La mammografia da sola non basta per «leggere» un seno denso (anche dopo i 70 anni)

di Vera Martinella

Un’italiana su otto si ammalerà nel corso della vita. Per una corretta strategia preventiva, personalizzata in base al tipo di seno, può essere utile integrare diversi esami: Paolo Veronesi spiega i motivi

Non bisogna abbassare la guardia una volta superati i 70 anni. Da tempo gli esperti sottolineano l’importanza di continuare i controlli senologici anche quando l’età avanza perché la prevenzione è sempre determinante e un recente studio offre un buon motivo in più: in una quota rilevante di donne anche dopo la menopausa il seno resta «denso» e quindi il pericolo di sviluppare un tumore non diminuisce. La vasta indagine americana, condotta analizzando i dati provenienti da oltre 220mila mammografie, ha messo in luce che ben il 30% della popolazione femminile presenta un seno «consistente» anche oltre i 75 anni. «Le mammelle sono composte da tessuto ghiandolare, connettivo e grasso — spiega Paolo Veronesi, direttore del Programma di Senologia e della Divisione di Senologia Chirurgica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano —. La densità del seno è un termine che descrive la quantità relativa di questi diversi tipi di tessuto: nei seni densi c’è una minore quantità di tessuto adiposo e una maggiore di tessuto epiteliale e stromale (cioè delle parti che costituiscono lo “scheletro” della mammella) e la componente ghiandolare prevale su quella adiposa».

Come può una donna sapere che tipo di seno ha?

«Non è una cosa rilevabile con la palpazione o durante una visita — risponde Veronesi, che è anche professore ordinario di Chirurgia all’Università degli Studi di Milano —. Stiamo parlando della consistenza “interna” e il miglior modo per conoscere la propria densità mammaria consiste nell’eseguire una mammografia. Non è una condizione anomala. Anzi, è molto frequente e riguarda circa la metà di tutte le donne dai 40 anni in su».

Avere un seno denso è un problema?

«Da un lato rende la mammografia più difficile da leggere e dall’altro sappiano che è uno dei fattori che predispongono a una più elevata probabilità di sviluppare una neoplasia — dice l’esperto —. Per questo, nelle donne 40enni che si sottopongono a controlli, solitamente la mammografia non è sufficiente: molto spesso, infatti, nelle giovani la densità del tessuto mammario è tale da rendere questo esame non completamente affidabile perché i raggi X non riescono a “vedere” bene». In pratica un tumore (così come le calcificazioni) normalmente è più denso del tessuto circostante e quindi più radiopaco, appare bianco su una mammografia, proprio come il tessuto mammario denso. Al contrario, quando la mammella è prevalentemente adiposa (come accade in genere dopo la menopausa) il tessuto è «trasparente» ai raggi che passano senza difficoltà e possono così identificare anche una piccola radiopacità, un piccolo nodulo. 

Quindi cosa si deve fare?

«Innanzitutto aderire allo screening — chiarisce Veronesi —. Nel nostro Paese i programmi prevedono che le donne tra i 50 e i 70 anni ricevano ogni due anni una lettera d’invito dalla Asl a eseguire gratis la mammografia E alcune Regioni hanno già esteso la fascia d’età dai 45 ai 75), ma poco più di un’italiana su sei coglie l’opportunità che permette letteralmente di salvarsi una vita perché avere una diagnosi precoce significa individuare lesioni piccole e avere la possibilità di guarire definitivamente, spesso con interventi poco invasivi».

Un’italiana su otto si ammalerà nel corso della vita

Numeri alla mano, un’italiana su otto si ammalerà di cancro al seno nel corso della vita: con 55mila nuovi casi nel 2020 questa neoplasia è infatti la più diffusa non solo fra le femmine, ma nell’intera popolazione. Oggi, grazie soprattutto al fatto che la malattia viene scoperta ai primi stadi, l’87% delle pazienti è vivo a 5 anni
dalla diagnosi. Nell’80% dei casi il tumore riguarda donne con più di 50 anni, ma l’incidenza nelle 30-40enni è in crescita. «Per questo è corretto eseguire la prima mammografia intorno ai 40 anni — continua lo specialista —. Per una corretta prevenzione, personalizzata in base al tipo di seno, sarebbe più prudente mostrare l’esito della prima mammografia a un senologo (benché, in linea di massima anche il parere di un radiologo sia sufficiente), per capire se e come sia necessario integrare questo esame. Di regola viene eseguita un’ecografia mammaria che è molto efficiente nella valutazione di mammelle ricche di ghiandola e povere di grasso e costituisce, quindi, un ottimo esame complementare. La risonanza magnetica viene normalmente riservata come secondo livello in casi particolari: per dirimere dubbi, completare una diagnosi o nei controlli prescritti alle donne ad alto rischio genetico (che presentano cioè mutazioni nel Dna che le espongono a maggiori probabilità di ammalarsi)».

18 marzo 2022 (modifica il 18 marzo 2022 | 17:49)

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, 2022-03-18 20:15:00, Un’italiana su otto si ammalerà nel corso della vita. Per una corretta strategia preventiva, personalizzata in base al tipo di seno, può essere utile integrare diversi esami: Paolo Veronesi spiega i motivi, Vera Martinella

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Pietro Guerra

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