di Arianna Ravelli, inviata a Doha
La Cnn: «Minacce di torture e violenze prima del Galles». Intanto Il c.t. Queiroz punge il collega americano: «Noi non facciamo giochetti psicologici, né stragi a scuola»
Iran-Usa questa volta, 24 anni dopo la «madre di tutte le partite» (definizione americana) e la «vittoria contro Satana» (definizione iraniana), vale il passaggio del turno: una vittoria potrebbe consentire alla squadra persiana di conquistare una qualificazione mai raggiunta, gli Stati Uniti vogliono riscattare l’assenza dal Mondiale di quattro anni fa e confermare la crescita del movimento. Sarebbe già tanto, non è naturalmente tutto qui.
Le frasi considerate offensive del tedesco-americano Jurgen Klinsmann che parlando alla Bbc aveva accusato gli iraniani di «avere nella propria cultura» certi mezzi, come fare pressioni sull’arbitro (ora l’ex interista, a cui era stato chiesto di dimettersi dal gruppo tecnico Fifa, dice che si spiegherà personalmente), e il post della Federazione Usa che ha usato la bandiera dell’Iran senza i simboli della Repubblica islamica («L’intento era sostenere i diritti delle donne, ne abbiamo fatto uno solo così per lanciare quel messaggio, tutti gli altri avevano la bandiera ufficiale», la spiegazione del portavoce Usa), sono gli ultimi ingredienti di un piatto già piuttosto piccante da solo. I due c.t., il portoghese nato in Mozambico Carlos Queiroz e l’irlandese-americano Gregg Berhalter, in apparenza fanno la stessa cosa: cercano di proteggere la loro squadra da tutto quello che è montato attorno e di concentrarsi solo sul pallone.
Queiroz, per la verità, prova a farlo, con frasi più o meno condivisibili, da quando ha messo piede in Qatar nel pieno della rivolta repressa con il sangue dal regime, con i giocatori dilaniati dalla scelta se cantare o meno l’inno (no nella prima partita persa con l’Inghilterra, sì nella seconda vinta con il Galles e ormai si prosegue così). La situazione non è affatto pacificata però: gli attivisti presenti qui in Qatar denunciano di essere stati arrestati per aver mostrato maglie o striscioni con la scritta «Donne, vita, libertà» e alcune donne allo stadio hanno raccontato di essere state osservate da «sorveglianti» del regime che usano binocoli puntati sugli spalti (in Iran per le donne è vietato andare allo stadio).
E la Cnn rivela che le famiglie dei calciatori della Nazionale iraniana sarebbero state minacciate di essere arrestate e torturate nel caso in cui i giocatori non si fossero comportati in maniera «corretta». «C’è un gran numero di agenti di sicurezza iraniani in Qatar che raccolgono informazioni e monitorano i giocatori», ha detto la fonte, secondo la quale Queiroz, ha incontrato separatamente i funzionari iraniani in seguito alle loro minacce ai giocatori e alle loro famiglie.
Ma se le frasi del c.t. Usa Berhalter, alle prese con le accuse di aver inventato l’infortunio di Giovanni Reyna (centrocampista del Borussia Dortmund) per coprire l’esclusione in seguito a una lite, sono di circostanza («Non vogliamo sembrare distaccati, però il nostro focus ora è solo sulla partita, anche se abbiamo a cuore il popolo iraniano»), quelle di Queiroz, ormai visto come un paladino contro le prepotenze occidentali, sono decisamente più appuntite. E ricevono per tre volte gli applausi dei giornalisti iraniani in conferenza stampa. Alla domanda se userà il caso-bandiera per motivare i suoi, Queiroz risponde: «Se dopo 42 anni da allenatore pensassi ancora di servirmi di questi giochetti psicologici, vorrebbe dire che non ho imparato niente», lasciando forse intendere che da parte degli Usa c’è stato un tentativo di destabilizzare l’ambiente. Non pago, prosegue così: «Siamo solidali con tutte le cause umanitarie, i diritti umani, il razzismo, anche i bambini che muoiono nelle sparatorie a scuola», e la citazione al fenomeno delle stragi con armi da fuoco che affligge gli Usa non è naturalmente casuale. Insomma, fuori dal campo non è che ci stiamo tanto simpatici. Va meglio in campo, dato che Queiroz elogia gli Usa passati «dal soccer al football, e questo è il migliore complimento che posso fare loro». Proviamo a parlare di calcio, che è meglio.
29 novembre 2022 (modifica il 29 novembre 2022 | 09:09)
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, 2022-11-29 08:11:00, La Cnn: «Minacce di torture e violenze prima del Galles». Intanto Il c.t. Queiroz punge il collega americano: «Noi non facciamo giochetti psicologici, né stragi a scuola», Arianna Ravelli, inviata a Doha