Kharkiv, la città ucraina è sfinita dalla guerra, ma è libera: «Ora guideremo la rinascita»

di Lorenzo Cremonesi

La città ucraina è sconvolta dai danni e dal tributo di vite che ha dovuto pagare: «Sembriamo tutti zombie». Ma ora i militari puntano a respingere i russi fin oltre il confine. E la gente sta tornando

DAL NOSTRO INVIATO
KHARKIV
Nessuno corre più come un pazzo per superare quella ventina di chilometri maledetti prima della città e ai posti di blocco la polizia ha cessato di fornire gli ultimi dati sui bombardamenti russi . Anzi, è proprio Anton, un vigile della municipalità che controlla i documenti all’entrata della zona urbana, a confermare che «l’assedio di Kharkiv ormai è terminato e adesso stiamo spingendo i russi fuori dal nostro Paese».

Parla per conoscenza diretta: «Ancora un mese fa qui vedevo quasi unicamente auto in partenza, però da due settimane prevalgono quelli che ritornano. In genere non sono famiglie con bambini, bensì adulti in prevalenza uomini che vengono a vedere cosa ne è stato delle loro case dopo quasi tre mesi di missili e bombe». La guerra osservata dalle strade aiuta spesso a comprendere come stia andando. Ieri mattina siamo partiti in auto dalla zona di Donetsk, nel Donbass centrale, e subito procedendo verso Dnipro abbiamo incrociato lunghe colonne di tank in assetto da combattimento, compresi materassini e sacchi a pelo degli equipaggi appesi alle torrette, assieme a camion che trainavano cannoni pesanti e decine di bus carichi di soldati affiancati da gipponi, lanciarazzi e autobotti. Segno che i comandi di Kiev si sentono abbastanza tranquilli per iniziare a preparare le forze che dovrebbero sloggiare i russi dal Donbass e soprattutto tentare di attaccare verso sud per liberare i combattenti accerchiati nelle acciaierie di Mariupol.

La svolta nelle strade

Nostro obbiettivo era invece raggiungere la seconda città del Paese dove si sta consumando la battaglia più importante di questi giorni. «A Kharkiv si sta aprendo una nuova fase della guerra», confermava il 10 maggio lo stesso presidente Zelensky . Ancora dalla strada verifichiamo che le vie da Kharkiv verso Kiev e Dnipro, insomma l’intero arco sud-occidentale, ormai sono messe in sicurezza e il traffico è scorrevole. Non era affatto scontato, perché proprio su Kharkiv puntò l’offensiva russa la mattina del 24 febbraio in parallelo alla corsa per prendere Kiev, eliminare Zelensky e creare un governo fantocci o. A Kharkiv fu subito bombardamento duro, molto più feroce che non su Kiev: vennero colpite la municipalità e l’università, i due edifici più importanti affacciati sulla immensa Piazza Libertà. Per viaggiare il modo relativamente più sicuro divenne il treno. Già la mattina del 27 febbraio le avanguardie russe avevano preso gran parte dei quartieri orientali, vennero cacciate dai commando ucraini nelle 24 ore seguenti, ma a costo di gravi perdite, anche civili. Il sindaco Ihor Terekhov parlava di 209 cittadini morti e 443 feriti gravi già il 7 marzo, il 14 aprile i decessi superavano quota 400, oggi sono in tutto ben oltre 600. Più la città resisteva e maggiore si fece la rappresaglia di fuoco. I russi spostarono artiglierie, mortai e lanciarazzi Grad a 10 chilometri in linea d’aria dal centro. «Oltre 600.000 persone, più del 30 per cento degli abitanti, sono sfollati», ammetteva il sindaco a fine marzo. Ancora tre settimane fa si trascorrevano i giorni e le notti accompagnati dall’incubo delle esplosioni, le stazioni del metrò locale erano diventate bivacchi permanenti.

Pace dopo le bombe

Ecco allora la sorpresa di trovare ieri una città finalmente pacificata. La fine dei bombardamenti su Kharkiv corrisponde con il successo dell’offensiva ucraina garantita dai massicci quantitativi di armi inviate dall’Occidente . «I russi sono ormai scappati dalle periferie nord e orientali. Le loro avanguardie sono attestate a oltre 45 chilometri dal centro di Kharkiv e ciò significa che sono fuori raggio, non possono più colpire la cerchia urbana», ci dice Ruslan, un 48enne ufficiale della riserva incontrato al palazzo devastato della municipalità. Mentre parliamo torna ad echeggiare lugubre l’urlo delle sirene, ma lui alza le spalle. «Il peggio erano i cannoni, i missili in genere vengono intercettati dalle nostre contraeree», spiega. Quindi indica su di una mappa i nomi degli ultimi villaggi riconquistati: Cherkasi, Tyshky, Ruski Tyshky, Rubizhne, Baidak. Verso sud è evidente che ora le colonne ucraine mirano a scacciare i russi da Izyum, dove questi speravano di accerchiare l’armata ucraina del Donbass. Verso nord invece si martella con i cannoni appena donati dagli alleati. Ancora pochi chilometri e i russi potrebbero essere costretti a rientrare nel loro Paese nei pressi di Belgorod, la stessa immensa base logistica da cui erano partiti in febbraio e che a loro volta gli ucraini hanno ripetutamente preso di mira.

«Siamo come zombie»

Sono successi rilevanti. E tuttavia Kharkiv appare molto meno viva che non la capitale, le ferite sono difficili da lenire. «Qui abbiamo avuto oltre 2.000 grandi palazzi e 85 tra scuole, ospedali ed edifici pubblici distrutti o gravemente danneggiati», ricorda Julia Zemenko, un’agente immobiliare 57enne. «Prima della guerra le case del centro valevano oltre 1.800 dollari al metro quadro, adesso meno della metà e il mercato resta congelato. Tutti hanno paura. Ho tanti amici che ancora passano le notti nel metrò. Sembriamo tutti zombie», dice. Non è difficile crederle. Nel centro di molti edifici antichi restano in piedi solo le facciate. Dopo le sette di sera torna il silenzio, i pochi passanti corrono veloci lungo i muri, paiono fantasmi.

13 maggio 2022 (modifica il 13 maggio 2022 | 10:19)

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, 2022-05-13 11:57:00, La città ucraina è sconvolta dai danni e dal tributo di vite che ha dovuto pagare: «Sembriamo tutti zombie». Ma ora i militari puntano a respingere i russi fin oltre il confine. E la gente sta tornando, Lorenzo Cremonesi

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