«La Cina teme Taiwan perché siamo il suo opposto: ci riproverà, ma non può fare nulla di più»

di Andrea Marinelli

Il rappresentante di Taiwan in Italia Andrea Sing-Ying Lee: «Abbiamo lo stesso sangue, ma nel loro ci sono marxismo, leninismo e maoismo, nel nostro no»

«Paura no, prudenza e preoccupazione del popolo sì», spiega Andrea Sing-Ying Lee, rappresentante di Taiwan in Italia, quando gli chiediamo se a Taipei hanno davvero temuto l’invasione cinese. «La gente ha continuato a vivere normalmente, i voli sono proseguiti e anche i trasporti marittimi: hanno fatto qualche deviazione per evitare la zona, ma non si sono fermati. È la quarta crisi dello Stretto, questa volta però si è intensificata la pressione».

Cosa può succedere ora?


«La Cina ha fatto questa esercitazione sostenendo che Nancy Pelosi ha oltrepassato la linea rossa, ma è una scusa: 25 anni fa è venuto lo speaker Newt Gingrich e non fecero niente. Ormai però è più forte, più robusta e a differenza di prima può permettersi queste azioni coercitive. Pensano di aver ottenuto un risultato positivo, di aver fatto qualcosa senza precedenti, e in futuro proveranno a ripeterlo, ma non possono fare nulla di più: Taiwan è stata sempre ben difesa e la Cina sa che non è facile da attaccare. Questa realtà non è cambiata. Noi non abbiamo fatto niente per contrastarli e continueremo su questa linea di equilibrio militare strategico. È la nostra migliore difesa, con la prudenza e la cautela. Dopo questa esperienza, tutti sanno che Taiwan è un Paese pacifico».

Perché Pechino parla di riannettere Taiwan?


«Perché è una facile scusa per calmare i dissensi interni, per continuare a costruire un esercito forte e per mettere in guardia dall’esempio di Taiwan: non è cinese, ma è una società di cultura storica cinese che gode di democrazia, libertà, diritti umani ma anche tecnologia e sviluppo socioeconomico. È la loro negazione, un esempio di come sarebbe la Cina se fosse libera e democratica, e a Pechino ne hanno paura. E poi non hanno sovranità su Taiwan, la loro sarebbe un’annessione».

Teme conseguenze economiche?


«Credo che nel breve termine qualche piccolo aggiustamento ci sarà. Sul medio e lungo periodo non vedo invece un’influenza negativa. Li conosciamo troppo bene e l’economia è una cosa pratica: la legittimità del Partito comunista passa dal realizzare una società prospera, con il benessere crescente della gente. I cinesi vogliono tornare alla normalità, anche loro sarebbero influenzati da questa crisi».

Quale sarà l’impatto sull’Italia?


«Con l’Italia abbiamo 5 miliardi di euro all’anno di scambio commerciale, che non verrà influenzato da questo blocco non riuscito, così come non verranno toccati gli investimenti. Per esempio Tsmc (la nona azienda al mondo per capitalizzazione, ndr) ha continuato le proprie operazione in Stati Uniti e Giappone e fra qualche tempo verranno a studiare opportunità in Europa: se investiranno, lo faranno in Germania o Italia».

Crede che Pelosi sia stata incauta a venire?


«Per noi è stata una normale visita di parlamentari di Paesi amici. Non è questo che dimostra che Taiwan è più indipendente e più libera, più sovrana, più autonoma. Per noi tutti sono amici, anche i cinesi: è il governo di Pechino a essere contro Taiwan. Pensano che siccome sono più ricchi, più forti, più potenti possono attaccarci e intimorirci come vogliono, ma è una logica da giungla. Abbiamo lo stesso sangue, ma nel loro ci sono marxismo, leninismo e maoismo, nel nostro no».

Pensa che gli Usa dovrebbero cambiare strategia?


«Ci può essere qualche aggiustamento, qualche valutazione, piccole modifiche per poter contenere la nuova realtà che la Cina ha voluto cambiare: tutto il mondo deve anche adeguarsi. Credo che in futuro ci sarà anche maggiore vicinanza fra Occidente e Taiwan, perché se non faremo da contrappeso, i cinesi penseranno di poter fare ciò che vogliono. Come la Russia con l’Ucraina: se riesce a prenderla, poi può prendere la Polonia, la Lituania o i Paesi baltici e questo non conviene all’Europa»

Ci sono davvero similitudini con l’Ucraina?


«Taiwan è la 20esima economia del mondo per Pil, la metà dei semiconduttori sono fatti qua, sarebbe un problema molto più grande rispetto all’Ucraina. E poi si è sempre preparata a un eventuale attacco cinese. Inoltre abbiamo uno stretto molto più largo della Manica o di quello di Messina, che funge da deterrente: per attaccarci la Cina avrebbe bisogno di un milione di soldati, e non è facile muoverli senza essere avvistati e abbattuti. E poi Taiwan è una democrazia, fa parte dell’Occidente: se nessuno ci difendesse, anche moralmente, poi potrebbero prendere il Giappone, la Corea, Singapore. Se Taiwan dovesse cadere, cadrebbe l’intera alleanza democratica. Come in Ucraina, però, perderebbero tutti: Taiwan, il mondo, ma anche la Cina, perché hanno bisogno di noi».

Potenzierete l’esercito?


«Noi siamo fiduciosi e abbiamo la determinazione di difenderci da soli. Come l’Ucraina chiederemo armi più moderne se ci sarà bisogno, ma Taiwan ha 210 mila soldati, 2 milioni di riservisti e abbiamo più missili del necessario per difenderci. Siamo un porcospino e i cinesi sanno che attaccare Taiwan sarebbe fatale per loro. Questa volta hanno fatto una simulazione più avanzata, più profonda, ma non hanno mai pensato di attaccare militarmente: sono fanatici, ma non sono stupidi».

7 agosto 2022 (modifica il 7 agosto 2022 | 21:29)

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, 2022-08-07 21:07:00, Il rappresentante di Taiwan in Italia Andrea Sing-Ying Lee: «Abbiamo lo stesso sangue, ma nel loro ci sono marxismo, leninismo e maoismo, nel nostro no», Andrea Marinelli

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