Le difficoltà che in Italia ha incontrato la costruzione di un robusto ed efficace sistema di istruzione terziaria professionalizzante è forse la principale spiegazione del numero così basso di laureati nel nostro Paese (poco meno del 27% fra i 30-34enni, contro una media UE di quasi il 42%). Nati circa quindici anni fa, gli ITS – Istituti Tecnici Superiori, ribattezzati ITS Academy – Istituti Tecnologici Superiori dopo la legge di riforma prevista dal PNRR, rappresentano in questo senso il primo tentativo davvero compiuto di dare vita a percorsi di istruzione terziaria professionalizzante, accanto a quelli più propriamente accademici, cercando di colmare il ritardo più che decennale rispetto agli altri paesi europei. L’obiettivo degli ITS Academy, come declinato dalla legge 99/2022, è “potenziare e ampliare la formazione professionalizzante di tecnici superiori con elevate competenze tecnologiche e tecnico professionali”, così da sostenere “lo sviluppo economico e la competitività del sistema produttivo, colmando progressivamente la mancata corrispondenza tra la domanda e l’offerta di lavoro, che condiziona lo sviluppo delle imprese, soprattutto piccole e medie (…)”, al tempo stesso contribuendo alla diffusione della cultura tecnico-scientifica e orientare i giovani alle professioni STEM. Per capire se e in qual misura l’impostazione della riforma possa avvicinare l’Italia al resto dei paesi europei la Fondazione Agnelli ha voluto realizzare un proprio Rapporto, dal titolo “ITS Academy: una scommessa vincente? L’istruzione terziaria professionalizzante in Italia e in Europa”, pubblicato da Milano University Press. Curato da Matteo Turri, docente al Dipartimento di Economia, Management e Metodi Quantitativi dell’Università degli Studi di Milano, alla guida di un gruppo di ricercatori italiani ed europei, il Rapporto analizza la formazione terziaria professionalizzante negli altri tre principali paesi UE (Francia, Germania e Spagna) e in Svizzera, leader a livello internazionale in questa filiera.
Dal confronto europeo e dagli studi di caso di nove ITS in Italia, diversi per caratteristiche e area geografica, emergono le principali caratteristiche e criticità attuali del sistema degli ITS Academy, i rischi da evitare e alcune indicazioni di policy per rafforzare – nei numeri, nell’articolazione, nella diffusione e nell’efficacia – l’istruzione terziaria professionalizzante in Italia. Il Rapporto è stato presentato oggi all’Università degli Studi di Milano. Matteo Turri e Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, ne hanno illustrato i principali risultati, che sono stati poi discussi da Francesca Borgonovi (OCSE), Giovanni Brugnoli (Confindustria), Brunella Reverberi (Regione Lombardia) e Arduino Salatin (Istituto Universitario Salesiano di Venezia). Il Rettore dell’Università di Milano, Elio Franzini, ha concluso i lavori.
ANOMALIE E DIFFERENZE FRA ITALIA E ALTRI PAESI EUROPEI
La ricerca analizza diverse anomalie, differenze e criticità del sistema degli ITS Academy rispetto ai paesi europei presi in esame. Ogni ITS ha in media solo 180 studenti, con un forte divario territoriale: 230 studenti al Nord, 170 al Centro e 125 nel Mezzogiorno. Le limitate dimensioni sono oggi probabilmente il principale freno a uno sviluppo degli ITS in termini di rilevanza, attenzione, finanziamento e conoscenza da parte delle scuole, delle università, degli studenti potenziali utenti e dei datori di lavoro.
La legge 99/2022 e le risorse del PNRR (1,5 mld) mirano a irrobustire il sistema. La disponibilità concentrata nel tempo di tante risorse potrebbe, tuttavia, non eliminare le cause dell’attuale gracilità degli ITS (anche legate all’insufficiente struttura gestionale), con il rischio che dopo il piano straordinario di investimenti il volume di risorse statali ordinarie possa ritornare ai modesti livelli prepandemia, circa 50 milioni l’anno. Mentre Francia, Svizzera e Germania vedono la compresenza di almeno e talvolta anche più di due linee di formazione terziaria professionalizzante, l’Italia ha invece scelto una sola linea, gli ITS Academy. Questa anomalia del percorso italiano rispetto ai modelli europei è correlata all’assenza di una definizione del profilo culturale e professionale del diplomato ITS, che può creare problemi di aspettative disattese tra gli studenti come tra i datori di lavoro.
