di Monica GuerzoniDraghi punta sui provvedimenti. L’ipotesi di un incontro Le «risposte chiare» alle quali Giuseppe Conte ha legato la permanenza del M5S nel governo arriveranno, perché per Mario Draghi molti dei nove punti indicati nella lettera dell’ex premier «sono parte dell’agenda di governo». Ma l’inquilino di Palazzo Chigi non vuole farsi trascinare nella dinamica degli ultimatum. Stare ai tempi imposti dal quartier generale contiano, dove invocano un segnale prima del voto di fiducia al Senato sul decreto Aiuti, darebbe l’immagine di un governo prigioniero dei ricatti dei partiti. E dunque, anche se si parla di un nuovo faccia a faccia tra mercoledì e giovedì, non ci sono al momento telefonate o incontri in agenda. Per Draghi quel che conta è la sostanza dei provvedimenti e la loro approvazione, con l’urgenza imposta dalle conseguenze della guerra e della pandemia. La settimana che si apre è delicata e cruciale. Su una maggioranza già lacerata pesa il rischio di una crisi di governo, che si aprirebbe se i 5 Stelle decidessero di ritirare i tre ministri rimasti dopo la scissione. Conte alza i toni di un decibel al giorno: «Pretendiamo un cambio di passo immediato». E studia la strategia parlamentare sul decreto Aiuti. Oggi, dopo aver votato la fiducia alla Camera, i deputati del M5S si asterranno sul provvedimento, o solo sulla parte che riguarda l’inceneritore di Roma. Ma al Senato il voto è unico e l’idea su cui si ragiona in via di Campo Marzio è uscire giovedì dall’Aula, per non votare la fiducia. Un atto politico aventiniano, gravido di conseguenze. Eppure a Palazzo Chigi non si strappano i capelli e spiegano come la cosa più importante sia l’approvazione di un decreto che stanzia 23 miliardi per sostenere imprese e famiglie. Senza i 62 senatori del Movimento la fiducia ci sarebbe lo stesso, anche grazie alla scissione di Luigi Di Maio. Purché i contiani, come ha fatto il ministro Patuanelli, non usino il pallottoliere per dire che il governo può andare avanti anche senza di loro. Su questo aspetto il premier non sente ragioni e, anche per togliere a Conte ogni alibi, continua a smentire la possibilità di un Draghi bis: «Senza i 5 Stelle questo esecutivo non esiste». Se il Movimento deciderà di rompere, è il suo ragionamento, dovrà «assumersi la responsabilità di lasciare il Paese senza governo in un momento simile». L’autunno è vicino e la priorità per il premier è combattere l’inflazione e frenare la perdita di potere d’acquisto. Prima della fine di luglio, come annunciato dal sottosegretario Roberto Garofoli, il governo varerà un «consistente provvedimento» per alleviare il caro-energia e ridurre il peso delle bollette. Ed è solo un aspetto del «patto sociale» che Draghi illustrerà domani alle 11 al vertice con i segretari di Cgil, Cisl e Uil. In cima all’agenda di Draghi c’è il salario minimo con la proposta del ministro dem Andrea Orlando, ci sono i rinnovi contrattuali e il taglio del cuneo fiscale. È un passaggio chiave della strategia di Draghi e dei ministri, convinti che «nessuno potrà tirare giù un esecutivo che riduce il costo del lavoro e fa lievitare le buste paga». Il come si deciderà dopo l’estate in fase di legge di Bilancio, ma Draghi, per dare un segnale forte, vuole cominciare a discuterne con Bombardieri, Sbarra e Landini. Il leader della Cgil non si sente coinvolto e su La Stampa ha chiesto a Draghi di ascoltare i sindacati «altrimenti in autunno l’Italia esplode». Draghi ascolterà e proporrà il suo patto sociale, primo concreto segnale per Conte. Ma se i 5 Stelle insisteranno con uno scostamento di bilancio di decine di miliardi, Draghi non potrà che ritirare la mano: «Non si può fare tutto con i debiti, non ce lo possiamo permettere». 10 luglio 2022 (modifica il 10 luglio 2022 | 22:31) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-10 20:31:00, Draghi punta sui provvedimenti. L’ipotesi di un incontro, Monica Guerzoni