di Gian Guido Vecchi
Adesso è nel mirino del sesto pacchetto di sanzioni promosso dall’Unione europea
L’ultima considerazione, l’altro giorno, sembra uscita da un racconto di Philip K. Dick, quasi un seguito de L’uomo nell’alto castello, la descrizione di una realtà parallela: «La Russia non ha mai attaccato nessuno. È sorprendente che un Paese grande e potente non abbia mai attaccato nessuno, abbia solo difeso i suoi confini».Kirill , al secolo Vladimir Michajlovič Gundjaev, non aveva forse ancora letto il suggerimento che gli ha rivolto cristianamente Papa Francesco , nell’intervista al Corriere: «Il patriarca di Mosca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin».
Del resto è dall’inizio della guerra che Kirill agita il turibolo a benedire la battaglia ai «cosiddetti valori del potere mondiale» rappresentati dalla lobby gay, la «parata gay» come «test» della «libertà» com’è intesa nell’Occidente pervertito. Ma ora che la Commissione europea si prepara a sanzionare pure lui nel sesto «pacchetto di» misure in risposta all’invasione dell’Ucraina, c’è il rischio che saltino fuori le ricchezze che Kirill ha sempre negato o taciuto e sulle quali si vocifera da anni, 4 miliardi di dollari secondo un rapporto Forbes del 2006, dai 4 agli otto miliardi in base alle stime della Novaya Gazeta.
E così, con buona pace del conflitto ontologico tra bene e male, di una guerra che «non ha solo un significato politico» perché «si tratta della salvezza umana, di dove andrà a finire l’umanità», insomma «una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico», si tratterà di verificare le voci fastidiose che lo braccano da anni, la passione per lo sci alpino e acquatico, le ricchezze che si sarebbe procurato quando in Iraq c’era l’embargo statunitense e la Chiesa russa prendeva la decima sul commercio di sigarette, la residenza di lusso a Mosca e lo chalet sulle Alpi svizzere, nel cantone di Zurigo, perfino quella faccenda losca dell’agente «Mikhailov» reclutato nel clero dal Kgb quand’era ancora un arcivescovo. Dieci anni fa lo fotografarono mentre sedeva ieratico ad un incontro ufficiale con un orologio Breguet da trentamila dollari al polso. Cercarono di cancellarlo col Photoshop ma si vedeva il riflesso sul tavolino, il patriarcato si scusò per il ritocco.
Resta da stabilire la ragione per la quale Kirill, da due mesi abbondanti a questa parte, abbia abbandonato anche le prudenze residue che la sua carica gli imporrebbe. Fino all’invasione dell’Ucraina, Vladimir Michajlovič era stato attento a non esporsi troppo in pubblico. Cresciuto in una famiglia religiosa, è diventato monaco nel 1969 e ha fatto una carriera folgorante fin dagli anni sovietici, gli studi all’Accademia teologica di Leningrado-San Pietroburgo della quale divenne poi rettore, la nomina a vescovo di Vyborg (1976), arcivescovo di Smolensk (1984) e Kaliningrad (1988) e metropolita (1991), Alessio II che nel 1989 lo sceglie come presidente del dipartimento affari religiosi esteri e quindi «ministro degli esteri» del Patriarcato, infine il vecchio patriarca che muore e Kirill che gli succede nel 2009.
Si dice fosse contrario all’annessione della Crimea e nel 2014 evitò di partecipare alle celebrazioni. Nel mondo ortodosso, per spiegare la svolta estremista e i toni da cappellano militare, si dice abbia sofferto della concorrenza interna del metropolita di Pskov e Porkhov, Tikhon Shevkunov, anche lui amico di Putin, uno che ama farsi accreditare come «padre spirituale» del presidente russo, un oppositore interno che si distingue nella predicazione del «Russkii mir», l’ideologia di un «mondo russo» oltre i confini del Paese che è tra i fondamenti della volontà di potenza di Putin.
Di certo la Chiesa ortodossa non sta passando un momento tranquillo. E il «Santo Sinodo» che avrebbe dovuto riunire a maggio i vescovi ortodossi russi ha deciso di rinviare l’assemblea, e il regolamento di conti interno, a una data da destinarsi in «autunno o inverno». Intanto è sempre più isolato, fuori e dentro l’ortodossia. Il titolo completo di Kirill è quello di Patriarca di Mosca di «tutte le Russie», un’espressione che risale ai secoli degli zar e alla «grande Russia» affianca la «Russia bianca», ovvero la Bielorussia, e l’Ucraina come «piccola Russia». In base ai dati del World Council of Churches, in Russia si contano 113,5 milioni di fedeli, 8,2 milioni in Bielorussia. In Ucraina ce ne sarebbero 30 milioni, legate al patriarcato di Mosca, con 10.377 parrocchie: e ormai, com’è evidente, hanno abbandonato Kirill al suo destino e se ne stanno andando altrove.
4 maggio 2022 (modifica il 4 maggio 2022 | 12:55)
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, 2022-05-04 22:35:00, Adesso è nel mirino del sesto pacchetto di sanzioni promosso dall’Unione europea, Gian Guido Vecchi