La bambina di 4 mesi sopravvissuta al naufragio e J., l’eroe nascosto: «Ho salvato lei, ma ho perso 6 amici»

di Elena Tebano

J. ha 17 anni, viene dal Togo, e il 27 giugno era sulla barca che ha fatto naufragio nella zona di ricerca e soccorso libica. Era uno dei pochi che sapeva nuotare, e ha messo in salvo sei persone, tra cui la bimba di 4 mesi fotografata sulle spalle di un altro migrante. Ora è in un centro per minori a Taranto, e il suo destino è ancora incerto

Sbattuto tra le onde sulla schiena di un ragazzone grande e grosso, era poco più di una macchia gialla sulla sua maglietta rossa. Solo quando si sono avvicinati i soccorritori di Medici senza Frontiere (Msf) si sono resi conto che quel fagottino che il giovane faceva di tutto per tenere fuori dall’acqua era una bambina di 4 mesi.

Il fotoreporter Michael Bunel, che era a bordo della lancia di Msf, ha ripreso tutta la scena, avvenuta nella zona di ricerca e soccorso libica: si vedono il giovane robusto con la maglietta rossa e una donna attaccati a un relitto, appena sopra la superficie dell’acqua. Stanno lì da almeno tre ore, sono esausti, le onde violente li tirano da una parte all’altra. Il ragazzone con la maglietta rossa ha lo sguardo allucinato, con una mano si tiene a quel che resta del gommone e con l’altra afferra la bambina, un fagottino minuscolo che ogni volta rischia di sfuggirgli.

Se lo getta sulla spalla, come se fosse la sua roccia in mezzo al mare. Il gommone si avvicina ondeggiando, mentre i soccorritori tendono le braccia. È pericoloso, potrebbero tirare giù tutti e tre. Una soccorritrice, Fulvia Conte di Msf, si sporge sul bordo di gomma arancione, mentre altri due operatori la tengono per la tuta. Riesce a prendere la bimba e la passa a un medico. Non respira e allora lui cerca di rianimarla: un massaggio al cuore, qualche colpo sulla schiena. La bambina improvvisamente scoppia a piangere: è viva. Tutto si conclude in una manciata di secondi, senza neanche il tempo di pensare.

Sembra un miracolo. Ma se quella bambina ora è al sicuro con la madre in un ospedale di Malta non è soltanto perché il ragazzo con la maglietta rossa l’ha tenuta come se ne andasse della sua vita e i medici di Msf le hanno prestato le prime cure.
È perché prima un ragazzo di 17 anni l’ha tratta in salvo dalle onde, affidandola al giovane dalla maglietta rossa.
È un eroe sconosciuto arrivato dal Togo in quel pezzo di Mediterraneo, nel tentativo di trovare una vita migliore in Europa.
Ha salvato altre sei persone e poi è scomparso nell’anonimato di un centro di accoglienza di Taranto. Ora è lui che deve essere salvato, arrivare alla vita migliore che cercava.

«Viaggiavo sul gommone con 6 amici, sono tutti morti » ha raccontato a Medici senza frontiere il ragazzo, di cui conosciamo solo il nome proprio, J. «Le onde erano alte, il vento fortissimo ed era notte fonda. L’acqua entrava ovunque nel gommone. Abbiamo provato a svuotarlo. La gente era molto spaventata, è iniziato il panico. Tutti si sono alzati in piedi». Molte persone sono cadute in mare. «Ho cominciato a vedere la gente in acqua» ha raccontato il ragazzo.

È stato lui, uno dei pochi che sapevano nuotare, a raggiungere a bracciate una dopo l’altra sei persone , portandole fino ai pezzi del gommone che galleggiavano in mezzo alle onde, dove sono rimaste aggrappate per ore. Tra loro c’era la madre della bambina, che il ragazzo ha salvato per prima . Solo dopo si è reso conto del fagottino giallo tra le onde. Allora ha agguantato anche la bimba e l’ha messa tra le braccia del ragazzo con la maglietta rossa. «Anche se non sono riuscito a salvare nessuno dei miei 6 amici ho salvato molti bambini. Ho salvato la piccola bambina che è stata evacuata con l’elicottero con la madre. Ho preso anche un altro bambino, ma purtroppo era già morto. Poi siete venuti voi di Msf a salvarci» ha raccontato J. ai soccorritori.

Quando Geo Barents, la nave di soccorso e ricerca di Medici senza frontiere, è arrivata sul luogo del naufragio il 27 giugno, dopo tre ore di navigazione, si è trovata davanti una scena apocalittica. Il gommone ormai sfasciato dalle onde aveva iniziato ad affondare. «Era il nostro peggior incubo divenuto realtà. Abbiamo capito subito quanto sarebbe stato un salvataggio complicato» dice Riccardo Gatti, responsabile delle operazioni di Msf a bordo della Geo Barents. «La barca stava affondando con decine di persone bloccate mentre molte erano già in acqua». I soccorritori hanno gettato i salvagenti in mare, per permettere ai naufraghi sparsi ovunque di aggrapparsi. Avevano il sole in faccia e non hanno visto subito la bambina. Poi il salvataggio.

Non tutti sono stati così fortunati: due donne hanno raccontato di aver perso i propri bambini in mare e un’altra giovane donna ha riferito di aver perso suo fratello più piccolo. Tra i morti c’è anche una donna incinta, che i soccorritori non hanno potuto rianimare. Alla fine hanno contato 71 superstiti, molti con gravi ustioni e disidratazione, e almeno 22 persone disperse. Il Mar Mediterraneo rimane il confine più letale al mondo, con 24.184 migranti morti o dispersi registrati dal 2014 e 721 solo nel 2022.

Tra coloro che ce l’hanno fatta c’è J., il ragazzino eroe di 17 anni. Sbarcato a Taranto, è stato preso in carico dalle autorità italiane. Non rischia più la vita, ma il suo destino è ancora incerto , appeso alle procedure di riconoscimento e assistenza per i minori non accompagnati.

«Se fuggiamo è perché a casa non stavamo bene, ecco perché fuggiamo; se fossimo stati bene, non saremmo andati a cercarci questa tragedia» ha detto agli operatori di Msf che lo hanno soccorso. «Queste persone hanno visto morire davanti ai loro occhi i loro amici, compagni, figli, fratelli e sorelle. Molti di loro fuggono dalle violenze e dagli abusi subiti in Libia e dopo questo naufragio hanno vissuto un’ulteriore tragedia — aggiunge Fulvia Conte di Msf, la vice responsabile delle attività di ricerca e soccorso di Msf che ha messo la bambina in salvo sul gommone —. Per fortuna sono arrivati sulla terra ferma dove potranno essere assistiti al livello medico e psicologico. Ma serve una risposta adeguata a una situazione che non è più emergenziale perché continua ormai da anni. Riteniamo necessaria una risposta coordinata a livello europeo e un’attività di ricerca e soccorso adeguata e proattiva, oltre a più canali legali e sicuri per evacuare queste persone dalla Libia che non è un Paese sicuro».

6 luglio 2022 (modifica il 6 luglio 2022 | 19:48)

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, 2022-07-06 20:04:00, J. ha 17 anni, viene dal Togo, e il 27 giugno era sulla barca che ha fatto naufragio nella zona di ricerca e soccorso libica. Era uno dei pochi che sapeva nuotare, e ha messo in salvo sei persone, tra cui la bimba di 4 mesi fotografata sulle spalle di un altro migrante. Ora è in un centro per minori a Taranto, e il suo destino è ancora incerto, Elena Tebano

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