La ricerca evidenzia una forte eterogeneità nei profili in uscita e, di conseguenza. nell’articolazione delle attività formative. Un altro ostacolo limita lo sviluppo degli ITS Academy: la tendenza all’isolamento, che si esprime attraverso la mancata sinergia con l’istruzione secondaria di II grado e l’istruzione terziaria universitaria. Il modesto coinvolgimento della prima danneggia soprattutto i meccanismi di orientamento alla formazione terziaria professionalizzante.
Come dimostrano gli esempi europei, le scuole secondarie superiori hanno un grande potenziale in termini di orientamento, che l’assenza di un legame organico con gli ITS Academy dissipa. Sull’altro fronte, resta una forte diffidenza tra i due binari dell’istruzione terziaria. Da un lato, le università sono poco interessate a rafforzare il carattere professionalizzante della propria offerta; dall’altro, gli ITS Academy sembrano rivendicare una vocazione tutta professionalizzante, estranea a ogni dimensione di apprendimento di conoscenze teoriche.
“Gli attuali ITS – ha commentato Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli – hanno sempre cercato di stringere legami forti con il sistema produttivo circostante (in qualche caso con ottimi esiti, in altri con meno successo), molto meno con il sistema scolastico e quello universitario. A differenza di Francia e Spagna, dove le Sections de Techniciens Supérieurs (STS) e i corsi di Ciclos Formativos de Grado Superior sono direttamente incardinati negli istituti tecnici e professionali, da noi la tendenza degli ITS è di rendersi autonomi dagli istituti di provenienza degli studenti sia come infrastrutture sia come contenuti dei corsi. Oggi gli ITS appaiono come monadi, senza legami organici con il resto del sistema di istruzione: questo comporta che pochi studenti delle superiori siano a conoscenza degli ITS come possibili alternative agli studi universitari e che, inevitabilmente, il loro sviluppo proceda a passo lento. Lo stesso isolamento esiste rispetto al sistema universitario”.
Infatti, a livello nazionale, ITS Academy e università sono in capo a due ministeri differenti (rispettivamente, MIM e MUR), a svantaggio di una visione sistemica. A livello regionale, debole è in genere il coordinamento tra ITS e atenei. Anche a livello di singole istituzioni, di fatto né gli ITS né le università hanno concreti vantaggi a creare passerelle tra i due segmenti.
PROPOSTE DI POLICY
“Solo una cura attenta ed estesa nel tempo, a livello di policy e manageriale – ha affermato Matteo Turri – può portare a interventi di successo. Coerentemente, alla luce dei risultati della ricerca non vogliamo proporre formule risolutive, ma quattro assi di azione la cui implementazione coordinata, simultanea e adattiva può sostenere uno sviluppo del sistema degli ITS Academy più ampio, robusto e sinergico con le altre istituzioni impegnate nell’istruzione secondaria e terziaria”.
1) Favorire un maggiore rafforzamento istituzionale e gestionale degli ITS Academy con investimenti permanenti rilevanti. Questo intervento è necessario anche per consentire alle cospicue risorse del PNRR di non rimanere sottoutilizzate, a causa di un’insufficiente disponibilità per le spese di funzionamento ordinario. Si tratta, in particolare, di (i) ampliare lo spettro di accreditamento degli ITS Academy almeno su base triennale, così da dare permanenza e certezza all’offerta formativa, rendendo gli istituti più visibili e attraenti nei confronti degli studenti, senza l’incertezza su quali corsi saranno attivati di anno in anno; (ii) rendere più certi e permanenti i meccanismi di finanziamento consentendo agli ITS Academy di contare su risorse stabili nel corso del tempo; (iii) favorire misure di diritto allo studio a sostegno degli studenti nell’investimento formativo; (iv) rafforzare il Fondo per l’istruzione tecnologica superiore e in generale i fondi per il finanziamento degli ITS Academy. L’attuale finanziamento statale (circa 50 milioni, a cui va aggiunto un limitato finanziamento regionale) non sembra adeguato a una crescita significativa dei numeri degli ITS Academy. A regime il finanziamento complessivo dovrebbe essere di altro ordine. Ipotizzando di coinvolgere nel sistema terziario di istruzione tecnologica superiore circa 80mila studenti ogni anno (ovvero circa il 25% degli immatricolati all’università nei corsi di laurea di primo livello e a ciclo unico) e ipotizzando un finanziamento per coprire un costo annuo per studente di 6.600 euro l’ammontare necessario a regime, per i corsi biennali, è circa 1 miliardo di euro.
