Ha prodotto un certo scalpore, e a giusta ragione, il “ritorno in cronaca” di un tragico episodio: la morte di un alunno tredicenne durante una gita scolastica (era il 2014), dopo aver percorso una scalinata di 40 gradini. L’episodio, ovviamente, ha chiamato in causa l’insegnante che accompagnava allora gli alunni in gita e che, secondo la richiesta del Pubblico ministero, rischia – stante la decisione che i giudici dovranno assumere nei prossimi giorni – una condanna a 8 mesi di carcere. Per quel che ci riguarda, il riprendere l’evento luttuoso non è certo l’occasione per accusare o assolvere l’insegnante coinvolto, ma solo motivo per richiamare i principi giuridici che presiedono alla responsabilità dei docenti in caso di infortuni occorsi agli alunni durante l’attività didattica, così come dedotti dai più consolidati orientamenti giurisprudenziali.
Ab initio, una premessa necessaria: il docente può essere chiamato in causa per danni subiti dagli alunni a lui affidati solo ed unicamente durante il c.d. “tempo scolastico”, che comprende le ore trascorse in classe, i momenti destinati alla ricreazione, nonché il lasso temporale impiegato nella effettuazione delle uscite didattiche e delle gite scolastiche.
Infortuni alunni: quale responsabilità per i docenti?
Il primo aspetto della nostra riflessione, concerne, per l’appunto, il danno subìto da un alunno per “autolesione”, ovvero senza il concorso di un agente esterno. In tale circostanza, la responsabilità che ricade sul docente ha natura contrattuale. L’accoglimento dell’alunno a scuola a seguito della domanda di iscrizione, instaura un vincolo negoziale (un contratto di protezione) da cui deriva, per la istituzione scolastica e per il docente interessato, un obbligo specifico: vigilare sulla sicurezza e sulla incolumità dell’alunno durante tutto il tempo in cui fruisce della prestazione didattico-educativa. Detto altrimenti, tra docente e alunno sorge e si instaura, per contatto sociale, una precisa obbligazione giuridica: il docente prende su di sé, nell’ambito del più generale impegno di istruzione ed educazione, anche l’onere di protezione e vigilanza affinché l’alunno non procuri un danno alla propria persona.
Dal che, in caso di danno “per autolesione” dell’alunno, una notevole conseguenza:
- all’alunno, o alla famiglia dello stesso, una semplice incombenza: provare che il danno è avvenuto durante lo svolgimento dell’attività scolastica;
- per il docente, una incombenza ben più gravosa: provare che l’evento generativo del danno non può essere a lui imputato.
Quest’ultimo aspetto – il dover dimostrare di non aver potuto evitare l’evento nocivo per l’alunno (c.d. prova liberatoria), rileva essere, per il docente, un percorso alquanto problematico se non particolarmente accidentato.
La giurisprudenza, infatti, tende a non attribuire alcuna importanza alla dimostrazione dell’assenza di negligenza (scarsa attenzione), imprudenza (mancata cautela) o imperizia (non rispetto di regole tecniche o inettitudine tecnica o professionale) da parte del docente. Richiede invece – dopo la verifica dell’effettivo esercizio della sorveglianza – che il docente evidenzi la concreta impossibilità di intervenire per ostacolare il fatto lesivo, vale a dire che questo risulti del tutto esterno al controllo dello stesso docente. Per essere ancor più chiari, si chiede di dimostrare il danno all’alunno come derivante dal caso fortuito: “un avvenimento imprevedibile ed eccezionale che si inserisce d’improvviso nell’azione del soggetto”. Con linguaggio meno tecnico, non altro che il corrispettivo del più comune concetto di fatalità.
Responsabilità dei docenti: se l’alunno non ha consegnato il certificato medico
Nel caso di specie, a motivo della mancata consegna alla scuola di un certificato medico attestante lo stato di salute dell’alunno, così come riportato dagli organi di stampa, la prossima decisione dei giudici potrebbe tener conto (il condizionale è d’obbligo) delle risposte – acquisite nel dibattito processuale – ad alcune delle seguenti domande, ovvero:
- Il docente ha avuto modo di cogliere, durante la ordinaria e pregressa attività scolastica, elementi di fragilità fisica dell’alunno?
- I genitori, pur in modo informale, hanno mai comunicato al docente lo stato di salute dell’alunno?
- E, comunque, l’insegnante è stato mai messo a parte della condizione fisica dell’alunno, anche da fonti diverse da quelle familiari, ancorché attendibili?
Per parte nostra, ci impegniamo fin d’ora a commentare la sentenza dei giudici non appena resa nota.
, , Pubblicato da Giovanni Battista Diciocia
Ha prodotto un certo scalpore, e a giusta ragione, il “ritorno in cronaca” di un tragico episodio: la morte di un alunno tredicenne durante una gita scolastica (era il 2014), dopo aver percorso una scalinata di 40 gradini. L’episodio, ovviamente, ha chiamato in causa l’insegnante che accompagnava allora gli alunni in gita e che, secondo […]
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