le elezioni italiane un partito che ha lo stesso identico simbolo di Marine Le Pen, contro cui Emmanuel Macron ha combattuto e vinto due durissime campagne presidenziali (senza contare legislative e amministrative), è chiaro che qualche problemino si crea. Se poi il governo francese, tra cento spocchie — «vigileremo sul rispetto dei diritti umani» — e mille pregiudizi, fa un gesto di buona volontà accogliendo una nave, e un’ora dopo si legge i tweet di tracotante esultanza del vicepremier, allora si può serenamente concludere che lo scontro ce lo siamo andati a cercare. E purtroppo non lo vinceremo, perché ci piaccia o no la Francia è un Paese che sotto ogni profilo — Pil, abitanti, nucleare militare e civile, peso e costo del debito pubblico, seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, financo numero di turisti — conta più di noi. Poi c’è la Germania, che conta ancora di più, e ha interessi ancora più divergenti dai nostri. Non occorre un genio della politica per capire che con la Francia sarebbe meglio andare d’accordo. Senza scomodare a ogni occasione rivalità e legami, Napoleone e Platini, Gambetta e Zola, Belmondo e Pierre Cardin, che si chiamava in realtà Piero Cardìn ed era di Sant’Andrea di Barbarana, Treviso.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«La mia amica ebrea salvata da Bartali e dal vescovo di Assisi»

Il 15 novembre mattina a Gerusalemme ci ha lasciati Mirjam Viterbi Ben Horin (nella foto sopra) un’anziana ma vivace signora di religione ebraica con cui ho vissuto una lunga, intensa amicizia. Era vedova di Nathan Ben Horin, un diplomatico che aveva decisivamente collaborato presso l’ambasciata di Israele a Roma per l’instaurarsi delle relazioni ufficiali tra la sua patria e il Vaticano. Era nata a Padova, dove il padre era un insegnante universitario, una delle personalità più influenti della comunità ebraica nella città veneta. Quest’ultimo a seguito delle leggi razziali aveva perduto la cattedra universitaria. La sinagoga di Padova fu bruciata. Mirjam, la sorella, papà e mamma, trovarono rifugio presso il vescovo di Assisi Giuseppe Placido Nicolini. Attraverso don Aldo Brunacci molti ebrei furono nascosti nella città francescana. Mirjam e i suoi familiari ricevettero identità e documenti nuovi prodotti dalla stamperia clandestina di Assisi, meta di tanti pericolosi viaggi che Bartali, come staffetta, faceva partendo e ritornando a Firenze. Oggi ad Assisi per iniziativa del vescovo Domenico Sorrentino, un museo diocesano raccoglie una documentazione importante di quegli eventi. Mirjam era profondamente interessata all’unità fra cristiani ed ebrei, soprattutto al legame tra Primo e Secondo Patto, fra la sua vita e la mia. Di questo abbiamo parlato in decine e decine di lunghissime telefonate. Su questi temi Mirjam ha composto alcune poesie: mi chiedeva un commento e, alcune volte, gliel’ho mandato per iscritto. Con poche persone nella mia vita ho vissuto una tale intensità e profondità di comunicazione come con Mirjam.
vescovo Massimo Camisasca

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

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GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

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Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

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SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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DOMENICA – LA STORIA

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Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

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, Aldo Cazzullo

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