2) Definire in modo più accurato i profili di uscita degli ITS Academy. I casi nazionali evidenziano il ruolo centrale delle autorità territoriali (Francia e Spagna) e del sistema delle professioni e delle associazioni datoriali (Germania e Svizzera) nella definizione dei profili in uscita. La legge 99/2022 prevede una ridefinizione delle aree tecnologiche e delle figure professionali di riferimento: è un’occasione per un’enunciazione più puntuale dei profili professionali territoriali e della programmazione dell’offerta formativa.
3) Legare maggiormente gli ITS Academy alla scuola secondaria di II grado, favorendo (i) la condivisione delle strutture amministrative e fisiche delle scuole superiori con gli ITS; (ii) un maggiore coinvolgimento del personale docente delle scuole secondarie per affiancare quello di provenienza dal mondo produttivo; (iii) un migliore sfruttamento del potenziale di orientamento della scuola secondaria, consentendo finalmente agli ITS di acquisire visibilità e rilevanza; (iv) la possibilità, come in alcune nazioni europee esaminate, di anticipare l’iscrizione degli ITS alla fine del quarto anno della scuola superiore: sarebbe un incentivo importante in particolare per gli studenti che vengono dalla filiera della formazione professionale. Il disegno di legge del Governo del 18 settembre scorso – con la sperimentazione 4+2 – potrebbe dare una svolta in questo senso, garantendo più stretta continuità fra scuole tecniche e professionali e ITS. Vanno, però, approfonditi e specificati i reali contenuti organizzativi e didattici che daranno sostanza alla nozione per ora generica del «campus» come dimensione unificante dell’intera filiera. E rimangono alcuni punti critici da chiarire: in primo luogo, come fare a garantire che i corsi quadriennali sperimentali garantiscano lo stesso livello di apprendimenti di quelli quinquennali.
4) Superare la visione monistica e stereotipata della formazione terziaria professionalizzante. Accanto al rafforzamento degli ITS Academy, servono misure di promozione e irrobustimento della formazione terziaria professionalizzante anche dentro le università. “I casi francese, svizzero e tedesco – ha spiegato Matteo Turri – mostrano sistemi di istruzione terziaria molto articolati dove nei percorsi professionalizzanti operano attori che hanno scopi e caratteristiche differenti, con meccanismi di transizione e ibridazione forti. Il caso più evidente è quello tedesco, che malgrado venga rappresentato nel dibattito italiano in modo stereotipato con generici riferimenti alle Fachhochschule è caratterizzato da una fortissima pluralità degli attori e dei canali, con inoltre significative differenze anche su base regionale”. Per un rafforzamento ad ampio spettro della formazione terziaria professionalizzante sarebbe auspicabile: (i) rafforzare le lauree professionalizzanti, ma soprattutto creare incentivi per un ampio e adeguato investimento degli atenei, o per lo meno di alcuni atenei interessati, recuperando le indicazioni originarie del Processo di Bologna sulla dimensione professionalizzante delle lauree; (ii) facilitare il riconoscimento dei crediti maturati negli ITS Academy ai fini universitari.
“Questi sono anni decisivi – ha concluso Andrea Gavosto – se non forse l’ultima occasione per il decollo in Italia di un vero sistema di alta formazione professionale, che sarebbe un indubbio beneficio per le opportunità formative degli studenti e per le capacità di innovazione della nostra economia. Alcune scelte effettuate finora appaiono, però, poco in sintonia con quanto succede nel resto di Europa: il nostro Rapporto ha l’obiettivo di sollecitare un’urgente riflessione pubblica”. Il Rapporto integrale può essere scaricato dal sito www.fondazioneagnelli.it
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