Johara, voce contro i femminicidi,uccisa con una bomba sotto l’auto

di Davide Frattini, nostro corrispondente a Gerusalemme

La giovane arabo-israeliana, 28 anni, ha infranto l’omertà per i diritti delle donne. Diceva di non sentirsi sicura: «Governo e polizia non ci garantiscono protezione»

L’esplosivo piazzato sotto l’auto, un’esecuzione in stile mafioso per zittire una ragazza che non voleva stare zitta. O per punirla di qualche sgarbo, di qualche mancanza verso quello che chiamano l’onore di famiglia. L’hanno ammazzata come le tante altre che in questi anni aveva provato a difendere, una strage in quella strage che sono gli omicidi nella comunità degli arabi israeliani: già 35 in questi primi cinque mesi e mezzo dell’anno, tra loro cinque donne.

Papà e mamma

A Shfaram, villaggio diventato cittadona nel nord del Paese, tutti conoscevano Johara, come tutti riconoscevano quel cognome: Khanifs. Il padre vicensindaco da una ventina d’anni, il nonno tra i leader dei drusi, vicino ai laburisti, deputato per due legislature nel parlamento dello Stato appena nato. È così che Johara aveva imparato a lottare per i diritti, la madre impegnata nel dipartimento per la Parità di genere al Comune. Al sito Arab48 aveva raccontato di non sentirsi sicura, non ne faceva una questione di minacce personali, di paura per se stessa: «Tutte siamo esposte, non c’è uno spazio per noi nella società, il governo e la polizia non ci garantiscono protezione».

Gli omicidi tra arabo-israeliani

L’anno scorso il 70 per cento di tutti gli omicidi in Israele è avvenuto tra arabi, anche se rappresentano solo il 20 per cento della popolazione. Dal 2000 — calcola l’Israel Democracy Institute — gli arabi ammazzati sono stati 1.574, il 4,3 per cento dalla polizia (68), il resto da altri arabi. È proprio per ottenere i fondi e gli interventi per contrastare la violenza interna che Mansour Abbas, capo del partito islamista Ra’am, ha deciso dodici mesi fa di entrare nella coalizione, il primo politico arabo a cercare di ottenere maggiore uguaglianza per questi cittadini da dentro il governo. È riuscito a trovare nel laburista Omer Barlev, ministro per la Sicurezza pubblica, un interlocutore che ammette: «Non possiamo ignorare la situazione dicendo “finché si ammazzano tra di loro” non è un nostro problema».

Lapidi allineate

Johara, 28 anni, aveva cercato di infrangere il silenzio attorno ai femminicidi, l’omertà che rallenta e svia le indagini (la maggior parte degli assassinii resta irrisolta) nel suo caso la polizia è convinta che un parente possa essere coinvolto e per ora esclude vendette politiche contro il padre. I maschi reagiscono a donne che rivendicano sempre più libertà e sempre di più la ottengono fuori di casa: mentre la disoccupazione per gli uomini arabi è salita, tra il 2001 e il 2018 l’impiego femminile è raddoppiato. Al cimitero di Lod, non lontano da Tel Aviv, le lapidi delle Abu Ghanem sono allineate una vicina all’altra, una sequenza di delitti in famiglia, padri che uccidono le figlie, fratelli che puniscono le sorelle: da Hamda che un giorno si è fermata a parlare con dei ragazzi, a Shirihan che si era opposta al matrimonio obbligato.

Abbiamo perso una gemma

«Israele ha perso una gemma, una giovane coraggiosa. La sua uccisione codarda ci deve spingere a rinnovare gli sforzi perché tutte le donne possa vivere in pace e sicurezza», commenta Thomas Nides, l’ambasciatore americano. Khanifs aveva partecipato a un programma del Dipartimento di Stato per le attiviste antiviolenza. Poco tempo fa assieme alla madre era apparsa in un video diffuso sui canali e sui social media arabi. In pantaloni e maglietta nera, assieme ad altre donne, accoglie i visitatori che porgono le condoglianze alla famiglia in lutto dopo un omicidio che nel filmato è solo intravisto. Le fiamme della sua auto sventrata dal tritolo le hanno viste tutti.

9 giugno 2022 (modifica il 9 giugno 2022 | 23:12)

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Pietro Guerra

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