Iran, accusa per le 2 giornaliste arrestate: «Sono spie della Cia». Oltre mille persone a processo a Teheran

di Marta Serafini

Niloufar Hamedi e Elaheh Mohammadi, tra le prime a seguire la vicenda di Mahsa Amini, si trovano nella prigione di Evin. Secondo le autorità iraniane sono state addestrate in Paesi terzi tra cui Italia e Turchia

In manette, additate come agenti Cia. Due giornaliste iraniane, Niloufar Hamedi e Elaheh Mohammadi, tra le prime a seguire la vicenda della morte di Mahsa Amini, sono state accusate dal ministero dell’Intelligence di essere spie addestrate dagli Usa. Hamedi è stata la prima a riferire del ricovero in ospedale della giovane di origini curde, postando su Twitter la foto dei genitori che ha suscitato indignazione e scatenato le prime proteste; Mohammadi ha coperto il funerale della 22enne a Saqez, nel Kurdistan iraniano. Entrambe sono state successivamente arrestate e si trovano nella prigione di Evin nella capitale. Mohammadi è stata presa il 22 settembre e il suo avvocato ha detto che le forze di sicurezza hanno sfondato la sua porta e portato via oggetti personali come il suo telefono e laptop.

In un comunicato delle Guardie Rivoluzionarie e del Ministero dell’Informazione di venerdì scorso Niloufar Hamedi di Shargh ed Elaheh Mohammadi sono accusate di essere agenti della Cia e di essere state addestrate in precedenza in alcuni paesi terzi, tra cui Italia, Turchia, Paesi Bassi, Sudafrica ed Emirati Arabi. Nel comunicato si legge che il «regime mafioso degli Stati Uniti e dei suoi alleati, Israele e Arabia Saudita, hanno organizzato corsi di formazione per alcuni individui in questi Paesi, dove hanno ospitato consapevolmente o inconsapevolmente i corsi. E hanno rilasciato visti sotto la copertura del turismo o dell’istruzione». Il documento specifica anche che «Teheran ha informato alcuni di questi governi attraverso la cooperazione di intelligence che hanno con l’Iran». Il quotidiano riformista Shargh per cui le giornaliste lavorano sabato ha definito false le accuse rivolte a due giornaliste.

Sul quotidiano indipendente Etemad è stato pubblicato un appello firmato da oltre 300 giornalisti, fotografi e attivisti dei media iraniani per il rilascio delle due colleghe. «La libertà dei media non è solo un diritto dei giornalisti, ma anche della società», si legge nella lettera. E ancora: «La nostra società ha il diritto di sapere cosa sta succedendo in modo tempestivo, senza censure o filtri, e ha anche il diritto di interrogare qualsiasi persona o istituzione che causi inefficienza, corruzione o violi la legge», continua la dichiarazione.

Dalla morte di Amini, il 16 settembre, l’Iran è sconvolto da dure proteste di piazza che non accennano a diminuire e alle quali il regime ha risposto con una violenta repressione. Più di un migliaio le persone arrestate, tra cui decine di giornalisti. Mille persone saranno processate nella sola Teheran per avere preso parte alle proteste. Lo hanno annunciato funzionari della magistratura iraniana, come riporta Irna, facendo sapere che andranno a processo individui che hanno compiuto «azioni sovversive» e hanno avuto un ruolo centrale nelle dimostrazioni. «Coloro che intendono scontrarsi con il regime e sovvertirlo sono dipendenti dagli stranieri e saranno puniti in linea con la legge», ha affermato il capo della Magistratura iraniana Gholam-Hossein Mohseni Ejei alludendo al fatto che alcuni manifestanti potrebbero essere condannati con l’accusa di avere collaborato con governi stranieri. «Senza dubbio, i nostri giudici affronteranno i casi delle recenti rivolte in modo accurato e rapido», ha aggiunto Mohseni Ejei. Minacce dunque e intimidazioni che non fermano però la piazza iraniana.

31 ottobre 2022 (modifica il 31 ottobre 2022 | 15:38)

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, 2022-10-31 14:57:00, Niloufar Hamedi e Elaheh Mohammadi, tra le prime a seguire la vicenda di Mahsa Amini, si trovano nella prigione di Evin. Secondo le autorità iraniane sono state addestrate in Paesi terzi tra cui Italia e Turchia , Marta Serafini

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