La continuità didattica zavorra la scuola. Lettera

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Inviato da Enrico Maranzana – La continuità didattica è considerata un valore: tende a garantire la permanenza pluriennale di un docente con gli stessi alunni; il D.M. 258/22 la premia finanziariamente. Eppure sono molte le delibere parlamentari che ne hanno decretato il superamento, decisioni volte all’adeguamento della scuola alla cultura contemporanea.

Eccone alcune.

La modernizzazione delle procedure scolastiche è iniziata nel 1969, con l’introduzione di una nuova finalità formativa. Il nuovo esame di Stato, infatti, biforcava l’accertamento: due erano i traguardi da soppesare; il primo riguardava “il grado di preparazione” degli studenti che la scuola certificava; il secondo le commissioni d’esame che dovevano “valutare la personalità globale dei candidati”.

Bipartizione che i decreti delegati del 1974 hanno regolato, ristrutturando il servizio scolastico e gerarchizzandone i traguardi: formativo – educativo – dell’istruzione – dell’insegnamento.

Una ristrutturazione che la legge 53/2003 ha così sintetizzato: “E’ promosso l’apprendimento … e sono assicurate a tutti pari opportunità … di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro”.
Decodificando: è superata la tradizionale nozione di apprendimento, consistente nell’adesione ai contenuti disciplinari. E’ sostituita da una nuova accezione che attribuisce alla conoscenza una funzione strumentale: è la palestra in cui si promuovono comportamenti (competenze) da cui traspaiono le qualità intellettive e operative degli studenti (capacità), il traguardo del sistema scolastico.

Questa concezione dell’apprendimento è rivoluzionaria: responsabile del successo formativo non è più il singolo docente, ma la squadra dei docenti (Consiglio di classe), essendo la meta educativa unica, comune a tutti gli insegnamenti.

Quanto esposto conduce a una penosa considerazione: i governi che si sono succeduti nei decenni non hanno assolto la funzione primaria che la costituzione assegna loro, l’esecutività: non hanno attuato le indicazioni legislative e non hanno vigilato sulla loro corretta applicazione.

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